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A Marzabotto Zuppi legge 12mila nomi di bambini palestinesi uccisi dall'esercito israeliano. «Ogni bimbo è innocente»

A Marzabotto Zuppi legge 12mila nomi di bambini palestinesi uccisi dall'esercito israeliano. «Ogni bimbo è innocente»

MARZABOTTO (BO)-ADISTA. «Siamo qui a pregare per la pace perché non perdano la vita altri innocenti. Qui a Monte Sole non si è di parte, ma si cerca, si trova e si sceglie l’unica parte che è quella di Dio, che ricostruisce la fraternità». È un passaggio dell’omelia del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, che oggi, presso i ruderi della chiesa di Santa Maria Assunta a Casaglia, nel Parco Regionale Storico di Monte Sole in Comune di Marzabotto, ha guidato la preghiera per la pace in nome delle vittime innocenti in Terra Santa. Durante la celebrazione, proposta dalla Chiesa di Bologna insieme alla Piccola Famiglia dell’Annunziata, Zuppi ha dato inizio alla lettura dei nomi dei bambini israeliani e palestinesi uccisi il 7 ottobre 2023 dagli attacchi di Hamas e successivamente nei territori della Striscia di Gaza: si tratta di 12.227 nomi, di cui 12.211 sono i nomi dei bambini palestinesi sterminati nel genocidio a Gaza da parte dell'esercito di Israele.

«Ogni nome di bambini uccisi è una richiesta a Dio, ma anche agli uomini, perché li ascoltiamo, ci lasciamo toccare dall’ingiustizia che ha travolto la loro fragilità - ha detto Zuppi nell'omelia -. La loro morte, di tutti loro e di ognuno, susciti le lacrime di commozione e le scelte finalmente lungimiranti di pace e non tragicamente opportunistiche. Non c’è classifica nel dolore. Siamo qui per chiedere che nella Terra Santa ogni persona, a cominciare dai più piccoli, non perda la sua vita per colpa di suo fratello. Arturo Paoli diceva che il peccato originale è il fratricidio e solamente quando abbiamo la coscienza di essere responsabili della morte, o della meno vita, dei poveri, di essere senza orgoglio, superiori, distanti, come se non fossero della nostra carne o non appartenessero alla nostra razza, solamente in questo caso troviamo l’umiltà di passare da “fratricidi a fratelli”».

Ha proseguito Zuppi nell'omelia: «In questo luogo, dove il tempio di Dio che è ogni persona venne profanato dalla violenza e il sangue di Abele sparso, oggi sentiamo la voce del sangue di nostro fratello che grida da tanti suoli della terra (Gen. 4,10), quel grido che Dio fa suo e che gli uomini ignorano, non considerano. Questo è un luogo di tenebre e di luce, di morte e di vita, di strage degli innocenti e di speranza sul mondo, di tante Rachele che piangono i propri figli che non sono più, e di luce della vita che non finisce. Qui sentiamo chiaro il giudizio di Dio sulla nostra vita, giudizio di cui abbiamo bisogno perché non ci crediamo tranquilli nelle nostre sicurezze, senza vergogna per quello che accade, banalmente prigionieri del miope e colpevole egocentrismo. Il giudizio è in realtà di due domande, con le quali noi dobbiamo fare i conti e sta a noi trovare la risposta che ci fa capire, cambiare, lasciarci amare. La prima: “Dov’è Abele, tuo fratello?”. Dio custodisce Abele e difende sempre la fraternità. Noi? E la seconda: “Che hai fatto?”, come hai potuto farlo, ma anche “cosa non hai fatto quando mi hai visto che avevo fame, sete, ero nudo, carcerato, malato?”. “Dove sei tu, dove sta il tuo cuore?”. Sentiamo fratelli tutti tutti questi piccoli. Il giudizio di Dio non si addomestica, non asseconda nessuna delle nostre giustificazioni o convinzioni, i calcoli cinici, le ossessioni blasfeme, ci aiuta a rientrare in noi stessi, interrogandoci sul nostro fratello per capire chi siamo, per ritrovarlo».

