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LA CASA BRUCIA

Tratto da: Adista Contesti n° 26 del 29/03/2008

GLI EFFETTI CATASTROFICI DELLA DEFORESTAZIONE IN AMAZZONIA SECONDO IL VESCOVO DI XINGU MONS. ERWIN KRÄUTLER.

QUESTA INTERVISTA AL VESCOVO DI XINGU (BRASILE) MONS. ERWIN KRÄUTLER È STATA  PUBBLICATA SUL  GIORNALE “SANTUARIO DE APARECIDA” (13/2/2008). TITOLO ORIGINALE: “DESENVOLVIMENTO NA AMAZÔNIA SE TORNOU SINÔNIMO DE DERRUBAR, QUEIMAR, ARRASAR, MATAR”

Molto è già stato detto sull’incremento del disboscamento in Amazzonia, sulla mancanza di controllo, sull’avanzata dei commercianti di legname, ecc. Contemporaneamente, lo stesso governo federale diceva che il disboscamento non è mai diminuito tanto nella regione. Ora, i nuovi dati dell’Inpe (Istituto nazionale di ricerche spaziali, ndt) sorprendono perfino il presidente della Repubblica.  

Lei come valuta questa situazione? Quanto grave è realmente il disboscamento nella regione amazzonica?

Fare paragoni con gli anni passati non aiuta. Si festeggiava, per esempio, la riduzione al 25% del tasso di disboscamento fra agosto 2005 e luglio 2006. È stata una sensazione sbagliata. Sembrava una vittoria, ma in realtà non c’era nulla da festeggiare. Questo tipo di notizia, promettente in apparenza, mi ricorda quando i media fanno la macabra constatazione che in un certo periodo sono morti meno indios che in un altro, dando così l’idea che tutto sia sotto controllo. Ora, se muore anche un solo indio assassinato o vittima dei tagli al sistema sanitario è sempre uno in più. Anche un solo incendio nella selva amazzonica è un incendio in più!Ora ci informano che, secondo un rilevamento dell’Inpe, da agosto a dicembre 2007, sono stati abbattuti 3.233 chilometri quadrati di foresta, 1.922 dei quali in novembre e dicembre, periodo in cui normalmente non si procede al disboscamento a causa delle piogge. È il governo che afferma che però può essere “molto maggiore”.Secondo l’agenzia Carta Maior, il ministro della Difesa Nelson Jobim, dopo aver sorvolato, in Rondonia, regioni di frontiera con la Bolivia insieme ai comandanti del 6° Battaglione della Fanteria della Selva, ha definito “scandaloso” il disboscamento che aveva visto con i suoi occhi: “Credevo fosse un’esagerazione dei media, non immaginavo di vedere quello che ho visto. C’è un’assoluta ignoranza, nel resto del Paese, di quello che sta succedendo in Rondonia”, ha detto il ministro. Tornato a Brasilia, Jobim ha annunciato che elaborerà un rapporto su quello che ha visto in Amazzonia.È importante verificare l’estensione della foresta tropicale abbattuta negli ultimi anni e decenni e trasformata in pascolo o in coltivazione di soia. E sarebbe anche interessante pubblicare la percentuale di terra ormai deteriorata di queste aree. Prima o poi, aree che servivano o servono oggi per l’allevamento sono abbandonate perché totalmente sfruttate, e immediatamente la minaccia aleggia su altre terre amazzoniche. La marcia dei piromani continua e si dirige verso la Terra di Mezzo. Il finale è triste: qua e là, un cartello di vendita di un’area che ormai non vale niente, che produce solo una vegetazione rada di “spine e triboli” (cfr Gn 3,18).Continuo a difendere la tesi che è un crimine abbattere la foresta tropicale su larga scala. La natura reagisce e la steppa sostituirà in un futuro non remoto le selve millenarie. In base a recenti calcoli scientifici, nel 2030, se si continuerà ad abbattere e a bruciare piante al ritmo di oggi, la metà della selva tropicale dell’Amazzonia crollerà sotto i colpi dell’aggressione senza scrupoli dell’uomo. Per quanto sembri apocalittica, è una previsione seria. La misura da prendere è la più drastica possibile. “Piantiamola!”. “Basta!”. “Non ci sono mezze misure! Siamo già al limite! Non si può più concedere nulla!”. 

