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A un passo dalle caverne

A un passo dalle caverne

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 15 del 19/04/2025

L’immagine più nitida del Vecchio continente l’ha data il primo ministro spagnolo Sanchez: «L’Europa ha una guerra armata a est e una commerciale a ovest».

È vero, spesso la realtà supera l’immaginazione; ma nemmeno il più bravo regista di fantapolitica avrebbe inventato una storia tanto caotica, ingarbugliata e inimmaginabile, come la realtà del tempo che stiamo vivendo. E se anche gli riuscisse di girare un film del genere, dubito che potrebbe dare un lieto fine alla storia!

Ha ragione papa Francesco: «Stiamo vivendo non un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca». È come se si fossero invertiti i poli della politica mondiale, si è capovolto l’asse terrestre del pur precario ordine mondiale che parte dell’umanità si era dato sulla pelle di tanti e a scapito di popoli, che però, almeno si provava, si sognava – o ci si illudeva – di far entrare nel cosiddetto primo mondo. Ci si sarebbe aspettato che il capovolgimento di quell’ordine fosse provocato dai poveri, dai Paesi del cosiddetto Terzo mondo, oppure da un pazzo dittatore arrivato al potere con la violenza di un colpo di Stato. Chi avrebbe immaginato, solo qualche anno fa, che Putin da potenziale partner diventasse invasore dell’Ucraina e nemico dell’occidente; e chi avrebbe immaginato che gli Stati Uniti, da sempre alleati e “protettori” della disarmata Europa, con l’elezione “legittima” di Trump, diventassero acerrimi avversari e denigratori del Vecchio continente. Mentre il Medio Oriente brucia e la destra israeliana, capeggiata da Netanyahu, nel mondo capovolto, vorrebbe la “soluzione finale” per i palestinesi, che muoiono a migliaia sotto le bombe israeliane, colpevoli di appartenere al popolo da cui provengono i terroristi sanguinari di Hamas; è come se per sconfiggere la mafia si bombardassero tutti i siciliani!

Tutto questo mentre le estreme destre, con lo strascico di nazionalismo, neofascismo, neonazismo, sovranismo, razzismo… e altri “ismi” maledetti, democraticamente come negli anni tra le due guerre mondiali del secolo scorso, si stanno appropriando delle Istituzioni, e i democratici di tutto il mondo restano attoniti, imbambolati, presi alla sprovvista, testardamente convinti, illusi, che il progresso può solo essere democratico e positivo. In Occidente, abbiamo erroneamente pensato che la democrazia, essendo migliore dei fascismi, fosse scontata per tutti. E perciò abbiamo creduto che il rispetto dei diritti fosse ovvio, senza bisogno di continuare a far crescere culturalmente quei cittadini che il nazifascismo, la guerra, la Resistenza e la Liberazione non li hanno vissuti. Senza cultura, senza memoria, bombardati dalle fake news strillate dal web, ci si innamora di vecchi slogan travestiti di nuovo, delle solite e irrealizzabili promesse elettorali, delle populiste soluzioni semplici e immediate a problemi complessi. Allora si governa rispondendo ai sondaggi tra i cittadini, assecondandoli, e non aiutandoli a comprendere che le soluzioni ai problemi sono possibili ma non per forza semplici. La politica dovrebbe trascinare i cittadini verso l’alto, non lasciali precipitare verso il basso, verso il passato e le caverne, verso gli istinti più bassi! Su tutto aleggia il silenzio assordante a cui è costretto il papa ammalato e l’idea malata che si diffonde sempre più, soprattutto tra i giovani, dell’uomo – o donna – solo al comando: il Parlamento, la Magistratura, le Corti penali e le Organizzazioni internazionali, sono sempre più visti come fastidiosi, lenti, farraginosi; come ostacoli alla rapidità delle decisioni da prendere, spesso sbagliate!

Mentre il mondo brucia – anche a causa di un cambiamento climatico negato! – il Vecchio continente è sopraffatto dagli eventi e, come papa Francesco, ma con ben altre “malattie”, resta muto.

