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Il governo vuole imbavagliare il pluralismo religioso. La protesta degli evangelici italiani

Il governo vuole imbavagliare il pluralismo religioso. La protesta degli evangelici italiani

ROMA-ADISTA. La scorsa settimana la Camera ha dato il via libera alla proposta di legge di Fratelli d’Italia, a prima firma di Tommaso Foti, che prevede una stretta sulle sedi usate da associazioni di promozione sociale che svolgono attività di culto, incluso la trasformazione in moschee e madrase di luoghi inizialmente previsti per altre destinazioni.

«La proposta di legge di modifica dell’art. 71 del Codice del terzo settore presenta profili di incostituzionalità evidenti», commenta l’avvocata Ilaria Valenzi, consulente legale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. «Come abbiamo già avuto modo di rilevare in occasione dell’Audizione presso la Commissione Ambiente della Camera lo scorso ottobre - prosegue Valenzi -, la Corte costituzionale è più volte intervenuta per affermare che l’aver stipulato un’intesa con lo Stato non può costituire l’elemento di discriminazione nell’applicazione di una legge che sia diretta a disciplinare l’esercizio di una libertà per tutti i cittadini. Nel prevedere l’applicazione di una disciplina restrittiva per le sole confessioni senza intesa, questa proposta di legge viola direttamente questo principio e crea una discriminazione tra confessioni con diversi status giuridici. Allo stesso tempo, sempre la Corte costituzionale è intervenuta più volte per affermare che le normative in materia di edilizia ed urbanistica non possono essere utilizzate strumentalmente per limitare un diritto costituzionalmente tutelato come quello di libertà religiosa e di esercizio del culto».

No, quindi, per Valenzi a una norma, che ora passerà al vaglio del Senato, che di fatto rischia di limitare la libertà religiosa di alcune comunità.

«Utilizzare, in questo caso, una specifica disposizione in materia di terzo settore legata alla destinazione d’uso degli immobili utilizzati da associazioni, anche di tipo religioso, costituite in forma di APS – aggiunge -, altro non è se non un ennesimo tentativo di aggirare le indicazioni della Corte per colpire le comunità religiose più deboli giuridicamente. La questione della gestione degli edifici di culto riguarda i diritti e le libertà di tutti e anche delle confessioni religiose di più recente presenza. Ciò necessita un approccio inclusivo e dialogante alla regolamentazione dei problemi pratici posti dalla libertà religiosa nel tempo del nuovo pluralismo religioso, problemi gestibili con norme e politiche orientate alla comune collaborazione, non con provvedimenti restrittivi e scarsamente efficaci».

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