Fino a che punto le attività economiche come la produzione della soia e l’allevamento del bestiame condizioneranno il disboscamento?

La configurazione del modulo rurale dei 100 ettari in Amazzonia, secondo il quale un agricoltore può disboscarne solo qualcosa come 20 ettari, è stata un’illusione fin dall’inizio. Sono arrivati i grandi latifondisti e questi non se ne sono certo preoccupati. Tutta la vegetazione delle loro enormi proprietà è stata e continua ad essere sacrificata in tutta la sua estensione. Fino a poco tempo fa, una regione con la foresta intatta era considerata terra pubblica. Disboscare significava “bonificare”, “valorizzare” l’area. Che cosa spaventosa! Così è successo che i latifondisti hanno semplicemente mandato ad abbattere la vegetazione su larga scala, solo per dimostrare che stavano “bonificando” la terra al fine di ottenere i sostanziosi crediti di banche che agevolano lo “sviluppo”. Che rovesciamento di valori! “Sviluppo” è diventato sinonimo di abbattere, bruciare, distruggere, uccidere. In Amazzonia, per l’allevamento intensivo bastano solo i campi naturali delle estese pianure, non le regioni coperte da foreste. 

In pratica, gli organismi preposti al controllo fanno finta di non vedere?

Non vorrei arrivare a tanto affermando che fanno finta di non vedere. Bisogna distinguere fra il governo e gli organismi esecutivi. Non esito a denunciare la poca attenzione od omissione di un  “Governo” che è più preoccupato di mostrare al mondo le sue “iniziative” contro i disboscamenti e gli incendi. Si affanna a difendere l’“immagine” del Brasile all’esterno!Allo stesso tempo il povero Ministero dell’Ambiente mi è simpatico. Difende con le unghie e con i denti la casa che Dio ha creato per tanti popoli in Amazzonia. Purtroppo questo ministero è ben lungi dall’avere poteri e risorse finanziarie per svolgere adeguatamente i suoi compiti. La ministra Marina mi è sempre parsa una ‘figliastra’ del Governo, magrissima, simbolo vivo della denutrizione del dicastero che occupa. È qui perché è dell’Acre e porta con sé un bagaglio ricco di impegno nelle questioni ambientali, di difesa dell’Amazzonia. Ma in realtà, qual è la portata di un ministero con risorse tanto scarse? Tutto il mondo schernisce l’Ibama (Istituto Brasiliano dell’Ambiente, ndt)! Ma cosa può fare l’Ibama di Altamira nel Pará, per esempio, senza gli strumenti di cui ha bisogno per controllare tutta un’area grande quanto un Paese europeo o uno Stato brasiliano?Oltre a ciò, i funzionari del governo seri e realmente impegnati nella causa ecologica sono anche in pericolo di vita. È il caso di Roberto Scarpari, amministratore dell’Ibama di Altamira, uomo che lotta per l’Amazzonia. Trascorreva meritate ferie a Rio. La polizia lo ha fatto sparire in fretta dalla circolazione avendo scoperto che esisteva un piano di aggressione a mano armata contro di lui. Da tempo è nel mirino degli industriali del legno del Pará, che lo detestano. Ucciderlo a Rio, nel contesto di un assalto, difficilmente avrebbe sollevato sospetti sui veri mandanti dell’omicidio. Poveraccio! Qual è l’infrastruttura, quali gli strumenti per controllare l’area? Il numero dei controllori a sua disposizione è insufficiente. Ora gli daranno un elicottero! Sembra una presa in giro! 

Quali misure suggerisce per contenere l’incremento del disboscamento? E perché sono importanti?

