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#LaGiustaCausa: la crisi climatica e le responsabilità dell'ENI

#LaGiustaCausa: la crisi climatica e le responsabilità dell'ENI

Il cambiamento climatico – con il suo portato di eventi estremi come siccità, ondate di calore, alluvioni, incendi, ecc. – si fa sentire e fa danni ad ogni latitudine del pianeta. «A pagarne le spese siamo noi e l’ambiente, e la responsabilità è anche di ENI», afferma ReCommon, ricordando che il colosso italiano è «una delle aziende italiane più inquinanti al mondo in termini di emissioni di gas serra e il maggior emettitore di CO2 in Italia». Tra l’altro, ENI «promette di investire in energie rinnovabili», ma in realtà sta continuando «a investire pesantemente in gas e petrolio» e ha intenzione di farlo fino al 2030. Secondo l’associazione ambientalista, «chi inquina e devasta il nostro Pianeta deve pagare».

Nasce da questi presupposti “La Giusta Causa”, iniziativa di Greenpeace Italia e ReCommon che, insieme a privati cittadini e cittadine danneggiati dai cambiamenti climatici e dalla stessa ENI, hanno deciso di trascinare il colosso dell’energia in Tribunale. «La responsabilità di ENI sulla crisi climatica è oramai conclamata», si legge nella pagina web dedicata all’iniziativa. «ENI infatti è responsabile a livello globale di un volume di emissioni di gas serra superiore a quello dell’intera Italia, essendo così uno dei principali artefici del cambiamento climatico in atto. ENI e le altre compagnie petrolifere sono consapevoli da oltre cinquant’anni dell’impatto che le loro attività hanno sul clima, tanto da mettere in atto strategie di lobby e di greenwashing per mascherare le proprie responsabilità».

Concretamente si tratterebbe di avviare delle climate litigation, azioni legali che puntano a «imporre a governi o aziende il rispetto di determinati standard in materia di limitazione del riscaldamento globale». Le condotte di ENI nel mondo, impattando profondamente sulla vita delle comunità locali e sul clima in generale, «violano diritti umani tutelati e protetti sia dalla Costituzione italiana sia, attraverso quest’ultima, da norme internazionali e accordi vincolanti per gli Stati e per le aziende».

Attraverso l’azione legale, i promotori dell’iniziativa chiedono «di accertare e dichiarare che ENI SPA, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa depositi e prestiti SPA sono responsabili nei confronti dei cittadini italiani per danni alla salute, all’incolumità e alle proprietà, nonché per aver messo, e aver continuato a mettere, in pericolo gli stessi beni per effetto delle conseguenze del cambiamento climatico. Un fenomeno che queste realtà hanno contribuito a provocare a causa delle emissioni in atmosfera di gas serra, e in particolare CO2, derivanti dalle attività industriali, commerciali e dei prodotti per il trasporto di energia venduti da ENI, il tutto oltre i limiti internazionalmente riconosciuti e accettati dalla stessa compagnia».

In particolare, l’azione legale non mira a quantificare eventuali risarcimenti ma solo ad accertare le responsabilità dell’azienda per i danni provocati. Responsabilità estesa anche al mondo politico – dal momento che il 30% delle azioni di Eni sono di proprietà statale (4,3% del Ministero dell'Economia e Finanze e il 25,7% di Cassa Depositi e Prestiti) – chiamato «ad adottare una politica climatica in linea con l’Accordo di Parigi che guidi la sua partecipazione nella società.

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