
Scalabriniane: migranti vittime dell’avidità. Serve più carità e cooperazione
Le suore missionarie di San Carlo Borromeo (più conosciute come suore scalabriniane), in una nota di ieri, 27 febbraio, hanno denunciato l’«ennesima tragedia di migranti», uccisi a largo della costa crotonese non tanto dalle condizioni estreme del mare «ma dell'avidità di trafficanti di vite umane, sfruttatori di uomini e donne in cerca di una speranza per la vita propria e dei loro figli». Oltre cento sono state le vittime del mare, provenienti da Iraq, Afghanistan, Siria e Iran, «fra le quali anche bambini e neonati», hanno ricordato le scalabriniane, che sin dalla fondazione della loro congregazione sono al servizio dei migranti.
La superiora generale, suor Neusa de Fatima Mariano, ha detto che le scalabriniane sono «solidali e vicine con la preghiera alle vittime di questa tragedia e a tutti coloro che si stanno prodigando per accogliere i sopravvissuti». Ha ribadito suor Neusa che le vittime di questo disastro del mare «sono donne e uomini che fuggono dalla guerra, dalla miseria. Affrontare un viaggio come quello che è terminato così drammaticamente sulle coste della Calabria è una scelta disperata. Che questa disperazione sia sfruttata senza alcuna considerazione per la vita di queste vittime è intollerabile». Allo stesso modo è intollerabile che le istituzioni si voltino dall’altra parte: «Devono aiutare le persone, prima che i popoli, a vivere una vita serena. Servono carità, cooperazione internazionale, rispetto per la vita umana».
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