
Dante parla ancora! parole dantesche tra passato e presente
Dopo il volume a quattro mani, con Laura Mollica, Dante parla ancora? Il messaggio della Commedia alle donne e agli uomini del terzo millennio, Maurizio Muraglia ha pubblicato adesso Cento finestre sull’umano. Parole dantesche tra passato e presente (Di Girolamo, Trapani 2024, pp. 138, euro 15,00). Come si intuisce già dal sottotitolo, l’autore ha scelto cento parole-chiave (da “aiuola” a “zuffa”); ha riportato per ognuna di esse una terzina in cui si trovi incastonata e, dopo avere reso in italiano corrente la citazione di Dante, l’ha brevemente commentata. Non dall’angolazione esegetica, a beneficio di specialisti, bensì ermeneutica, a beneficio di un lettore del nostro tempo: il risultato è una sorta di breviario di spiritualità laica che possa alimentare i dieci minuti di silenziosa meditazione che ogni persona di buon senso dovrebbe regalarsi all’inizio – o alla fine o nel bel mezzo – delle giornate, spesso o troppo intense o troppo vuote.
Qualche esempio ? Non c’è che l’imbarazzo della scelta.
La parola “bestialità”, in riferimento a Inferno XXIV, 124 – 126, indica “la degradazione
cui può giungere l’umano” e viene attribuita a tale Vanni Fucci, “ladro nel contesto di un’esistenza simile a quella di tanti bulli di quartiere che riempiono ancor oggi le cronache giudiziarie”: un soggetto che ha già sperimentato in vita “l’inferno esistenziale”, consistente nel “finire di essere uomini, impasto indissolubile di natura e cultura, e godere solo della dimensione bestiale di se stessi” (p. 39).
La parola “ricchezza”, in riferimento a Purgatorio XX, 25 – 27, evoca il console romano Gaio Fabrizio Luscino che “diventa esempio del politico che non si fa corrompere per passare all’altra sponda” (nel suo caso, alla parte di Pirro): “esempio luminoso per tanti papi e imperatori che invece devono espiare la propria sete di ricchezza. E neppure è un cristiano, a dimostrare che la sapienza è trasversale. Come la stoltezza” (p. 73).
Un’altra parola-chiave, “leggiadria”, in riferimento a Paradiso XXXII, 109 – 111, è adottata per qualificare l’atteggiamento dell’angelo Gabriele, che è “un mix di mitezza e di gioia” ed “evoca relazioni improntate alla leggerezza, che non è mai superficialità, ma capacità di osservare e trattare il mondo con garbo e delicatezza” (p. 121).
Come si evince da queste rapide citazioni, il testo di Muraglia ha come “destinatario principe” il lettore che “non frequenta abitualmente Dante, ma coltiva comunque interessi culturali non banali” (p. 9). Che ciò non significhi sciatteria dal punto di vista critico-letterario lo attesta, nelle pagine introduttive, una specialista dell’Alighieri, Wilma Malucelli, a giudizio della quale il saggio mira a far risuonare “la parola di Dante (…) più viva che mai dopo settecento anni” (p. 7) , ma - senza cedimenti demagogici - “ci riporta proprio al significato e alla radice delle parole per coglierne il potere ‘cangiante’ in una chiave moderna ma sempre filologicamente fedele al testo poetico” (p. 8).
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