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FUORIROTTA 1975

Tratto da: Adista Notizie n° 17 del 03/03/2007

Dopo il ‘74 e prima del ‘76: ovvero all'indomani del referendum che ha sancito l'avvenuta secolarizzazione della società italiana e nell'attesa partecipata di Epu, il convegno ecclesiale che riproporrà alla Chiesa il sentiero della Parola per saper vivere la laica pluralità delle parole. Anno, dunque, di assestamento e sedimentazione, il 1975, per la comunità ecclesiale, segnata da qualche vicenda di normalizzazione, ma incalzata e costretta a progredire dalla storia: quella internazionale, che alimenta le speranze antimperialiste con la cacciata il 30 aprile dell'esercito americano da Saigon e quella del Paese, dove continuano a cercarsi le strade delle forze popolari democratiche e antifasciste. L'incontro di queste strade, tentato dall'allora presidente del Consiglio, Aldo Moro, e dal segretario del Pci, Enrico Berlinguer, trova in questo anno il riscontro di una grande riforma da tempo attesa: il 22 aprile il Parlamento vara il nuovo diritto di famiglia (con i voti contrari del Msi e l'astensione dei liberali). Viene sancito ciò che da tempo chiede la nuova consapevolezza sociale: parità giuridica dei due coniugi, abolizione della distinzione tra figli ‘legittimi' e ‘illegittimi' e conseguente riconoscimento giuridico dei figli nati fuori dal matrimonio che possono essere registrati anche con il cognome della madre, eliminazione dell'istituto della dote. E alle elezioni amministrative del 15 giugno - elezioni segnate dal voto giovanile grazie alla legge approvata a marzo che abbassa la maggiore età da 21 a 18 anni - è forte l'avanzata del Pci, mentre la Dc perde visibilmente consenso. Il dibattito pre e post elettorale coinvolge direttamente il mondo cattolico. Il clima da "compromesso storico" porta infatti al raggiungimento di obiettivi importanti (non ultimo, l'accordo firmato il 25 gennaio da sindacati e Confindustria sul punto unico della contingenza per tutte le categorie di lavoratori), ma cominciano le preoccupazioni per un eventuale "sorpasso" del Pci sulla Dc, che perde sempre più terreno nella base cattolica, a causa dei numerosi scandali che la vedono coinvolta e che fanno parlare ormai del "malgoverno Dc". Ma l'alternativa qual è? Comunità di base, Cristiani per il socialismo e Acli considerano positivamente la vittoria della sinistra, mentre altri gruppi di cattolici democratici si interrogano sul che fare della Dc: abolirla e fondare un secondo partito cattolico o moralizzarla e rifondarla? Molto scettici restano tanti cattolici che escludono entrambe le ipotesi, giudicando l'esito elettorale l'inizio di "una fase di transizione" verso una "intesa vasta" tra forze politiche che superi gli attuali steccati ideologici (percorso che a tutt'oggi incontra ancora ostacoli). C'è anche chi, nell'ala sinistra del mondo cattolico, riflette sui pericoli di involuzione insiti nella fase politica segnata dal compromesso storico, temendone gli accordi al ribasso. Il compromesso storico ha anche altri nemici: dalle Br al progetto di una "Repubblica presidenziale" di Edgardo Sogno (il cui senso autoritario si capirà una volta scoperta la P2) fino ai piani eversivi dei neofascisti.

E la gerarchia cattolica? Quando tra i cardinali c'era Michele Pellegrino viene facile trovare parole di incoraggiamento e discernimento verso i segni dei tempi: "Nel campo della promozione umana – dichiara l'arcivescovo di Torino nel Convegno diocesano di settembre in preparazione a Epu – la collaborazione dei cristiani con i marxisti non solo è legittima ma è doverosa", anche se "qualunque cedimento all'ateismo è incompatibile con la fede cristiana"; giacché "il pluralismo dei cattolici in campo socio-politico è legittimo e necessario quando si tratta di scelte di carattere temporale e quindi per lo più opinabili". Ma se la parte più illuminata promuove il laicato, qualcun altro lo rispedisce a casa, come nel caso dell'assistente nazionale dell'Azione Cattolica, mons. Luigi Maverna, che chiede le dimissioni al vicepresidente dei Giovani Domenico Perino, in seguito a tensioni con parte dell'episcopato e con il presidente nazionale Mario Agnes. Nel clima di normalizzazione postconciliare, il 24 febbraio, la Congregazione per la Dottrina della Fede ammonisce il teologo Hans Küng, reo di aver messo in dubbio l'infallibilità del magistero e di aver ipotizzato la consacrazione dell'eucarestia da parte dei laici in caso di necessità. Come denuncia p. Yves Congar al Congresso Internazionale di Missiologia del 14-16 ottobre, la Curia romana tende "a confondere unità con uniformità, ad imporre dovunque i costumi e il diritto romani, insomma a considerare la Chiesa universale come una semplice estensione della Chiesa di Roma". E contro l'omologazione dell'uniformità, tarlo di ogni pluralismo culturale e di ogni democrazia, il pensiero di Pier Paolo Pasolini, a cui il 1975 dice addio il 2 novembre. (m. r. r.)

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