Sbarcate ieri mattina a Crotone le 57 persone salvate in mare dalla nave “Sea Eye 5”
CROTONE-ADISTA. Sbarcate ieri mattina a Crotone le 57 persone salvate in mare dalla nave “Sea Eye 5”. «La situazione medica dopo il salvataggio notturno di sabato scorso era molto critica. Le 57 persone avevano viaggiato per giorni senza cibo né acqua. Molti erano disidratati, soffrivano di cosiddette ustioni da carburante (ustioni chimiche causate da una miscela di benzina e acqua salata) e di mal di mare estremo. Nonostante le cure immediate, le loro condizioni rimanevano critiche. Da un punto di vista medico, la situazione era pericolosa per la vita», spiega Christin Linderkamp di German Doctors, responsabile dell'assistenza medica sulla “Sea Eye 5”.
A causa della situazione critica a bordo, l'equipaggio ha chiesto due volte alle autorità italiane di assegnare un porto di sicurezza più vicino, ma entrambe le richieste sono state respinte e le persone a bordo hanno dovuto sopportare altre 50 ore di traversata, durante le quali sono state inutilmente esposte a ulteriori stress fisici e mentali. Ieri mattina, tutte le 57 persone salvate hanno finalmente potuto sbarcare in sicurezza a Crotone. Tuttavia, non si tratta di un lieto fine, come sottolinea Kai Echemeyer, responsabile di coperta dell'attuale missione sulla “Sea Eye 5” e membro del consiglio di amministrazione di Sea-Eye: «Dopo un viaggio inutilmente lungo e rischioso verso un porto lontano, al nostro arrivo siamo stati accolti con aperta avversione da Frontex e dalla guardia costiera. È intollerabile per noi vedere persone che sono state appena salvate dall'annegamento essere accolte con diffidenza e freddezza in Europa. Anche se siamo grati di averle portate in salvo, ci rimane la sensazione di doverle consegnare a un ambiente ostile. Questo trattamento riservato alle persone in cerca di protezione è profondamente disumano».
Sea-Eye critica ancora una volta la pratica delle autorità europee di assegnare le navi di soccorso civili a porti lontani. Questi ritardi mettono in pericolo la vita delle persone soccorse e comportano un ulteriore carico di lavoro per gli equipaggi e il personale medico.
Foto: Kai Echelmeyer | Sea-Eye
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