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Tutti contro tutti. La violenza ad Haiti trascina il paese in uno stato di guerra.

Tutti contro tutti. La violenza ad Haiti trascina il paese in uno stato di guerra.

PORT-AU-PRINCE-ADISTA. È guerra aperta ad Haiti. A riportare la drammatica situazione un dossier delle Nazioni Unite che definisce la situazione della repubblica insulare pari «a quella di un paese in guerra». Il conflitto, che coinvolge anche la popolazione civile, non è combattuto fra fazioni rivale di partiti politici o scontri a fuoco di eserciti ribelli, consiste invece in uno stato di violenza costante dove gang, bande e semplici uomini armati si sfidano per il controllo delle strade del paese. Uno stato selvaggio, una sorta di far west moderno che vede la guerriglia urbana raggiungere livelli inimmaginabili, scaraventando il paese in un grave crisi umanitaria. Negli ultimi sei mesi il numero delle vittime è salito del 21%, mentre gli omicidi sono saliti del 69%. Gli scontri con la polizia sono diventati sempre più duri e violenti, mentre le strutture sanitarie sono in grave affanno. Nella baraccopoli di Martissant, è stato allestito un centro di emergenza che ha ospitato in breve tempo 30.000 pazienti, alcuni dei quali trasferiti per cure specialistiche negli ospedali più attrezzati come quello dell’università statale di Haiti. Indispensabile, in questo scenario di guerra, l’aiuto fornito da volontari e organizzazioni umanitarie come Medici senza frontiere. Questi ultimi stanno continuando a gestire il piccolo ma sovraffollato ospedale di Drouillard, unico centro specializzato per le ustioni, localizzato nella baraccopoli di Cité Soleil.

Uno scenario brutale quello che si apre davanti agli occhi della popolazione. A raccontarlo Maddalena Boschetti, missionaria laica fidei donum, con un’esperienza ventennale dell’isola. «É un tutto contro tutti» spiega la missionaria. «Le uccisioni sono barbare, fatte anche con il machete, le persone ridotte a nulla. È un modo per mostrare alle altre bande di che pasta si è fatti, di mostrare che non ci si ferma davanti a niente, si ricorre alla tortura non c’è alcun rispetto per la vita umana». Una folle anarchia sanguinaria in cui “signori del male” a capo di violentissime gang terrorizzano il paese, quartiere per quartiere, vicolo per vicolo, nel tentativo insensato di guadagnare il territorio ed imporre il proprio piccolo impero del terrore. Le forze dell’ordine sono allo sbando, totalmente incapaci di controllare la situazione, mentre le persone si preparano a difendersi da soli, armandosi e riunendosi in gruppi. Una violenza diffusissima. Pochi giorni fa, a Port-au-Prince un gruppo di 13 persone, fermate dalla polizia con l’accusa di appartenere ad una banda, è stato raggiunto dalla folla inferocita che ha picchiato i malcapitati e bruciati vivi in pubblica piazza. Una situazione determinata dalla crisi sociopolitica in atto, aggravatasi in seguito all’assassinio del presidente Jovenel Moise nel luglio 2021. Le sanzioni imposte da alcuni membri della comunità internazionale hanno colpito, in parte, l’élite finanziaria e politica del paese, ma soprattutto hanno inasprito la precaria economia insulare. «É una strada senza sbocchi - sottolinea Boschetti – Gli haitiani non vedono rispettati i propri diritti, non hanno la possibilità di andare via perché non riescono ad ottenere il passaporto ed il visto. Il prezzo di un passaporto è alle stelle, tutto è legato al mercato nero, è difficilissimo avvicinarsi anche solo agli uffici che si occupano di questo. È complicatissimo ottenere il via libera per andare, direi che è impossibile e quindi la gente è costretta a restare, a restare in condizioni in cui non può vivere un essere umano».

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