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LA VICENDA INFINITA DEI DIACONI INDIGENI IN CHIAPAS: PER IL VATICANO È INAMMISSIBILE ANCHE ASCOLTARE

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 17/03/2007

DOC-1840. SAN CRISTÓBAL DE LAS CASAS-ADISTA. Non è bastata al Vaticano la sospensione a tempo indeterminato delle ordinazioni di diaconi sposati nella diocesi di San Cristóbal de Las Casas, disposta nel 2002 e ribadita tre anni più tardi dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (in una lettera che ordinava al vescovo di San Cristóbal Felipe Arizmendi di sospendere le ordinazioni fino a quando non si fosse "risolto il problema ideologico di fondo" legato alla creazione di una Chiesa autoctona; v. Adista nn. 24, 30, 34 e 70/06). Dopo il divieto, da Roma è partito anche - tramite una lettera del prefetto card. Francis Arinze datata 26 settembre 2006 ma pubblicata nell'ultimo numero del bollettino della Congregazione Notitiae - l'ordine di cancellare la parte del Piano pastorale della diocesi (preparato nel luglio del 2004 dal vescovo Arizmendi, dal vescovo ausiliare Enrique Díaz Díaz e dal vicario della diocesi Juan Manuel Hurtado López) in cui si afferma la volontà dei vescovi di "ascoltare con attenzione e discernere la richiesta di alcune comunità affinché diaconi indigeni sposati possano essere ammessi all'or-dinazione sacerdotale, previa formazione conveniente, disposti ad assumere la decisione del Vaticano".

Inutilmente Arizmendi aveva chiarito che "ascoltare con attenzione" non è la stessa cosa che condividere e incoraggiare: "non abbiamo mai alimentato – ha affermato in una nota di chiarimento dal titolo "Sacerdoti sposati in Chiapas?" – l'aspettativa ‘di un diaconato permanente orientato al sacerdozio uxorato'. Non promuoviamo il sacerdozio di diaconi sposati. Abbiamo ascoltato richieste di alcuni fedeli in questo senso, ma non abbiamo incoraggiato tale speranza. I diaconi permanenti sono permanentemente diaconi e non li incamminiamo verso il sacerdozio". Tuttavia, ha aggiunto, "non si può smettere di ascoltare le voci che si alzano in senso contrario, non solo tra di noi ma nella Chiesa universale", e persino a Roma, per esempio al Sinodo dei vescovi del 2005, perché "i fedeli hanno diritto ad essere ascoltati dai loro pastori".

Tutto inutile. Per il Vaticano il passo in questione è "inammissibile" e finché - come scrive il prefetto - il piano pastorale "non verrà nuovamente redatto secondo i criteri della Santa Sede e sottomesso a revisione, rimarrà sospeso e senza possibilità di applicazione nella diocesi".

Significativo, al riguardo, il commento di mons. Raúl Vera Lopez, già vescovo coadiutore con diritto di successione a San Cristóbal de Las Casas, dove era stato mandato dal Vaticano con il compito di normalizzare la diocesi e da dove era stato poi improvvisamente trasferito (destinazione Saltillo, al lato opposto del Messico) quando, sotto la spinta delle drammatiche condizioni degli indigeni del Chiapas, si era rivelato in piena sintonia con Samuel Ruiz. La decisione del Vaticano di sospendere l'ordinazione di diaconi permanenti a San Cristóbal – ha detto a La Jornada del 26 gennaio scorso – "è la cosa più incoerente che abbia ascoltato": una misura adottata "a una grandissima distanza fisica e culturale" e con un "certo razzismo", senza la minima comprensione del processo pastorale in corso nella diocesi (dove di diaconi permanenti ve ne sono 340). La diocesi di San Cristóbal – ha affermato – "ha risposto alle necessità pastorali del suo popolo con un ministero proprio che sorge dalla stessa comunità indigena", come "il modo in cui il ministero ordinato si è incarnato nella cultura india, dove, almeno tra i maya, la persona non sposata, anche a 50 anni, è considerata immatura e non può svolgere funzioni di leadership".

Di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, la nota di chiarimento di mons. Arizmendi. (c. f.)

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