Se l’attuale governo ha veramente la volontà di contenere l’avanzare del disboscamento, un modo per salvare quel che resta dell’Amazzonia è la demarcazione e il rispetto dei confini di demarcazione delle aree indigene. Gran parte di esse, specialmente nella fascia di frontiera, non è stata demarcata, sebbene la Costituzione del 1988 avesse previsto un tempo massimo di 5 anni per tali procedure a partire dalla data della sua promulgazione.Un’altra misura è la creazione di riserve estrattive e parchi nazionali o riserve forestali. Ma non è importante solo il decreto a garanzia della preservazione. Nelle riserve estrattive diventa necessario elaborare programmi di accompagnamento delle comunità. Dichiarare un’area “estrattiva” e poi lasciare il popolo abbandonato alla sua sorte è quanto meno una sciocchezza e causa disperazione, dato che le famiglie, senza un piano di amministrazione, apriranno le riserve nuovamente agli industriali del legno e ad altri tipi di saccheggiatori. Lo stesso dicasi in relazione alle aree indigene. Lasciare le comunità indigene senza assistenza alcuna, per cui ci sono indios che muoiono di stenti o di disidratazione, è un crimine contro l’umanità.Le riserve forestali saranno rispettate solo se il controllo sarà affidabile e funzionante. Ancora una volta alzo la voce per esigere che il governo attrezzi l’Ibama e metta il Ministero dell’Ambiente nelle condizioni di non essere lì solo per figura, in realtà inefficiente ed impotente.È anche ora di lanciare un processo di educazione ambientale nelle scuole, nelle università e nei mezzi di comunicazione, con programmi interdisciplinari che mettano in allerta il popolo sulla responsabilità che l’attuale generazione ha verso quelle future. La nostra generazione, purtroppo, si comporta come fosse l’ultima. 

Qual è l’impatto del disboscamento sulle popolazioni a basso reddito e sugli indigeni?

I popoli indigeni muoiono se muore la casa in cui vivono. I riberinhos, gli abitanti dei fiumi, muoiono quando non c’è più legna e, inoltre, perché i fiumi sono inquinati. L’agricoltura e l’allevamento si reggono sui pesticidi, che inquinano le sorgenti e contaminano gli alimenti. Lo spettro della morte ci avvolge tutti! 

Quale l’impatto del disboscamento per il Brasile e per il mondo?

L’Amazzonia possiede 1/5 dell’acqua dolce del pianeta. È la maggiore banca genetica della Terra. Fino ad oggi, non si ha una conoscenza completa della quantità di specie vegetali ed animali che vivono all’interno di essa. Non voglio richiamare la tesi di una “Amazzonia polmone del mondo”. Non è questo. Gli scienziati concordano sul fatto che l’Amazzonia rende un servizio ambientale al Brasile e al pianeta ed è un fattore molto importante “nella regolazione della temperatura del pianeta”. Ma non possiamo dimenticare anche la funzione ossigenatrice del mare. Però, la distruzione dell’Amazzonia contribuirà enormemente ai mutamenti climatici. Gli incendi in Amazzonia sono il maggior contributo brasiliano al riscaldamento globale. Secondo la ong Iniciativa Verde, gli incendi sono causa approssimativamente del 70% delle emissioni brasiliane di gas da effetto serra. “È inammissibile che il Paese abbia una posizione così indolente su un crimine ambientale di questa portata”, rivendica il direttore di Iniciativa Verde, Osvaldo Martins.Non si tratta di “ingessare” l’Amazzonia, mettendola in una campana di vetro. Si tratta, prima, di smettere di confondere lo “sviluppo” con devastazioni ed aggressioni alla natura e con uno sfruttamento insaziabile, un vero saccheggio delle ricchezze naturali a detrimento irreversibile delle future generazioni.È senza fondamento la storia della internazionalizzazione dell’Amazzonia. La sovranità brasiliana sulla maggior parte dell’Amazzonia non la mette in dubbio nessuno. Chi realmente potrebbe non riconoscerla? Ma se il Brasile non assume decisamente l’impegno di difendere l’Amazzonia e non mette un freno alla devastazione indiscriminata, le future generazioni accuseranno il Brasile di inciviltà, di essere stato responsabile di una disgrazia che ha oltrepassato le sue frontiere e che ha messo a rischio la sopravvivenza del genere umano in questo pianeta. 

Il Documento di Aparecida dà rilievo alla preservazione della foresta amazzonica. Di quali strumenti dispone la Chiesa dell’America Latina, soprattutto la brasiliana, per frenare il disboscamento?

