APPARENTE ENTUSIASMO, SOAVE DISSENSO. MESSORI E MELLONI COMMENTANO LE PAROLE DEL CARD. MARTINI
Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 02/06/2007
33902. MILANO-ADISTA. Non poteva passare inosservata nei media l’analisi velatamente critica del card. Carlo Maria Martini sul libro di Benedetto XVI, Gesù di Nazaret (vedi notizia precedente). Sulle pagine del Corriere della Sera del 25/4, si sono confrontati in un tête-à-tête sul tema Vittorio Messori e Alberto Melloni, l’uno criticando - almeno nelle intenzioni - l’intervento di Martini, l’altro in sua difesa.Messori mette in rilievo l’"apparente" entusiasmo di Martini nei confronti del libro; in realtà, mettendo l’accento sulla "grande fede" del papa, il cardinale cercherebbe di "traslocare il libro di Ratzinger dallo scaffale della esegesi biblica a quello dei testi di spiritualità, di riflessione edificante, di testimonianza personale". D’altronde Martini - prosegue Messori - ricorda che Ratzinger non è esegeta, e per giunta non è aggiornato, in riferimento al fatto che il papa si muove "agilmente in mezzo nella letteratura esegetica del suo tempo": del suo, non "del nostro", sottolinea lo scrittore cattolico. Lo dimostra, per esempio, la sua certezza sull’attribuzione il quarto Vangelo a Giovanni di Zebedeo, tutt’altro che scontata. Insomma, per Martini non si tratta di un’opera di valore scientifico ma, spiega Messori, "di un testo di pastorale e apologetica": un "declassamento soave, elegante e al contempo drastico"."Il cardinal Martini – scrive da parte sua Melloni – può permettersi qualche cautela quando il Gesù di Ratzinger tratta con la disinvoltura di chi pensa che in fondo tutto ciò che ha affaticato generazioni di esegeti possa essere liquidato in poche frasi". "Bisogna apprezzare che Martini – continua Melloni – ancora una volta, scelga di difendere, assumendola su di sé, la liceità di una posizione ‘altra’ sulle materie che lo consentono o lo esigono".
Il punto è, osserva lo storico, che il libro "aggrava il problema dei problemi del cattolicesimo degli ultimi 250 anni", vale a dire la cultura del clero, con la sua "pericolosa diffidenza verso la ricerca". Per Melloni, infine, Martini affronta un nodo centrale per il futuro della Chiesa: "L’insieme dei testi e dei racconti" del libro di Ratzinger "ha un solo significato", ed è quello di una "prospettiva che scalza tutto il dinamismo di riforma che dal IV al XX secolo ha invece colto nell’oggi le rughe di una infedeltà dolorosa della Chiesa e nella riscoperta della verità evangelica la grazia per la riforma". Su questo si dovrebbe dialogare, conclude lo storico, "al riparo della concorrenza tra best seller a sfondo gesuano". (l. e.)
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