Il mito racconta che Europa fu una principessa figlia di Agenore, re della terra di Canaan (l’attuale IsraelePalestina). Un giorno mentre camminava sulla riva del mare fu rapita da un toro di straordinaria bellezza. Quel toro era Zeus, il padre degli dei, inguaribile sciupafemmine e specialista in trasformazioni; aggrappata alle sue corna la portò fino a Creta dove, dalla loro unione nacquero tre figli. In quanto all’etimologia la più suggestiva ipotesi riconduce il nome al semitico Ereb, cioè occidente, che farebbe pensare a un passaggio della civiltà da oriente a occidente. In ogni caso già Erodoto, storico del V sec. a. C. contrappone l’Europa all’Asia (l’America non era stata ancora scoperta!). L’Europa, che a quel tempo indicava la Grecia, è terra di libertà, mentre l’Asia, cioè la Persia, terra di dispotismo.

La forza dei miti sta proprio nella loro inafferrabilità, nella capacità, che è la stessa dell’acqua, di assumere tutte le forme, perciò i miti, pur avvenuti in un tempo passato indefinibile, parlano del presente; scriveva Sallustio: «Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre».

Forse la vera crisi dell’Europa ha avuto il suo inizio qualche anno fa, quando la Grecia, patria dell’isonomia (uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge) e dell’utopia democratica, anziché essere aiutata dagli altri Paesi europei, fu vittima della finanza. Il suo fallimento ha assunto un valore simbolico fortissimo: “uccidere” la Grecia, piegarla alla logica di un presente tetro incapace di ipotizzare altro al di fuori di sé, ha significato scegliere l’agonia politica di chi si autodefinisce Comunità, l’inizio della fine della solidarietà che è la base di ogni Unione. Tutti gli europei avrebbero dovuto avere un moto di ribellione, invece ci siamo lentamente abituati ad un’altra lingua che chiama default il fallimento, e che ci stordisce con la forza di termini come Spread, Bid, Btp future, Broker, Cash & carry, Commodity, etc. Una neo-lingua così tecnica da risultare quasi incomprensibile, e di fronte alla quale noi arretriamo come se fossimo dinanzi a una rivelazione di cui è depositaria solo una cerchia ristretta di nuovi sacerdoti.

Abbiamo gridato “siamo tutti americani” in quel maledetto undici settembre 2001. Perché con altrettanta forza non siamo riusciti a dire “siamo tutti greci”? Forse perché non riconosciamo più la lingua che parliamo. E ora tocca all’intera Europa piegare la testa, schiacciata dalle super potenze, soprattutto da quella statunitense, secondo un’antica consuetudine mirabilmente riassunta dalla celebre frase attribuita a Brenno, capo dei Galli Sènoni che nel 390 a.C. invasero Roma: “Vae Victis”, guai ai vinti, pare che abbia detto di fronte alle rimostranze dei cittadini romani che si erano accorti che i pesi della bilancia, sulla quale si stava pesando l’oro del riscatto, erano truccati. La spada che oggi Trump, il novello Brenno yankee, sguaina e pone sul piatto della bilancia mondiale con l’arroganza del vincitore, costringe l’Europa a prendere contromisure spesso assurde, innaturali per un continente che per 80 anni si è illuso di vivere in pace, come gli 800 miliardi da spendere acquistando non strumenti di pace, ma risorse belliche proprio dagli Stati Uniti d’America che oggi la apostrofano come Europa parassita.

Nonostante tutto, nonostante i dazi, gli insulti, le minacce da parte del moderno sceriffo d’America, voglio continuare a credere e a sperare che non sia affatto vero quanto dicono molti democratici rassegnati, cioè che non c’è alternativa a questa estrema destra mondiale, capeggiata da Trump e dai suoi loschi accoliti! 

Vitaliano Della Sala è parroco a Mercogliano (AV) e responsabile della mensa-dormitorio della Caritas diocesana di Avellino. 

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