Papa Leone XIV di fronte a due problemi tabù
Con il riemergere delle conseguenze degli scandali sessuali Il mese di dicembre ha presentato a papa Leone un conto che, indirettamente ma fortemente, pone gravi problemi alla Chiesa cattolica romana.
Alla metà del mese, il cardinale Timothy M. Dolan – classe 1950 – ha fatto un annuncio clamoroso: l’arcidiocesi di New York, da lui guidata, ha avviato la raccolta di trecento (trecento!) milioni di dollari per risarcire milletrecento presunte vittime di abusi sessuali del clero o di persone legate a strutture della Chiesa, nell’arco di tempo tra il 1952 e il 2020. Per reperire quella somma, ha poi spiegato, l’arcidiocesi dovrà fare tagli sul personale, e vendere suoi beni (come i palazzi) ma, ha lasciato capire, chiederà anche il sostegno dei fedeli.
“Gli abusi sessuali su minori avvenuti molto tempo fa – ha detto - hanno gettato vergogna sulla nostra Chiesa. Chiedo perdono per il fallimento di coloro che tradirono la fiducia riposta in loro, non riuscendo a garantire la sicurezza dei nostri giovani". Dato l’arco di tempo esaminato – quasi settant’anni – i ”delitti” erano avvenuti quando l’arcidiocesi era guidata da altri cardinali, suoi predecessori; ma, adesso, Dolan paga per tutti; e ci rimette la carica. Infatti, il 18 dicembre il papa ha accettato le sue dimissioni, scegliendo, al suo posto, il vescovo di Joliet (Illinois), Ronald A. Hicks, classe 1967. Questi, rispetto al predecessore, pubblicamente sostenitore di Donald Trump, è critico della politica anti-immigrazione del presidente. A parte questo, vi è un particolare che getta delle ombre su Dolan. Infatti, da quando Paolo VI introdusse la norma che i vescovi, a 75 anni, debbono presentare le loro dimissioni dalla diocesi che reggono, è prassi vaticana che, se essi sono cardinali, la soglia arrivi almeno a 77 anni. Perché, per Dolan, questa soglia non è stata rispettata?
La Santa Sede non ha alcuna responsabilità diretta in quello che, nei decenni, è successo a New York; forse. là, nel recente passato, qualcosa già si sapeva, sulla pedofilia del clero, ma di solito si copriva tutto nel silenzio. E così, ora, il cireneo che dovrà portare la croce sarà il neoeletto arcivescovo; il quale, su L’Osservatore Romano del 18 dicembre, si dice ben consapevole della gravità del problema, e assicura che farà di tutto per garantire i risarcimenti alle vittime della pedofilia del clero. Proposito che sarà arduo mantenere, data l’elevatissima somma complessiva che l’arcidiocesi di New York dovrà sborsare.
Stante questa vicenda, nella Curia romana ci si fanno molti ragionamenti su come – in generale, e tenendo in conto il livello di vita dei vari Paesi – arginare la pedofilia del clero, e sul “quanto” dei risarcimenti alle vittime. In tale contesto, il 22 dicembre è stata pubblicata, datata l‘8 del mese, la Lettera Apostolica Una fedeltà che genera futuro del papa, in occasione del LX Anniversario dei Decreti conciliari Optatam Totius (sulla formazione sacerdotale) e Presbyterorum Ordinis (PO – sulla vita ed il ministero dei presbiteri).
Da PO, varato dal Concilio nel 1965, il pontefice trae e commenta i tratti essenziali che dovrebbero caratterizzare la vita del presbìtero (la pietà, l’impegno pastorale, la necessaria collaborazione tra confratelli). Su un tema – la pedofilia del clero – totalmente ignorato sessant’anni fa, Prevost scrive: “In questi ultimi decenni, la crisi della fiducia nella Chiesa suscitata dagli abusi commessi da membri del clero, che ci riempiono di vergogna e ci richiamano all’umiltà, ci ha reso ancora più consapevoli dell’urgenza di una formazione integrale che assicuri la crescita e la maturità umana dei candidati al presbiterato, insieme con una ricca e solida vita spirituale”. Non ci sono, però, approfondimenti sullo scabroso argomento.
Ma quello che stupisce di più, è che Leone taccia completamente su un tema che, al Concilio, sullo schema di PO, dischiuse un articolato dibattito: il celibato dei preti. Dibattito che, nella quarta sessione conciliare, andava sempre più animandosi e che, forse, avrebbe portato dei vescovi occidentali a chiedere il superamento del celibato sacerdotale obbligatorio nella Chiesa latina che appresentava (e ancora rappresenta) il 95% dei cattolici del pianeta. Paolo VI, assai preoccupato per l’emergere della a lui sgradita ipotesi, fece chiudere in tutta fretta il confronto conciliare in corso, e avocò a sè stesso una decisione in merito.
Lo farà nel giugno del ’67, con l’enciclica Sacerdotalis caelibatus, con la quale riaffermava, senza eccezione alcuna, il celibato obbligatorio per i presbìteri della Chiesa latina. L’ imperioso intervento papale sollevò anche vivaci critiche in vari ambienti ecclesiastici, ma in sostanza fu fatta proprio, da allora ad oggi, da tutti i sommi pontefici che si sono via via susseguiti.
Per situare correttamente il problema, è comunque necessario riascoltare attentamente ciò che nel 1965 aveva infine deliberato PO: “La perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli, raccomandata da Cristo Signore nel corso dei secoli e anche ai nostri giorni gioiosamente abbracciata e lodevolmente osservata da non pochi fedeli, è sempre stata considerata dalla Chiesa come particolarmente confacente alla vita sacerdotale…. Essa non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva [I Timoteo, 3. 2-5; Tito 1,6] e alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l'aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbìteri coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle Chiese orientali”.
Come mai Leone – citando quanto, sulla vita dei presbìteri, delibera il Vaticano II – ignora questo passaggio cruciale e potenzialmente scardinante lo status quo ? Un silenzio imbarazzato, che suscita moltissimi interrogativi. E che, pure, è passato “inosservato”, in Italia, tanto dai media legati alla Chiesa romana, che dalla stampa “laica”.
* Foto di Proinséas da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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