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Luigi Bettazzi, vescovo alla frontiera

Luigi Bettazzi, vescovo alla frontiera

BISCEGLIE (BA)-ADISTA. Un vescovo, un uomo di frontiera, un profeta e un patriarca, come lui stesso – con la sua nota ironia – si definiva: «Don Tonino era un profeta, io semmai un patriarca». Don Luigi Bettazzi era molto di più. Cento anni di storia racchiusi in una vita. Cento anni di cambiamento e di slancio in avanti, di diritti e di Chiesa in uscita, di lavoratori da difendere e di Massoneria e Loggia P2 da denunciare. Di sinistra da provocare e sostenere. Di poveri da liberare e da proteggere. Una profezia vissuta la sua. Abbiamo letto e ascoltato tanto di mons. Bettazzi nei giorni successivi alle sue esequie e abbiamo intuito, forse, gli infiniti «mondi che ha attraversato» (Mosaico dei giorni, 16 luglio 2023). Ora a noi è passato il testimone.

Difficile compito, innanzitutto nel tessere una memoria storica fedele al progetto di cambiamento che Bettazzi ha incarnato e per il quale si adoperava con fermezza e coerenza.

Difficile anche nel portare avanti il percorso, profondamente evangelico, di una Chiesa povera con i poveri, inclusiva e accogliente. Che altro non è che la Chiesa del Concilio, una rivoluzione copernicana che attende piena attuazione. «Una delle domande che mi sento fare, quando giro per l’Italia a parlare del Concilio Vaticano II come uno degli ultimi superstiti membri, è se… è già stato attuato o sia stato bloccato, o quantomeno sia finito per esaurimento. E rispondo con la frase classica: Già e non ancora!». Il Concilio Bettazzi l’ha vissuto prima che raccontato. Era padre conciliare ma anche figlio del Concilio. Accanto alle Chiese di periferia, a sostegno delle donne e di un loro ruolo meno subalterno. Accanto ai laici, perché sacerdoti e profeti tutti. Accanto ai popoli e alle persone che non distingueva in credenti e non credenti. Ricordiamo il suo noto dialogo epistolare, nel 1976, con Berlinguer: «Onorevole, Le sembrerà forse singolare, tanto più dopo le ripetute dichiarazioni dei vescovi italiani, che uno di loro scriva una lettera, sia pure aperta, al Segretario di un partito, come il Suo, che professa esplicitamente l'ideologia marxista, evidentemente inconciliabile con la fede cristiana. Eppure mi sembra che anche questa lettera non si discosti dalla comune preoccupazione per un avvenire dell'Italia più cristiano e più umano» (www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-carteggio-bettazzi-berlinguer-nota-introduttiva/).

Abbiamo la certezza che don Tonino lo avrà accolto a braccia aperte, profeti e patriarchi entrambi. «Voglio ringraziare il Signore – scriveva Bettazzi nell’editoriale di Mosaico di pace del numero di maggio 1993 – non solo per averlo conosciuto e per averlo preparato alla Presidenza di Pax Christi, ma per essergli stato accanto in momenti particolarmente significativi (appunto come la Marcia di Sarajevo e la Marcia di Capodanno nella sua Molfetta), e soprattutto per avergli potuto essere vicino nella sua ultima, lunga e faticosa sofferenza. […] Dalla Pasqua era tornato più volte aiutandolo nella formulazione dell'ultimo appello ai responsabili politici dell'ex Jugoslavia e del mondo per una concreta efficace pacificazione in quel martoriato Paese […] Umanamente è una grave perdita per Pax Christi e per tutto il popolo della pace. Nella fede siamo certi che continuerà a incoraggiarci, ad accompagnarci, a sostenerci». Anche la sua, caro don Luigi, è una grande perdita, per Pax Christi, per il popolo della pace, per tutti coloro che credono nella Chiesa povera.

Come ha detto il presidente di Pax Christi ai tuoi funerali «il modo migliore per ricordarti è continuare sulla strada tracciata con la tua stessa fantasia creativa e generatrice, sapendo osare e sognare la pace, e camminare nella stessa direzione che tu hai indicato» anche davanti alla guerra infinita in Ucraina. È la strada che conduce a un mondo più libero e solidale.

* Direttrice di "Mosaico di pace", mensile promosso da Pax Christi

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