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Gaza. La misura del degrado del Consiglio di Sicurezza

Gaza. La misura del degrado del Consiglio di Sicurezza

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 29 del 02/08/2025

Riportiamo, in una traduzione della fondazione PerugiAssisi, il testo del briefing (17 luglio 2025) a presidente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu tenuto da Tom Fletcher, dal novembre 2024 Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari e Coordinatore degli Aiuti di Emergenza (ERC). In questo ruolo, è a capo dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), l'organizzazione che gestisce la risposta umanitaria globale dell'ONU. Succede a Martin Griffiths (Fonte ufficiale https://shorturl.at/lUlgj).

Signor Presidente,

desidero ricordare a questo Consiglio il motivo per cui siamo qui oggi a riferire.

L’Assemblea Generale ci ha conferito un mandato umanitario – con la risoluzione 46/182 – e una serie di principi che voi, Stati Membri, ci avete chiesto di rispettare: umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza.

Questo significa che gli aiuti devono andare dove i bisogni sono maggiori e senza discriminazioni. Significa che rispondiamo ai civili in difficoltà, non alle parti in conflitto.

Il nostro mandato è anche di difendere il diritto umanitario internazionale – non solo riferirvi ciò che vediamo, ma permettervi, voi membri di questo Consiglio, di agire. Anche quando chi è responsabile preferirebbe farci tacere.

 

Signor Presidente,

non esistono più parole adeguate per descrivere la situazione a Gaza. Lasciate che condivida dunque i fatti.

Il cibo sta finendo. Chi lo cerca rischia di essere colpito. Si muore cercando di sfamare la propria famiglia. Gli ospedali da campo ricevono cadaveri, e i soccorritori ascoltano le storie direttamente dai feriti. Giorno, dopo giorno, dopo giorno.

I tassi di malnutrizione infantile hanno raggiunto livelli record a giugno: oltre 5.800 bambine e bambini sono stati diagnosticati come gravemente malnutriti.

La scorsa settimana, nel pieno di questa crisi alimentare, bambini e donne sono stati uccisi in un attacco mentre attendevano gli aiuti nutrizionali che li tenevano in vita.

E Hamas continua a tenere gli ostaggi, e abbiamo ricevuto segnalazioni di attacchi contro operatori umanitari.

Il sistema sanitario è distrutto. Solo 17 su 36 ospedali e 63 su 170 centri sanitari primari funzionano, e comunque solo parzialmente, mentre ogni giorno arrivano feriti in massa.

In alcuni ospedali, cinque neonati condividono una sola incubatrice. Il 70% dei farmaci essenziali è esaurito.

Metà delle attrezzature mediche è danneggiata. Le donne partoriscono senza assistenza medica. Donne e ragazze affrontano il ciclo mestruale senza prodotti sanitari di base.

I sistemi idrici e fognari sono distrutti. Circa quattro strutture su cinque, compresi i punti di distribuzione idrica, si trovano ora in zone militarizzate o soggette a ordini di evacuazione – quindi anche se funzionano, non sono accessibili per chi dipende da loro.

 

Signor Presidente,

la crisi del carburante a Gaza è a un livello critico.

La settimana scorsa, le autorità israeliane hanno accettato di far entrare a Gaza due camion di carburante al giorno, cinque giorni a settimana, attraverso il valico di Kerem Shalom, e abbiamo qualche segnale che queste autorizzazioni possano aumentare leggermente. Speriamo che questo accada.

Questa è la prima volta in 130 giorni che entra carburante nella Striscia e ancora non è stata autorizzata la benzina, la quale rifornisce ambulanze e altri servizi vitali.

Due camion rappresentano una frazione del necessario per mantenere in funzione i servizi essenziali. E anche quando il carburante è autorizzato per scopi umanitari, non è garantito l’accesso alle risorse per immagazzinarlo e trasportarlo dove necessario.

 

Signor Presidente,

nella Cisgiordania la situazione resta allarmante: si registrano continue perdite di vite umane e mezzi di sussistenza, restrizioni alla mobilità e crescono gli sfollamenti.

Nel fine settimana, due giovani palestinesi sono stati uccisi in un attacco di coloni vicino a Ramallah: uno è stato picchiato a morte, all’altro hanno sparato. Decine di feriti e le ambulanze sono state bloccate e non sono riuscite a raggiungerli.

La violenza dei coloni sta aumentando a un ritmo allarmante e le comunità palestinesi vengono sfollate, ferite e le loro proprietà danneggiate.