Il numero 85 del Documento di Aparecida riferisce che papa Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione sulla devastazione ambientale dell’Amazzonia e ha chiesto ai giovani “un maggiore impegno nei più diversi spazi dei loro popoli”. Nel suo discorso nello Stadio di Pacaembu a San Paolo il papa è partito dal nostro inno nazionale, là dove cantiamo “i nostri boschi hanno più vita”. Di fatto, uno degli impegni di Aparecida è “creare nelle Americhe coscienza sull’importanza dell’Amazzonia per tutta l’umanità” (DA 475).Non tocca alla Chiesa elaborare programmi di contenimento e di controllo del disboscamento. La missione della Chiesa è e continua ad essere quella di coscientizzare e sensibilizzare il popolo brasiliano e i suoi governanti sull’Amazzonia. E in questo senso, la Campagna di Fraternità del 2007 è stata un successo dal Juí all’Oiapoque. Il sistema capillare delle comunità è stato, durante tutta la quaresima, teatro di meditazioni e prese di posizione a favore dell’Amazzonia. Ci tengo a citare qui il mio grande e venerando amico e fratello, il vescovo emerito di Piracicaba, dom Eduardo Koaik, che in un articolo relativo alla Campagna di Fraternità del 2007 ha sintetizzato magistralmente il ruolo coscientizzatore della Chiesa del Brasile: ‘Amazzonia e Fraternità’ è un tema-sfida, presentato come “un invito a conoscere, apprezzare e rispettare tutta la vita che l’Amazzonia contiene: i suoi popoli, la sua biodiversità, la sua bellezza” (testo-base, n. 3).Cos’è l’Amazzonia? Un dono di Dio smisurato nelle mani del Brasile. La Campagna in suo favore è a favore di tutta l’umanità. È un grande appello, da parte della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), contro la devastazione delle sue foreste, contro la minaccia portata alla sua esuberante biodiversità, contro l’occupazione delle sue terre in flagrante violazione dell’ecosistema. “Essere contro la pratica di tutte queste forme di violenza è l’unica maniera di proteggere questo ricchissimo patrimonio naturale” (dom Eduardo Koaik, 27/2/2007).Sono stato uno dei delegati della Cnbb al Sinodo per le Americhe (1997) convocato da Giovanni Paolo II. Ho considerato quell’evento un kairos per parlare della già terribile realtà amazzonica e la mia proposizione è stata ripresa letteralmente nell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in America di Giovanni Paolo II al numero 25: “E Dio vide che era cosa buona” (Gen 1, 25). Queste parole che leggiamo nel primo capitolo del libro della Genesi danno il senso dell’opera realizzata da Lui. Il Creatore dona all’uomo, cuore di tutto il processo creatore, la terra da coltivare (cfr. Gn 2,15). Da qui nascono per ogni individuo speciali obblighi rispetto all’ecologia. Il loro compimento suppone l’apertura ad una prospettiva spirituale ed etica che supera gli atteggiamenti e “gli stili di vita egoisti che implicano l’esaurimento delle riserve naturali. Anche in questo campo, tanto attuale oggi, l’intervento dei fedeli credenti è molto, molto importante. È necessaria la collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà con le istanze legislative e governative per ottenere una protezione efficace dell’ambiente, considerato dono di Dio. Quanti abusi e danni ecologici esistono anche in molte regioni americane! Si pensi all’emissione incontrollata dei gas nocivi o al drammatico fenomeno degli incendi forestali, provocati a volte intenzionalmente da persone mosse da interessi egoistici. Queste devastazioni possono portare ad una reale desertificazione in molte zone dell’America, con inevitabili conseguenze di fame e miseria. Il problema arriva ad assumere una speciale entità nella foresta amazzonica, immenso territorio che interessa varie nazioni: dal Brasile alla Guyana, al Suriname, al Venezuela, alla Colombia, all’Ecuador, al Perù e alla Bolivia. Si tratta di uno degli spazi naturali più apprezzati al mondo per la sua diversità biologica, che è vitale per l’equilibrio ambientale di tutto il pianeta” (Ecclesia in America, 25).Non mancano avvertimenti e allerta da parte della Chiesa. Purtroppo non sortiscono l’effetto desiderato. L’ansia di profitti immediati, il guadagno sfrenato sembrano parlare più forte della preoccupazione per le conseguenze di iniziative nefaste che potranno recare danno, già a medio termine, a tutta l’umanità. n 

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