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ASSEMBLEA ECCLESIALE ROMANA: CONCILIO INDIETRO TUTTA

Tratto da: Adista Notizie n° 7 del 27/01/2007

1250) Roma (adista) - Il "caso" Baldassarri e il matrimonio nella Chiesa oggi: questi gli argomenti proposti alla discussione dell'affollata Assemblea Ecclesiale Romana. Il primo tema trova concordi i rappresentanti dei gruppi ecclesiali di base sull'opportunità di redigere un documento di solidarietà con Mons. Baldassarri, vittima illustre della restaurazione autoritaria che vorrebbe circoscrivere nel vecchio schema gerarchico piramidale la nuova realtà delle chiese locali. A questo punto é quasi ovvio il richiamo ad una altro recente esempio di autoritarismo nella Chiesa - italiana, occorre precisare -, ossia l'invio dell'ormai famosa lettera del card. Poma al Presidente delle ACLI. L'atteggiamento della maggior parte dell'episcopato italiano, anche se piuttosto scontato in questo clima di "ridimensionamento" del Concilio, non cessa di sconcertare: alla professione di disimpegno politico fa corrispondere in realtà un sostanziale appoggio a quei centri di potere che sono per la conservazione, mentre si premura di manifestare il suo dissenso da coloro che portano avanti un programma di effettivo progresso sociale. Secondo la C.E.I. le ACLI non devono fare politica: ma, s'intende, politica contraria alla S. Sede. Nessuna opposizione emerse, infatti, da parte vaticana, quando nel 1948 ruppero l'unità sindacale e diedero i natali alla CISL, quando dal 1950 in poi furono di valido sostegno alla DC, tra le cui file anche oggi gli aclisti possono militare con il beneplacido ecclesiastico. Anche il riferimento a una presunta dottrina sociale cristiana risulta in ultima analisi ambiguo, poiché il Vangelo non fornisce soluzioni aprioristiche per le questioni "temporali". Il dibattito sulle Acli si conclude anch'esso con la proposta (accolta a maggioranza) di formulazione di un documento in cui si prenda posizione contro l'interventismo clericale nella vita politica italiana (con riferimento alle note vaticane sul divorzio), per rivendicare l'autonomia della sfera temporale e la libertà di coscienza del cristiano. Il secondo tema all'ordine del giorno viene proposto in un momento in cui è oggetto di intensa riflessione teologica e di continua verifica pratica a contatto di una realtà antropologica e sociologica in rapida evoluzione. Dalla discussione scaturiscono prospettive e possibilità nuove di intendere il matrimonio nella Chiesa oggi: mentre attualmente è ridotto a un contratto giuridico (ma la disciplina giuridica del matrimonio, ammesso che sia necessaria, non è compito delle società civile?), occorre riscoprirne l'essenza e la sua relazione con il sacramento. Se l'unione tra uomo e una donna si fonda sulla disposizione al dono reciproco di sé in piena libertà, c'é già vero matrimonio, anche senza sacramento, perché questo non costituisce l'amore ma ne è segno. Il sacramento tende a esprimere cioè una realtà già esistente, senza definirla né chiuderla, e deve considerarsi, più che punto di partenza, punto di arrivo, sia pure non statico, nell'esistenza di due che hanno scelto di amarsi, nella comunità cristiana, come Cristo ama la Chiesa. (...) E il matrimonio monogamico indissolubile, quale si concepiva e praticava nella Palestina di venti secoli fa, fu realmente proposto da Cristo come imperativo assoluto, o non piuttosto come ideale di perfezione da raggiungere, che non escluderebbe forme diverse, meno perfette in astratto, ma giustificate dalle circostanze concrete? (...) Si tratta, in conclusione, di una problematica assai vasta e complessa, che l'Assemblea affida alla riflessione dei vari gruppi ecclesiali per un ulteriore sviluppo della discussione in prossime riunioni.

(Adista n. 20 del 20 marzo 1970)

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