Dossier 2025: sei cose civili da fare subito contro il sadismo delle politiche sui migranti
ROMA-ADISTA. Come nel mito della caverna di Platone, la maggior parte degli italiani vede dell’immigrazione solo «caricature grottesche create ad arte da furbi manipolatori di luci che, alle nostre spalle, agitano figure di migranti quanto più distorte e dissimili a noi», facendone «bersagli della rabbia collettiva per mali endemici dell’Italia mai risolti». È l’immagine scelta da Luca Di Sciullo, presidente del Centro studi e ricerche Idos, per presentare il Dossier Statistico Immigrazione 2025 - 35ma edizione - avvenuta questa mattina al Nuovo Teatro Orione di Roma (91 capitoli + 1 appendice statistica, in 512 pagine, con 101 tabelle e 45 infografiche, è stato scritto da 130 autori appartenenti a 22 università e a 55 tra associazioni, enti pubblici e sindacati, con un comitato scientifico formato da 31 esperti).
Una relazione di denuncia ma anche di proposta, quella di Di Sciullo, che ha iniziato proprio con qualche esempio di caricature e stereotipi («ci rubano il lavoro», «non pagano le tasse e vivono alle nostre spalle», «portano malattie e delinquenza») che nonostante siano da anni smentite dai fatti e dai numeri, continuano ad alimentare un’immagine di «immigrazione immaginaria», mentre «immigrati in carne e ossa non li incontriamo quasi mai davvero».
Nessuna sorpresa, quindi, continua il presidente di Idos, che i «potenti di oggi rispecchino la regressione collettiva a uno stadio antropologico che davamo per estinto», perseguendo politiche che generano «tristi e prosaiche esultanze»: esultano organizzazioni criminali, agromafie e imprenditori senza scrupoli che con i loro caporali possono sfruttare indisturbatamente decine di migliaia di rifugiati; esultano datori di lavoro disonesti che utilizzano i sistemi di ingresso per lavoro dall’estero come «un canale di favoreggiamento dell’irregolarità»; esultano i veri trafficanti di esseri umani osservando gli sforzi profusi per una inutile guerra agli scafisti; esultano infine i contribuenti italiani guardando «buttare oltre un miliardo di euro» per gli altrettanto inutili centri in Albania.
Non solo: a quelle politiche si sono aggiunte forme di «sadismo legislativo», afferma Di Sciullo: come l’assegnazione di porti lontani alle ong impegnate nel soccorso o il “prolungamento fino a un anno e mezzo della detenzione dei migranti in quell’inferno che sono i Cpr».
Dopo aver ricordato la morte di almeno 33 mila migranti in 10 anni per aver «osato partire», e che noi ormai «accettiamo pacificamente in nome della sacralità dei confini», e dopo aver citato «l’ennesimo tentativo fallito» di riformare con il recente referendum una legge sulla cittadinanza «retrograda fin dalla nascita» che tuttavia «resiste come un cimelio rotto ma intoccabile», Di Sciullo avanza sei proposte civili e degne «dell’italianità autentica che abbiamo maturato in secoli di cultura umanistica»: abolire il «contratto di soggiorno, misura di gratuita perversione» introdotta 23 anni fa, per sottrarre ai datori di lavoro il potere ricattatorio di decidere della possibilità del migrante di restare in Italia; ripristinare il permesso di ingresso per ricerca lavoro, per favorire un incontro diretto tra lavoratore e potenziali datori di lavoro; creare canali di collegamento strutturale tra i titolari di protezione che escono dal sistema di accoglienza (Sai e Cas) e il mondo del lavoro; fare della ormai ben sperimentata buona prassi dei corridoi umanitari una politica ordinaria, unico modo per combattere i trafficanti; revocare, di conseguenza, il Memorandum con la Libia e gli altri Paesi terzi, «ai quali abbiamo appaltato la gestione delle nostre frontiere»; abrogare i Cpr e sostituirli con centri aperti e protetti per il reinserimento degli irregolari.
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