
L’Italia che guarda indietro prepara un futuro insostenibile: l’allarme dell’ASviS
Tratto da: Adista Notizie n° 38 del 02/11/2024
42027 ROMA-ADISTA. Il Rapporto annuale dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) fotografa lo stato di avanzamento del nostro Paese sul cammino verso il raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, definiti nell’ambito dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, firmata il 25 settembre 2015 dai 193 Paesi Onu. L’edizione 2024 del Rapporto, dal titolo “Coltivare ora il nostro futuro. L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” (la versione originale integrale può essere consultata gratuitamente su urly.it/311x_k), è stata presentata il 17 ottobre scorso a Roma, nella suggestiva cornice dell’Acquario Romano.
Scrivono i presidenti ASviS Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini nell’introduzione che il Rapporto analizza, a livello locale e internazionale, «il gap tra aspettative, impegni e realtà». Quindi anche quest’anno, dati alla mano, sottolinea il pesante ritardo del nostro Paese su tutti gli obiettivi dell’Agenda 2023 «e l’inadeguatezza delle politiche e delle risorse messe in campo per raggiungerli». Inquietano, in particolare, i dati relativi a povertà assoluta, marginalità sociale, abbandono scolastico, parità di genere. Ancora nell’introduzione al Rapporto, pur consapevoli dello stato di cronica difficoltà economica in cui versa il Paese, i due presidenti lanciano un appello che è, insieme, anche un categorico monito: «L’evidente insostenibilità dello sviluppo italiano dovrebbe dar vita ad un grande dibattito politico, pubblico e culturale su come cambiare questa condizione, coerentemente con gli impegni internazionali sottoscritti dal nostro Paese, e assicurare benessere diffuso per tutte e per tutti, in equilibrio con il nostro pianeta, per noi e per le generazioni future. Lo sviluppo sostenibile, come descritto dall’Agenda 2030, è l’unica strada possibile per costruire un futuro di speranza. Non realizzare lo sviluppo sostenibile vuol dire ridurre la qualità della vita delle persone, le loro potenzialità, la loro libertà, la resilienza delle comunità locali, la tenuta dei nostri territori, la capacità del pianeta di rigenerarsi e sostenere la nostra società. Vuol dire anche ridurre la competitività e la salute della nostra economia».
Un allarme che purtroppo si ripete ormai identico nel corso degli anni: l’ASviS ammette infatti, nella sintesi del Rapporto, che «per chi si occupa seriamente di sviluppo sostenibile l’attuale stato del mondo non è una sorpresa». Chi conosce i dati e li mette in fila su trend storici, chi ascolta il reiterato monito della comunità scientifica e degli esperti sa bene a quali e quanti rischi il pianeta è esposto a causa dell’attività umana. Rischi che sono già oggi una realtà sotto gli occhi di tutti, come dimostra l’aumento degli eventi estremi anche in Italia. «Quello che osserviamo intorno a noi illustra – si legge – in modo plastico e drammatico quello che è il “cuore” del messaggio contenuto nell’Agenda 2030: l’alternativa a un mondo sostenibile è un mondo insostenibile. Come l’attuale. E non solo da un punto di vista ambientale, ma anche da quello economico, sociale e istituzionale». E sì, perché la sostenibilità (o l’insostenibilità) non rappresenta “solo” una questione ambientale o energetica ma trascina con sé, in un approccio sistemico, variabili sociali, sanitarie, occupazionali, ecc.
Nel corso della presentazione romana, ha preso la parola anche Enrico Giovannini – economista e statistico, già ministro sotto i governi Draghi e Letta, cofondatore e attualmente Direttore Scientifico dell’ASviS – per ripercorrere i passaggi salienti di questo nono Rapporto dell’Alleanza. «Al ritmo attuale solo il 17% dei Target globali dovrebbe essere raggiunto», ha denunciato, ricordando che sugli altri Obiettivi di Sviluppo Sostenibile si sta fermi al palo o addirittura retrocedendo. Intanto, sondaggi d’opinione rivelano che nell’opinione pubblica è diffusa e in continua crescita la domanda di sostenibilità e di politiche idonee, mentre è in netto calo la fiducia nei confronti dei governi, considerati inadeguati ad affrontare le sfide attuali, per incapacità o colpevole complicità.
In merito al recente Summit del Futuro delle Nazioni Unite, voluto dal segretario Antonio Guterres per riformare il multilateralismo e imprimere una svolta nella costruzione globale di un futuro in grado di fronteggiare guerre, crisi economiche e climatiche, Giovannini si è dimostrato ottimista ma realista al tempo stesso: «Se sarà un’altra utopia lo vedremo nei prossimi summit», ma intanto è apprezzabile il «tentativo di riformare l’Onu, l’architettura finanziaria globale, le governance di Banca mondiale, Fmi e Wto, riconoscendo il diritto dei Paesi emergenti ad assumere un ruolo più forte».
Che influenza avrà sull’Italia il “Patto per il futuro” adottato il 22 settembre dalla Nazioni Unite? Il nostro Paese, spiega il direttore scientifico dell’ASviS, è indietro su tutti gli Obiettivi dell’Agenda 2030 tranne che sull’economia circolare, nella quale si registrano miglioramenti significativi. Intanto, preoccupa la linea del governo sull'autonomia differenziata: «Mentre l'Italia chiede più coerenza all'Ue, a livello nazionale facciamo il contrario».
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento della presidente Mallen. L’Italia è in ritardo su tutti i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ha ricordato, preoccupata in particolare per l’aumento della povertà assoluta (8,5%), per il tasso di abbandono scolastico (10,5% dei ragazzi tra i 10 e i 24 anni), ecc.: «Sono dati che un Paese come il nostro non può leggere senza provare imbarazzo»; «Dobbiamo migliorare i servizi sanitari, promuovere servizi per l’infanzia e l’occupazione femminile. Servono scelte politiche coraggiose e investimenti adeguati da inserire in un Piano di accelerazione nazionale, sotto la responsabilità diretta della presidenza del Consiglio».
Anche il presidente Stefanini ha chiesto alla classe dirigente maggiore «consapevolezza e coraggio», investendo di più sui giovani cittadini, che sono il vero motore del cambiamento nel Paese. L’Italia, ha detto ancora Stefanini, ha giocato un ruolo chiave nel cammino di integrazione europea. Ma oggi, ha aggiunto con un eloquente slogan, «ci siamo, ma non ci stiamo». «L’Italia deve tornare ad assumere un orientamento strategico convinto a livello europeo», guardando al futuro e abbandonando sterili ed estemporanee polemiche: «Non possiamo permetterci un approccio che guardi indietro, ma avere la volontà di costruire un percorso condiviso».
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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