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Gaza: la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu «un nuovo attentato» a pace e diritti

Gaza: la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu «un nuovo attentato» a pace e diritti

In vista del 29 novembre – Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese – la Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace e il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” diffondono il documento dal titolo “Gaza. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approva un piano di guerra e non di pace». L’analisi prende le mosse da un’attenta riflessione sulla Risoluzione 2803/2025 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 17 novembre scorso, definendola «un nuovo attentato alla pace e ai diritti umani, all’Onu e al Diritto Internazionale dei Diritti Umani, alla legalità e all’autodeterminazione dei popoli».

Secondo i firmatari del documento Flavio Lotti (PerugiAssisi) e Marco Mascia (Centro “antonio Papisca”), la Risoluzione su Gaza «segna un punto di svolta senza precedenti nella storia dell’Onu a 80 anni dalla sua fondazione. Essa infatti toglie all’Onu il potere che la Carta delle Nazioni Unite le affida di mantenere pace e sicurezza internazionale per attribuirlo ad una entità esterna, il “Board of Peace”, pensata e guidata dal Presidente degli Stati Uniti, di cui non si conoscono i membri. È un nuovo atto di un colpo di Stato latente. Un attentato diretto contro la “costituzione” mondiale e dunque contro l’ordine internazionale stabilito a San Francisco nel 1945».

Diritto internazionale alla mano, i due autori spiegano che, al contrario, nella Striscia di Gaza il Consiglio di Sicurezza Onu «avrebbe dovuto dispiegare una forza di peacekeeping delle Nazioni Unite, senza la partecipazione di stati complici di Israele», «con una forte ed ampia legittimazione giuridica nel segno dell’autorità sopranazionale delle Nazioni Unite ed una altrettanto forte componente “diritti umani” in particolare per assicurare che i diritti fondamentali siano rispettati, in primo luogo dal personale militare impiegato». Obiettivo di questa forza di interposizione «avrebbe dovuto essere quello di porre fine all’occupazione illegale di Israele dei Territori Palestinesi, fermare il genocidio, garantire il rispetto dei diritti umani e l’agibilità dei corrodi umanitari, nonché avviare il processo di autodeterminazione del popolo palestinese in conformità» ai numerosi pronunciamenti delle Nazioni Unite. Una forza di peacekeeping composta da militari e civili, esperti di diritti umani, sviluppo, assistenza umanitaria, dialogo interculturale.

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