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Kenya: una sentenza della Corte Suprema riaccende lo scontro sui diritti Lgbtq+

Kenya: una sentenza della Corte Suprema riaccende lo scontro sui diritti Lgbtq+

In Kenya l’omosessualità resta illegale ma alle persone Lgbtq+ non si può negare il diritto d’associazione sulla sola base del loro orientamento sessuale. A stabilirlo, una sentenza della Corte Suprema del Kenya, che ha definito un errore il rifiuto dell’Ngo Coordination Board (una sorta di registro nazionale delle Ong riconosciute) a iscrivere la ong National Gay and Lesbian Human Rights Commission (Nglhrc) che aveva presentato domanda nel 2012.

La sentenza del 24 febbraio, sottolinea il mensile dei comboniani Nigrizia, «arriva dopo 10 anni di battaglie legali dei movimenti Lgbtq+, in un momento in cui la retorica omofobica sta crescendo in tutto il Paese. E che non a caso è stata subito cavalcata da esponenti politici e dalle sempre più potenti Chiese evangeliche».

Arriva in un quadro giuridico ancora delineato dalla legge britannica del 1930 che, dice Nigrizia «criminalizza quelli che definisce atti di “grave indecenza” e “conoscenza carnale contro l’ordine della natura”. La legge prevede una pena detentiva fino a 14 anni per chi è ritenut? colpevole di essere omosessuale». Pene che potrebbero aggravarsi se il Parlamento varerà alcune proposte di legge che imporrebbero addirittura l’ergastolo a lesbiche e omosessuali. Nigrizia denuncia poi che in Kenya si verificano puntualmente discriminazioni, umiliazioni, aggressioni, arresti, incarcerazioni e a volte omicidi, come nel caso dell’attivista Edwin Chiloba. «La comunità Lgbtq+ è sotto attacco non solo in Kenya, ma anche in Uganda, Ghana e Tanzania. Ma più in generale in gran parte del continente dove in 33 stati su 54 chi non rispetta il canone eterosessuale è considerato un criminale».

Tra gli oppositori della sentenza kenyana Nigrizia elenca alcuni nomi importanti: tra questi, il presidente del Parlamento kenyano, Moses Wetangula, secondo il quale «il Kenya è profondamente religioso. Ogni individuo e/o istituzione pubblica, compresa la magistratura, ha il dovere di sostenere, difendere e proteggere la morale pubblica! La sentenza della Corte può portare a conseguenze indesiderate e inutili».

 

Secca bocciatura della sentenza anche da parte dell’ex portavoce del Parlamento e attuale procuratore generale, il democratico Justin Muturi, il quale ha invocato sulla questione una consultazione pubblica.

Nigrizia sottolinea infine la «tempesta» che la notizia della sentenza avrebbe scatenato «nei circoli evangelici. Tra le prime a intervenire la potente chiesa Citam (Christ Is The Answer Ministries) di Nairobi. Il suo vescovo ha definito la decisione della Corte “contraddittoria”, perché contraria alle “norme culturali” e ha invitato i cristiani e tutti i kenyani a “rifiutare, resistere e opporsi” alla sentenza che “eroderà le nostre norme e morali sociali”».

Anche il Catholic Information Service for Africa (CISA), agenzia di informazione dei missionari della Consolata, racconta il 28 febbraio la strenua opposizione di un’altra importante organizzazione cristiana in difesa dei valori tradizionali di vita, fede, educazione e famiglia, il Kenya Christian Professionals Forum (KCPF), che ha definito la sentenza «incostituzionale» e foriera di «implicazioni di vasta portata per il Paese». In un comunicato del 25 febbraio, firmato dal presidente dei professionisti cristiani, l’avvocato Charles Kanjama, l’organizzazione si dice «profondamente preoccupata per la recente sentenza della Corte Suprema. La sentenza spiana la strada al graduale smantellamento dei nostri divieti legali, morali e culturali contro il comportamento omosessuale, che è distruttivo per l'individuo, le famiglie, le comunità e la nazione». La Corte Suprema non ha ribaltato la normativa “anti-sodomia” oggi presente nel codice penale del Kenya, ma secondo il Kcpf ha introdotto di fatto un grave precedente, consentendo la libera associazione di gay e lesbiche per indebolire le tradizionali restrizioni alla promozione dell'omosessualità.

In tal senso, ribadisce la CISA, la Kcpf «ha affermato che la sentenza è un disprezzo per i valori morali e culturali dei keniani, che sono attentamente costruiti per proteggere la famiglia naturale attraverso leggi che vietano tutti gli aspetti della condotta omosessuale e la sua propagazione». Ed ha invitato a difendere la società e le Chiese del Kenya che sono «sotto costante pressione» per «cedere» agli stili di vita Lgbtq+.

 

* Immagine di Chainless Photo, tratta dal sito Flickr, licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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