Ogni giorno di questo anno, l’ONU ha documentato una media di quattro episodi di violenza da parte dei coloni contro palestinesi e le loro proprietà. A giugno, 100 palestinesi sono stati feriti dai coloni israeliani – il numero più alto in due decenni.

 

Signor Presidente,

i crescenti bisogni umanitari di Gaza devono essere soddisfatti senza trascinare la popolazione in una linea di fuoco.

Israele, come potenza occupante, ha l’obbligo di assicurare che la popolazione abbia cibo e cure mediche.

Ma ciò non sta avvenendo. Al contrario, i civili sono esposti a morte, ferite, sfollamento forzato e perdita di dignità.

Tocca a voi trarre le vostre conclusioni. Ma sicuramente non abbiamo bisogno di discutere se uccidere civili in fila per ricevere beni essenziali sia compatibile con l’obbligo di provvedere ai loro bisogni. Stiamo aspettando i risultati delle indagini di Israele su questi e precedenti episodi. Spero che esaminiate se le regole d’ingaggio israeliane prevedano tutte le precauzioni possibili per evitare danni ai civili, come richiesto.

Questo significa: verificare i bersagli, dare avvisi efficaci, scegliere con attenzione tattiche e armi, e annullare o sospendere un attacco se può causare danni eccessivi ai civili.

 

Signor Presidente,

ogni volta che denunciamo ciò che vediamo, affrontiamo minacce di ulteriori restrizioni all’accesso alle popolazioni civili che tentiamo di aiutare.

Questo accade ovunque, ma in nessun luogo la tensione tra il nostro mandato di difesa umanitaria e l’erogazione di aiuti è alta quanto a Gaza. I visti non vengono rinnovati, o vengono ridotti, come risposta esplicita al nostro lavoro di protezione dei civili. I nostri operatori non ottengono le autorizzazioni per entrare a Gaza e continuare a fare il loro lavoro.

I nostri partner umanitari sono sempre più respinti. Nel 2025, il 56% delle richieste di ingresso negate riguardava le squadre mediche di emergenza.

Naturalmente, come sapete, centinaia di operatori umanitari sono stati uccisi. E chi continua a lavorare soffre fame, pericolo e perdite, come tutti nella Striscia di Gaza.

Le tragedie personali risuonano tra le nostre squadre e le loro famiglie. Questa mattina, un altro collega del CICR è stato ucciso.

Rendo omaggio a tutti loro, e al coraggio degli operatori dell’UNICEF e di altre agenzie a Gaza. Migliaia, compresi molti colleghi feriti, non possono lasciare Gaza per curarsi.

 

Signor Presidente,

vorrei illustrarvi brevemente cosa comporta portare gli aiuti che voi finanziate a Gaza.

Prendiamo un semplice sacco di farina.

Prima di arrivare al valico, deve superare numerosi controlli, doganali e ministeriali. Una volta approvato, viene scansionato, caricato su camion israeliani, e spesso ispezionata nuovamente a Kerem Shalom.

Poi, viene trasferita su camion palestinesi lungo la strada del confine oppure su “camion sterili” che scaricano da una parte e vengono raccolti da altri mezzi dentro Gaza. Quindi contare i camion è fuorviante, perché non è un rapporto uno-a-uno.

Una volta entrata a Gaza, la farina deve affrontare un percorso a ostacoli: serve coordinamento con l’esercito israeliano, si attraversano zone sotto attacco, strade danneggiate, posti di blocco, e spesso si devono evitare bande armate. E la distribuzione è incerta: persone affamate cercano di saltare sui camion per prendere i sacchi.

Con questi ostacoli, i vostri aiuti rischiano di non arrivare mai. E anche se arrivano, la distribuzione su larga scala è molto incerta. E come ho già detto: non deve essere così.

Abbiamo un piano che funziona. Servono aiuti prevedibili, in quantità sufficiente, attraverso più valichi, in zone sicure, su percorsi scelti da noi, senza ritardi, verso i nostri magazzini e punti di distribuzione, secondo i principi umanitari che ci avete affidato.

 

Signor Presidente,

anche se questo piano resta fermo, migliaia di colleghi, ogni giorno, a rischio personale estremo, continuano a salvare vite.

Tra il 19 maggio e il 14 luglio, solo 1.633 camion – il 62% di quelli richiesti – sono arrivati a Kerem Shalom e Zikim.

