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Adista perché

Adista perché

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 42 del 29/11/2025

 

Ad Adista sono molto legato. Una voce indipendente, critica, plurale, che ha accolto l'insieme delle differenze. Aiutare Adista a continuare la sua funzione è un progetto democratico, è una funzione costituzionale. Ricordo l'articolo 21 della Costituzione: «Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazione o censure». Vorrei brevemente soffermarmi su due temi sui quali Adista ha sollecitato la mia collaborazione. Abbiamo sempre sostenuto che non ci riconosciamo in una legalità autoritaria preordinata alla torsione dello Stato sociale in direzione di uno Stato penale, del controllo, della sorveglianza. Il nostro riferimento sono le libertà e i diritti, la Costituzione repubblicana (e non la "legge sicurezza", la legge della paura, fondata sul securitarismo e sul panpenalismo).

Ho avuto la possibilità di scrivere, su Adista, che il mondo che vogliamo si fonda sul "diritto alla felicità" per tutte e tutti e non sulla "ossessione della paura".

Adista ha permesso un confronto appassionato e raffinato sul diritto penale e sul carcere, da considerare come misure eccezionali e non come strumenti di governo ordinario della società. Il conflitto sociale non è eversivo, ma alimento della democrazia costituzionale e della emancipazione delle persone. I migranti, i ribelli, i critici non sono nemici della società ma base sociale di una società meticcia e, quindi, multietnica, multirazziale, capace di rispettare ogni credo religioso. Adista ha sempre contrastato la trasformazione del pensiero dominante in pensiero unico, la qualificazione del dissenso come offesa alla "ragion di Stato".

Su un secondo tema Adista ha gentilmente ospitato mie riflessioni. Abbiamo discusso il documento conclusivo del primo convegno nazionale di Cristiani per il socialismo, di cui sono stato membro, del 1973: «Non intendiamo trasformare il cristianesimo da strumento di legittimazione dell'ordine costituito a giustificazione della rivoluzione». È il grande tema del rapporto tra fede e politica, a partire dalle tesi di Giulio Girardi (a me carissimo) sulla «unità dialettica» fra marxismo e cristianesimo. L'obiettivo è di trasformare la società in senso socialista e, insieme, rinnovare la Chiesa in senso evangelico, demistificando i processi di alienazione religiosa e riscoprendo il messaggio rivoluzionario del Vangelo. Per questo Adista deve continuare a vivere e seminare. Per un raccolto democratico. 

 

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