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Il premio Nobel a Zelensky

Il premio Nobel a Zelensky

Questa mattina, nella mia breve scorsa dei quotidiani nazionali mi sono imbattuto nell’editoriale de Il Foglio titolato “Dare a Zelensky il Nobel per la Pace”, a firma del direttore Claudio Cerasa.

“Non c’è nessuno al mondo che sta facendo più del presidente ucraino per inviare un messaggio ai dittatori del pianeta: la democrazia sa come difendersi dalle aggressioni dai nemici della libertà. Bandiere bianche no, grazie.”

C’è voluto un bel po’ per riprendermi dallo shock.

Poi ho provato a identificare i meriti del personaggio, alla luce degli ultimi avvenimenti in Ucraina nelle questioni fondamentali che potrebbero caratterizzare la concessione del premio Nobel: le ultime iniziative di Governo in cui si esprime il politico e gli sforzi per la pace intrapresi fino a ora, che distinguono il diplomatico.

Quanto al governo ucraino, la novità assoluta è quella che concerne il “rimpasto” attuato una settimana fa, che ha comportato la sostituzione di importanti ministri; quattro di essi hanno rassegnato dimissioni con lettere formali: il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, il ministro della Supervisione delle Industrie Strategiche e produzione di armamenti Oleksandr Kamyshin, il ministro della Giustizia Denys Maliuska e il ministro dell’Ambiente Ruslan Strilets; oltre a ciò lo stesso Zelensky ha annunciato un ricambio di oltre il 50% dei membri del Gabinetto; il più importante ministro dimissionato, Kuleba, da sempre connotato come “falco”, è stato sostituito da Andriy Sybiha, diplomatico di professione che nella sua carriera aveva ricoperto la carica di ambasciatore in Turchia e che nel 2024 era stato nominato viceministro degli Esteri.

Si tratta di un rimpasto che risulta essere il terzo da quando Zelensky è presidente e tutti e tre hanno il sapore di un “repulisti”; il più ingente fu quello che interessò i Servizi di sicurezza e la magistratura, che portò ad avviare un migliaio di procedimenti legali per sospetto spionaggio.

Altro caso eclatante fu quello che interessò i responsabili degli uffici di reclutamento, tutti accusati di corruzione e licenziati in tronco; infine quello più recente, che coincise con la rapida sostituzione del popolare e antagonista generale Zaluzhny, possibile competitore politico, con il “fidato” Ggnerale Syrsky.

In buona sostanza tutti questi cambi sono stati programmati per “sbarazzarsi di personaggi scomodi” oppure sostituirli, nei casi di inefficienza, oppure, in casi di dissidio formale in temi di importanza per l’andamento delle operazioni di guerra.

Persino gli oligarchi ucraini che tanto fecero per la sua ascesa al potere, furono prima utilizzati e poi “scaricati”.

Nessuno sa e nessuno ha mai indagato se nei vari repulisti ci siano stati oppositori del regime; d’altra parte in Ucraina non vi sono più partiti e la stampa interna, tutta sotto controllo governativo, non osa farne cenno; la stampa occidentale, d’altra parte, non si chiede cosa accada.

Ci si domanda, quindi, se l’Ucraina possa essere considerata esempio di diritto e democrazia, come a volte si sostiene per motivare il sostegno occidentale e, in previsione, concedere il premio Nobel.

La peculiarità dei fatti narrati, è che tutti i defenestrati sono stati fedelissimi di Zelensky della prima ora, divenuti popolari e per tale motivo incappati nella scure della defenestrazione!

Zelensky dimostra di essere abilissimo nello scegliere e mandare in avanscoperta salvo sbarazzarsene quando la situazione volge al negativo.

In tale situazione pochi importanti figure si son salvate; tale è il caso del capo dell’Amministrazione presidenziale del governo, Andrij Borysovyč Jermak che, sembra, sia l’eminenza grigia ucraina e che, fino ad ora, si è attenuto al saggio principio di non oscurare il presidente.

In Occidente questo metodo di gestione della politica sarebbe definito come accentramento di potere, e altamente penalizzato!

Dubito fortemente che queste caratteristiche del politico Zelensky siano contemplate tra quelle che da considerare a cura del Comitato norvegese, che sceglie il candidato al Nobel.

Ma veniamo al secondo argomento che più di tutti dovrebbe sostanziare il riconoscimento del premio Nobel per la pace.

In buona sostanza il Comitato norvegese dovrebbe indagare e chiedersi quali siano state le azioni di Zelensky per promuovere la pace stessa.