Trasportavano principalmente farina di grano, insieme a quantità limitate di alimenti per le cucine, forniture nutrizionali, forniture mediche e cloro. Dopo molteplici fasi di scarico e ricarico della merce su diversi veicoli, un totale di 1.600 camion palestinesi ha potuto essere raccolto per la distribuzione all’interno di Gaza. Solo la scorsa settimana, abbiamo schierato 21 squadre mediche di emergenza che hanno fornito servizi salvavita e un po’ di sollievo ai medici a Gaza; sono entrati 238 pallet di forniture mediche, tra cui 10 pallet a catena del freddo con 1.396 unità di sangue e 1.550 dosi di plasma – sufficienti per 10 giorni.

Abbiamo sostenuto 800 consultazioni mediche settimanali per donne e ragazze, reso operative 84 cucine che servono 260.000 pasti al giorno e distribuito 17.000 metri cubi di acqua potabile attraverso 1.300 punti di raccolta. Questo è un sostegno salvavita offerto con dignità.

Ma, per essere chiari, è una goccia nell’oceano, rispetto ai 630 camion al giorno durante il cessate il fuoco. Il cessate il fuoco ha dimostrato cosa è possibile fare. E noi dobbiamo tornare a quei livelli, senza ritardi.

Il nostro lavoro – quello delle Nazioni Unite e dei suoi partner – non è perfetto, ma si basa su principi umanitari e decenni di esperienza. E vi chiediamo ancora una volta: lasciateci lavorare.

In questo senso, accogliamo con favore l’accordo tra l’Unione Europea e Israele sull’accesso umanitario. Attendiamo dettagli e capiremo come verrà attuato.

 

Signor Presidente,

mi permetta di ricordare a questo Consiglio che la Corte Internazionale di Giustizia ha chiesto a Israele misure immediate ed efficaci per consentire l’accesso ai servizi essenziali e agli aiuti.

Alla luce dei fatti, chiedo a questo Consiglio di valutare se Israele stia rispettando le sue responsabilità legali e se noi umanitari possiamo adempiere al nostro mandato. Questo significa consentire e facilitare il passaggio rapido e senza ostacoli degli aiuti umanitari imparziali, come richiedono le regole della guerra? O si tratta di un’ostruzione? Sarete voi a trarre le vostre conclusioni.

 

Signor Presidente,

settimane fa, un ministro israeliano ha definito l’ingresso degli aiuti a Gaza una “decisione disastrosa”; altri hanno giustificato moralmente la fame finché gli ostaggi non verranno liberati – e sì, devono essere liberati.

Usare intenzionalmente la fame dei civili come metodo di guerra sarebbe, naturalmente, un crimine di guerra.

Più recentemente, il ministro della Difesa israeliano ha parlato apertamente della possibilità di trasferire i palestinesi in quella che ha definito una “città umanitaria”. Da quanto abbiamo compreso, la proposta prevede di sfollare con la forza i palestinesi verso una zona designata nei pressi di Rafah. Ora, non so come definire tutto questo, ma di certo non è umanitario.

 

Signor Presidente,

gli Stati e i gruppi armati devono rispettare le regole – forgiate a causa degli orrori del conflitto e dell’odio – che proteggono i civili durante la guerra.

Oggi, in tutto il mondo, assistiamo alla corrosione e al degrado di queste regole.

Naturalmente, spetta a voi decidere come agire per garantire che tutte le parti rispettino il diritto umanitario internazionale.

Ma sono d’accordo con alcuni membri del gabinetto israeliano sul fatto che voi avete costantemente sopravvalutato il vostro potere di persuasione silenziosa.

Noi chiediamo conto a tutte le parti del rispetto delle norme del diritto internazionale in questo conflitto.

Non dobbiamo scegliere – e anzi, non dobbiamo assolutamente scegliere – tra chiedere la fine della fame dei civili a Gaza e chiedere la liberazione incondizionata di tutti gli ostaggi.

Dobbiamo anche rigettare l’antisemitismo. Dobbiamo combatterlo con ogni fibra del nostro essere. Ma dobbiamo anche chiedere conto a Israele secondo gli stessi principi e le stesse leggi che valgono per tutti gli altri Stati.

I civili devono essere protetti, ovunque si trovino. Gli ostaggi devono essere liberati – lo ripeto. Gli aiuti umanitari devono poter entrare su larga scala. E gli operatori umanitari devono essere protetti.

Lo dovete ai civili israeliani e palestinesi, alle ultime speranze di una pace sostenibile, e alla Carta delle Nazioni Unite.

Tutti i membri di questo Consiglio sono stati chiari: cessate il fuoco, cessate il fuoco, cessate il fuoco. Grazie. 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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