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DA WOJTYLA A RATZINGER: PER IL CAMMINO NEO-CATECUMENALE INIZIA LA SALITA

Tratto da: Adista Notizie n° 3 del 14/01/2006

33162. ROMA-ADISTA. Nonostante le molte anomalie liturgiche e dottrinarie (la scarsa attenzione ai frammenti eucaristici, infatti, deriva dal fatto che i neocatecumenali ritengono la presenza di Gesù nell'eucarestia legata al momento della celebrazione assembleare: dopo la messa il pane consacrato tornerebbe ad essere semplice pane: e infatti i seguaci di Kiko Argüello non utilizzano tabernacoli), e altre questioni che riguardano la prassi interna delle comunità (l'obbligo al pagamento delle decime, gli "scrutini" condotti dai catechisti al passaggio della comunità da uno stadio all'altro del cammino, spesso veri e propri interrogatori pubblici sugli aspetti più intimi della vita di ciascun aderente, le pressioni psicologiche sui fuoriusciti, ecc.), sinora il Cammino non aveva avuto alcun problema col Vaticano. Tutt'altro: Giovanni Paolo II, che se nei suoi 27 anni di pontificato aveva avuto un rapporto privilegiato con tutti i movimenti, con i neocatecumenali aveva instaurato un rapporto particolare. Piaceva al papa, del movimento fondato da Kiko e Carmen Hernandez, soprattutto la grande capacità di attrarre i "lontani", la radicalità in tema di morale sessuale, l'assoluta assenza nel movimento di ogni dimensione sociale e politica, la spiritualità votata al proselitismo (tanto che negli ultimi 15 anni centinaia di famiglie neocatecumenali sono partite dall'Italia e dall'Europa alla volta dei Paesi scristianizzati, specie quelli dell'ex blocco comunista, per evangelizzare). Nella visione di Wojtyla i neocatecumenali avrebbero dovuto rappresentare una efficace risposta al processo di secolarizzazione che, specie in Italia, svuota in modo sempre più consistente le parrocchie, allontana le giovani coppie dall'osservanza della morale sessuale cattolica, rende sempre meno partecipate e animate le celebrazioni della messa. Per questo, Wojtyla si era da tempo impegnato a garantire al Cammino un riconoscimento ufficiale, che lo mettesse al riparo dall'atteggiamento spesso ostile dei vescovi diocesani, alcuni dei quali (in Italia e all'estero) erano giunti fino al punto di allontanare i neocatecumenali dalle loro diocesi (v. Adista nn. 9 e 10/02 e 59/04). Wojtyla aveva fatto perciò pressioni sui dicasteri vaticani competenti (specialmente su quello della Dottrina della Fede presieduto dall'allora card. Ratzinger) affinché chiudessero un occhio sulle tante "anomalie" che caratterizzano il Cammino. Così, il 28 giugno 2002, vinte le ultime resistenza curiali, con una cerimonia ufficiale svoltasi in Vaticano, il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, card. James Francis Stafford, consegnò a Kiko, Carmen e a don Mario Pezzi l'agognato decreto di approvazione, ad experimentum, del loro nuovo Statuto (ma i 12 volumi del Direttorio catechetico del movimento giacciono ancora, sub sudice, presso la Congregazione per la Dottrina della Fede).

In ogni caso, non solo l'auspicio di Wojtyla che i neocatecumenali ri-evangelizzassero le diocesi italiane non si è realizzato, ma la frammentazione in piccole comunità che caratterizza il Cammino neocatecumenale, nonché il forte spirito identitario (da alcuni definito settario) di cui i seguaci di Kiko sono portatori, la loro consapevolezza di essere gli autentici interpreti del messaggio evangelico, hanno prodotto forti contrasti, se non vere e proprie spaccature, in seno a molte delle comunità parrocchiali dove il movimento è presente. Anche la speranza che lo Statuto (peraltro pieno di raccomandazioni ma scarso di prescrizioni) potesse "regolamentare" il movimento di Kiko è risultata vana. Così, nell'orizzonte neocatecumenale, sono ora comparse le prime nuvole. (v. g.)

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