Fino ad ora, non troverebbe nulla, tanto che il presidente ha scritto in Costituzione che nessun colloquio di pace potrà aversi fino a che sarà in carica l’attuale dirigenza russa.

La novità recente è data dal fatto che Zelensky ha in animo di presentare la prossima settimana, in occasione dei lavori presso l’Assemblea ONU, il suo piano di pace agli “alleati americani”, Biden , Kamala, Trump.

Nessuna anticipazione di cosa si tratti, se non che essa mira alla “vittoria e ad una pace giusta”, il che dà adito ad indiscrezioni di varia natura, tra cui quella preminente secondo cui Zelensky voglia sollecitare un finale e potente aiuto di armi a lunga gittata per colpire la Russia in profondità. Ed è qui che il presidente ucraino evidenzia tutta la sua abilità e spregiudicatezza: vuole agire a New York, in coincidenza dell’Assemblea delle Nazioni Unite che, senza dubbio, tributerà un plauso, che a nulla vale senza l’avallo del Consiglio di Sicurezza.

Ma tutto ciò non potrà non infastidire la Casa Bianca, chiunque la rappresenti, che ha già anticipato che su tale campo d’azione, nulla è possibile e ulteriori sviluppi sul campo dei missili a lunga gittata sono impossibili.

Forse Zelensky, che ha anticipato questo piano da diverse settimane, non ha tenuto conto degli sviluppi che ci sono stati, o, almeno, persegue un suo disegno perverso di parlare di pace sollecitando gli alleati alla guerra non tenendo conto che l’alternativa per Biden sarebbe quella di aver provocato un conflitto mondiale a pochi giorni dal temine del suo mandato presidenziale.

D’altronde il presidente americano e il primo ministro britannico, riuniti dopo i rispettivi ministri degli Esteri, si sono già espressi; sembra che Biden abbia “autorizzato i britannici” sull'utilizzo da parte ucraina dei missili a lunga gittata (che non siano missili americani, mi raccomando!) sul territorio russo, ma si sia ben guardato dall’indicare la sua volontà di farlo egli stesso.

D’altra parte il presidente russo si è chiaramente espresso e su tale decisione non si torna indietro: «un attacco su suolo russo da parte di armi a lunga gittata equivale a guerra della Nato contro la Russia». Putin non ha indicato le modalità di reazione e su queste vi sono diverse opinioni.

Nel frattempo si è saputo che le flotte russe, e rispettivi sottomarini nucleari, ovunque dislocati (Baltico, Artico, Pacifico, Mediterraneo) hanno preso il mare per partecipare a una «esercitazione di largo respiro» di cui non si conosce il termine temporale.

Altrove, le truppe russe sono all'attacco su tutto il fronte, compreso Kursk dove hanno ripreso possesso di 17 km e molti villaggi, acclamati dalla popolazione.

Ma che tipo di guerra sarebbe? I russi non reagirebbero con il nucleare che utilizzerebbero solo in caso di “esistenza” della Nazione; sembra possibile che i russi possano indirizzare la loro reazione contro i siti da cui partono i vettori, principalmente in Ucraina e sarebbero colpiti obiettivi di grande importanza con distruzioni massicce (quali il porto di Odessa, tutti i ponti sul Dneper, le infrastrutture di frontiera con paesi limitrofi come Polonia e Baltici, etc); solo in successione e selettivamente sarebbero colpiti i siti di fabbricazione dei missili ovunque essi siano dislocati e nessuna nazione della Nato ne sarebbe esente.

Ovviamente certezze non ci sono e tutto viaggia nel campo del possibile; d'altra parte se è verificato che la Nato conosce con esattezza le dislocazioni dei missili e basi russe, sembra verosimile che i russi conoscano con esattezza le dislocazioni dei missili e basi Nato.

In tale campo d’azione quanta probabilità ha Zelensky di convincere Biden, Harris e Trump a intraprendere una guerra di tal genere? Nessuna! Che la Gran Bretagna faccia ciò che vuole, il che significa nulla senza il sostegno USA!

Sembra allora ragionevole pensare che Zelensky voglia veramente presentare il suo piano di pace che prevede attacchi alla Russia ma, da persona intelligente com’è, abbia previsto un suo rifiuto: e con ciò tutta la colpa di ulteriori rovesci ricadrà sull’America e sugli alleati, colpevoli di un tale rifiuto di assistenza.

Tornando al quesito iniziale, il presidente Zelensky è meritevole del premio Nobel per la Pace?

 

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