«Oggi, con tanto disorientamento nel cuore, siamo qui, per scendere nell’abisso di questa disperazione, per comprenderne le responsabilità, per trasformare i segni dei tempi in segni di speranza, per chiedere che non perdano la vita altri innocenti», ha detto ancora Zuppi. «Ogni persona è un nome, il suo e nostro nome! Oggi li ricordiamo perché nessuno può essere mai un numero, una statistica! Per questo pronunceremo uno ad uno i loro nomi ad iniziare dagli uccisi il 7 ottobre dalla follia omicida di Hamas, dalla quale bisogna prendere le distanze, come da qualsiasi ideologia o calcolo che riduce l’altro a un oggetto, a qualcosa di residuale, a un nemico. Essi chiedono di impegnarci tutti a trovare o perseguire con più intelligenza e passione la via della pace, iniziando dal cessate il fuoco e da offrire le condizioni per farlo, dalla liberazione degli ostaggi al non prendere in ostaggio un intero popolo. La domanda che ci deve inquietare è: “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo per la pace?”.  Dostoevskij scriveva: “Nessun progresso, nessuna rivoluzione, nessuna guerra potrà mai valere anche una sola piccola lacrima di bambino. Essa peserà sempre. Quella sola piccola lacrima di un bambino”. Il loro pianto, e quello dei loro cari, possa risvegliarci tutti, susciti l’intelligenza creativa e abile per costruire la pace, rafforzi la diplomazia e chi cerca il dialogo, difenda il rispetto indiscusso dei diritti perché il loro sacrificio sia seme di pace e inizio di una fraternità ritrovata. Il nome di Dio è nome di pace».

«Con questa preghiera – ha spiegato Paolo Barabino, superiore della Piccola Famiglia dell’Annunziata – abbiamo voluto ricordare i nomi dei bambini israeliani e palestinesi uccisi durante la guerra. È stato il grido degli innocenti più innocenti che abbiamo voluto fare riecheggiare. Una preghiera pubblica preghiera pubblica ma che ha anche il senso di appello civile. Questo è anche un modo di affidarci a loro, perché sappiamo e crediamo che sono vivi in Dio. Abbiamo scelti i bambini, come sono stati tanti anche qui nella strage di Monte Sole del 1944, perché sono le persone che escono da ogni polemica. Disarmano anche le coscienze, non possono essere giudicati o accusati di nulla. Sono alcuni dei morti, anche se in questo caso sono molto di più le vittime. Questo nostro gesto è un simbolo, cerca di estraniarsi dalla diatriba più minuta, per dire la gravità inaccettabile di quello che sta avvenendo».

Dagli anni Ottanta la comunità monastica fondata da don Giuseppe Dossetti è presente sui luoghi dell’eccidio di Monte Sole come presenza orante, in un luogo che è stato testimone di tanto odio. «La nostra presenza di preghiera – ha proseguito Barabino – è attaccata alla storia. I sentieri dove passiamo, dove preghiamo, sono intrisi di sangue, di grida, di chi si scappava, di chi inseguiva. Tutto questo ci fa ancora oggi, così anche Dossetti desiderava, una presenza orante, ma non per noi stessi, ma con il senso di una preghiera per il mondo». Dopo ottanta anni dai fatti di Monte Sole, vediamo come rimarginare le ferite non è per niente scontato. Ci vuole un impegno deciso. Come si può cominciare a lavorare adesso per una possibile riconciliazione dei conflitti che stiamo vivendo? Questo è un problema enorme. Vediamo un odio che cresce e ci chiediamo come far vincere nelle coscienze anche cristiane la parola del Vangelo rispetto al grido della pelle, perché il grido della pelle chiede di vendicare il sangue, l’ingiustizia, l’occupazione. E allora bisogna compenetrare la giustizia e anche la ricerca della fratellanza con l’altro. E questo è difficilissimo: è molto importante certamente la fede, per chi ce l’ha. Qui a Marzabotto e Monte Sole anche chi non ha avuto fede è riuscito a fare un cammino per cessare di odiare, per non volere il male dell’altro».

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