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SUL REFERENDUM LA CHIESA NON PUÒ RESTARE NEUTRALE. L'APPELLO PER IL NO DEL TEOLOGO ENRICO CHIAVACCI

Tratto da: Adista Documenti n° 46 del 17/06/2006

DOC-1746. FIRENZE-ADISTA. "È seria opinione di chi scrive questi brevi cenni che la Chiesa italiana non possa dichiararsi ‘neutrale' di fronte allo scardinamento sistematico di una Costituzione che tutela gli inalienabili diritti di libertà e gli inderogabili doveri di solidarietà di ciascuno verso tutti". Per Enrico Chiavacci, tra i più insigni teologi morali della Chiesa conciliare, il momento storico che vive il nostro Paese è grave e occorre una forte mobilitazione, anche dei cristiani, per scongiurare lo stravolgimento della nostra Costituzione. Votare "No" al referendum del 25 giugno, sostiene Chiavacci in un dettagliato intervento sulla riforma costituzionale scritto per la nostra agenzia, è "un grave dovere morale per ogni uomo di buona volontà: ricordiamo che Mussolini e Hitler andarono al potere per vie costituzionali simili a quelle ora proposte, senza alcuna rivoluzione, e in breve tempo assunsero nella propria persona tutti i poteri". Nessuna incertezza, nessun atteggiamento di disimpegno o indifferenza è accettabile per chi si dice cristiano. Chiavacci sottolinea che la riforma voluta dalla maggioranza di Berlusconi e ora sottoposta al voto popolare cambia "radicalmente alcuni cardini essenziali della Costituzione riguardanti i poteri dello Stato e le garanzie dei cittadini". Cade, ad esempio, "la severa separazione dei poteri legislativo ed esecutivo. Infatti il governo è completamente dominato dal Primo Ministro" (così si chiamerà quello che oggi la Costituzione definisce "presidente del Consiglio dei ministri"), a cui spetterà il potere di sciogliere le Camere, di nominare e di cacciare i ministri "quando non siano d'accordo con lui". "Né miglior sorte tocca al potere giudiziario" e alla Corte costituzionale, sulla quale, se passa riforma, "il rischio di controllo del potere legislativo è grande". Ma è soprattutto la devolution, sostiene Chiavacci, a rappresentare "un vero sconvolgimento dei principii stessi della nostra Costituzione". "Col Senato federale scompare il sistema bicamerale", "strumento importante di democrazia", che rende possibile una sana dialettica tra le forze politiche e l'opinione pubblica. Inoltre, con la devolution "cade il principio degli ‘inderogabili doveri di solidarietà' di ciascun cittadino verso tutti". Infine, il fatto che nella nuova Costituzione non viene esplicitato l'obbligo per lo Stato e le Regioni di rispettare i trattati e le intese internazionali sottende uno "spirito antieuropeo e xenofobo", oltre che una "velata chiusura all'altro". Di seguito l'intervento del teologo.

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