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Bombardamenti su Gaza: un appello per i diritti e contro l'impunità

Bombardamenti su Gaza: un appello per i diritti e contro l'impunità

Civili palestinesi ancora sotto attacco: all’alba di ieri, alcuni raid israeliani hanno sorpreso la città di Gaza provocando una quindicina di morti e una ventina di feriti. Tra le vittime dei bombardamenti si contano anche 4 donne e 4 bambini, mogli e figli dei tre leader terroristi presi di mira dall’operazione militare. Le autorità israeliane hanno dichiarato di aver colpito tre militanti delle Brigate al-Quds, una cellula armata della Jihad islamica nella Striscia di Gaza, che portavano «missili anti tank a Khan Younis nel sud della Striscia». Il gruppo terrorista, a sua volta, ha confermato la morte dei tre bersagli israeliani – e ha prontamente giurato vendetta.

La spietata repressione israeliana, ribattezzata “Operazione Scudo e freccia”, si è scagliata contro diversi obiettivi sensibili nella Striscia di Gaza dopo il lancio di alcuni razzi in risposta alla morte in carcere del palestinese Khader Adnan, il quale aveva iniziato uno sciopero della fame dopo essere stato accusato di terrorismo e arrestato il 5 febbraio scorso. Per la 13.ma volta in “detenzione amministrativa”, senza accuse e senza un giusto processo. Per questo protestava con lo sciopero della fame e per questo era diventato un simbolo della resistenza palestinese.

Una delle vittime dei raid israeliani, Khalil Bahitini (comandante delle Brigate al-Quds nel nord della Striscia), sarebbe stato responsabile degli ultimi lanci di razzi. «Quegli arci assassini – ha dichiarato il premier israeliano Benyamin Netanyahu (il Sole 24 ore, 9 maggio) – erano responsabili di lanci di razzi da Gaza verso Israele e dell’istigazione al terrorismo» in Cisgiordania. «Siamo nel pieno di una campagna e siamo pronti ad ogni sviluppo. Chi ci colpisce lo colpiamo a nostra volta con una forza maggiore», ha poi concluso Netanyahu.

«Il governo israeliano userà di nuovo la guerra alla popolazione palestinese per ricompattarsi al suo interno», riflette la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese, in un comunicato diffuso il 9 maggio dopo i bombardamenti. «Netanyahu evita nuove elezioni politiche recuperando l’appoggio del partito di estrema destra di Ben-Gvir».

«L’esercito israeliano», commenta ancora la Rete, «ha informato che i suoi attacchi erano mirati ad uccidere 3 membri della Jihad. Le vittime civili sono quindi “danni collaterali” per Israele che ha nuovamente violato la IV Convenzione Onu relativa alla protezione della popolazione civile in tempo di guerra (1949)». Cosa farà la Comunità Internazionale?, Si renderà nuovamente complice dell’impunità israeliana, voltandosi dall’altra parte?, si chiede la Rete, che poi si dà da sola la risposta a questi interrogativo: «Userà i soliti due pesi e due misure, perché gli amici dell’Occidente sono intoccabili e al di sopra della Legge sempre».

La Rete Romana chiede dunque alle Nazioni Unite, garante del diritto internazionale, di mettere sotto inchiesta Israele per il colonialismo e gli insediamenti illegali e ricorda che, negli ultimi giorni del 2022, l’Assemblea Generale Onu ha approvato una risoluzione per chiedere alla Corte Internazionale di Giustizia di esprimere un parere sulle conseguenze legali delle politiche israeliane di occupazione/annessione dei Territori Palestinesi e di violazione del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. In quell’occasione, rammenta la Rete, si registrarono 87 voti favorevoli (compatto il mondo arabo, anche quello “pacificato” con Israele), 53 astenuti (tra cui Francia e Paesi Scandinavi) e 26 contrari (tra i quali lo stesso Israele, gli amici a stelle e strisce, Italia, Regno Unito e Germania). Per quel voto, accusa la Rete, «nessuno ha chiesto spiegazioni al governo Meloni».

Ai vertici della politica italiana la Rete chiede un’assunzione di responsabilità, in rispetto del diritto internazionale, denunciando abusi e violazioni commesse dallo Stato di Israele e attivandosi affinché le aggressioni e le violazioni del diritto all’autodeterminazione vengano immediatamente interrotte. Ai media nazionali, poi, la Rete chiede «di fare il loro dovere di informare pubblicando notizie, fatti, fotografie e video che i loro colleghi palestinesi, sempre oscurati, inviano all’esterno con la speranza di essere ascoltati».

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