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IL CENTROAMERICA NON ESCE DAL TUNNEL: IN COSTA RICA VINCE IL CANDIDATO NEOLIBERISTA

Tratto da: Adista Notizie n° 19 del 11/03/2006

33272. SAN JOSÉ DI COSTA RICA-ADISTA. Manca ancora la proclamazione ufficiale da parte del Tribunale Elettorale, ma si sa per certo, ormai, che il magnate del caffè Oscar Arias ce l'ha fatta: sarà lui, il candidato neoliberista del Partito di Liberazione Nazionale, ex presidente dal 1986 al 1990 e Premio Nobel per la Pace (nel 1987, per il suo contributo alla pacificazione del Centroamerica), il nuovo presidente del Costa Rica. Presidente per un soffio, avendo superato di soli 18mila voti l'avversario Ottón Solís del Partito di Azione Cittadina, dopo un testa a testa serratissimo che ha fatto slittare di una ventina di giorni l'annuncio – ufficioso – dei risultati. I venti di cambiamento che soffiano, con più o meno intensità ma con una certa costanza, sull'America Latina non hanno portato dunque nel Paese centroamericano (e più in generale, finora, in tutta l'America Centrale) i frutti sperati. Eppure, malgrado la vittoria di Arias, già responsabile dell'ondata di neoliberismo che si è abbattuta sul Paese alla fine degli anni ‘90, non si può dire che le elezioni del 5 febbraio scorso non abbiano riservato sorprese.

Nessuno si aspettava, infatti, che Solís, rompendo il tradizionale bipartitismo incarnato nel Partito di Liberazione Nazionale e in quello dell'Unità Socialcristiana, contendesse fino all'ultimo la presidenza al potente imprenditore. Indicato come il superfavorito in tutti i sondaggi, con un vantaggio di almeno sette punti, e apertamente sostenuto dai media, Arias aveva infatti potuto far leva su una milionaria campagna elettorale, centrata sulla promessa di fare del Costa Rica un Paese sviluppato entro il 2021. Obiettivo che l'ex presidente si è impegnato a raggiungere a partire dalla ratifica del Trattato di libero commercio tra Centroamerica e Stati Uniti, il Cafta - sottoscritto dal governo costaricense nel maggio del 2004 ma ancora in discussione all'Assemblea legislativa - con la conseguente apertura al capitale privato dei monopoli statali delle telecomunicazioni, dell'elettricità e delle assicurazioni e la crescita degli investimenti stranieri.

La resistenza al Trattato di libero commercio

Ed è stato proprio il nodo del Trattato - sostenuto da Arias e osteggiato invece, perlomeno nella sua versione attuale, da Solís - a dominare, a detta di tutti gli osservatori, il processo elettorale. Del resto, sul fronte del Cafta, solo il Costa Rica manca ancora all'appello: gli altri Paesi firmatari (Stati Uniti, Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua e Repubblica Dominicana) hanno già ratificato l'accordo e si avviano ad implementarlo (è del primo marzo l'entrata in vigore nel Salvador), pur tra le immancabili, insistenti e massicce proteste della popolazione, come la marcia che ha avuto luogo a San Salvador il 28 febbraio, o quella che si è svolta quattro giorni prima in Guatemala. In Costa Rica, invece, dove il Cafta è in discussione al Parlamento, esiste ancora qualche margine di speranza per la crescente resistenza di strati sempre più ampi di popolazione. Ed è proprio tale resistenza, che dal rifiuto del Trattato si è estesa alla rivendicazione di un nuovo progetto di Paese, ad aver determinato, da un lato, un forte astensionismo (ricondotto dagli osservatori alla sfiducia nei confronti dei partiti politici, a causa dell'elevato livello di corruzione e dell'altrettanto elevato indice di povertà) e dall'altro il sorprendente risultato ottenuto da Solís, che ha fatto della sua richiesta di rinegoziare il Trattato e dell'enfasi posta sulle politiche sociali (con lo slogan del "governo delle madri") i suoi cavalli di battaglia.

Per quanto Arias sia riuscito nel suo intento, non si troverà dunque la strada spianata: le organizzazioni sindacali e i movimenti sociali hanno fatto sapere che considereranno illegittima la sua elezione, non riconoscendo la validità della sentenza con cui la Sala Constitucional - usurpando, a loro giudizio, quella che dovrebbe essere una prerogativa dell'Assemblea legislativa - ha ristabilito il diritto degli ex presidenti di candidarsi nuovamente alla presidenza del Paese, eliminando un divieto che era in vigore da trent'anni. Ma anche al di là dell'illegittimità o meno della candidatura di Arias, i movimenti hanno promesso una lotta senza quartiere contro il governo, se questo insisterà nell'approvazione del Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti. Critiche al neoliberismo sono giunte anche dalla Chiesa: "Dobbiamo tornare alla democrazia sociale degli anni ‘40 – ha dichiarato l'arcivescovo di San José mons. Hugo Barrantes – Il Paese è caduto nel tranello del neoliberismo: abbiamo pensato che l'aumento della produzione e dell'esportazione avrebbe generato giustizia sociale e questo non è vero. Lo Stato deve intervenire in molti ambiti perché vi sia una vera distribuzione della ricchezza". E ancora più netto è stato mons. Ignacio Trejos, vescovo di Pérez Zeledón: "La nostra democrazia – ha detto – è in gravissimo, estremo pericolo. Quando si ha l'audacia di violare la Costituzione per accontentare un determinato personaggio divorato da ambizioni, non si può pensare che si tratti di un gioco di bambini". (claudia fanti)

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