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CULTURA DELLA PRESENZA O RITORNO AL CONCILIO? L'OPZIONE NON RISOLTA DELLA CHIESA ITALIANA DOPO VERONA

Tratto da: Adista Documenti n° 78 del 04/11/2006

DOC-1791. ROMA-ADISTA. «I cattolici devono mettere in pratica le indicazioni di Benedetto XVI», ha detto il card. Camillo Ruini a conclusione del IV Convegno della Chiesa italiana a Verona (16-20 ottobre). Una frase che sembra ribadire l'intenzione dei vertici ecclesiastici di mantenere all'interno della Chiesa italiana un'impostazione ancora fortemente centralizzata, anche interpretando eventi come l'assise di Verona nella chiave di una tribuna dalla quale indicare ai laici cattolici il "programma" da attuare nei prossimi anni, piuttosto che nei termini di un confronto aperto e plurale di posizioni e prospettive. Ma per molti, la partecipazione come delegati o semplici osservatori all'assise di Verona ha voluto esprimere molto di più della semplice adesione ai contenuti del discorso del papa (altri tempi: nel 1985, l'allora presidente della Cei Anastasio Ballestrero definì il discorso di Wojtyla ai delegati del Convegno di Loreto un "contributo" ai lavori): in particolare, è emersa l'esigenza - che inizia ad essere diffusa oltre che nel laicato cattolico anche in parte dell'episcopato - di una Chiesa più sensibile alla pluralità delle posizioni interne, più attenta al dialogo con le culture e le opzioni etico-politiche espresse dalla società secolarizzata, più pronta a valorizzare il ruolo dei laici cattolici dentro la comunità ecclesiale ed a sottolinearne l'autonomia e la specificità del ruolo, più sollecita a curare la formazione integrale del laicato ed a promuoverne la partecipazione responsabile alla vita sociale e politica del Paese (vedi il ritorno ad una "teologia del laicato" auspicato da Tettamanzi). Tra questi due orizzonti, tra visioni teologiche e pastorali che marcano ancora una forte distanza tra loro, a Verona ha iniziato a prendere forma la Chiesa del dopo Ruini. Il dibattito, appena iniziato (e che proseguirà intenso nei prossimi mesi), è destinato ad essere inevitabilmente condizionato dalla prossima designazione del nuovo presidente della Cei. In questo senso, non sarà solo importante il nome del prescelto, ma soprattutto il metodo che il papa deciderà di adottare per la sua nomina.

Intanto, per una migliore valutazione dei risultati e delle prospettive con cui la Chiesa italiana esce dal Convegno ecclesiale, ma anche delle contraddizioni e delle ombre che a Verona sono emerse, Adista ha chiesto ad alcuni autorevoli osservatori le loro valutazioni "a caldo". Ve le proponiamo qui di seguito. (valerio gigante)

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