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INCIDENTE ECUMENICO E 8 X MILLE: “TRA NOI BATTISTI PREVALE IL REALISMO POLITICO”. INTERVISTA AD ANNA MAFFEI

Tratto da: Adista Notizie n° 49 del 28/06/2008

34491. ROMA-ADISTA. “È stata un’assemblea vivace che ha riflettuto su due questioni fondamentali per il futuro delle Chiese della nostra Unione: da un lato, il discepolato e la consacrazione cristiana; dall’altro, la sostenibilità dei progetti che costituiscono la missione delle Chiese”. Così la pastora Anna Maffei ha commentato la 40.esima Assemblea generale dell’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia (Ucebi) svoltasi dal 12 al 14 giugno a Bellaria (Rimini). Qualche settimana prima, l’Assemblea generale della Cei aveva bocciato il Documento comune cattolici-battisti per il riconoscimento dei matrimoni interconfessionali tra membri delle due Chiese (v. Adista n. 47/08). Per la presidente si tratta solo di “un incidente che può essere superato”. Di seguito un’intervista alla stessa Maffei, riconfermata per il terzo biennio consecutivo alla guida della presidenza del Comitato esecutivo dell’Ucebi.

 

Partiamo dal motto dell’Assemblea: “Tu vieni e seguimi”. Perché avete scelto proprio questo passo evangelico?

La decisione di mettere al centro questa chiamata di Gesù “Tu vieni e seguimi” è derivata dall’esigenza - che noi sentiamo moltissimo - di una riconsacrazione al Signore delle nostre vite. Non solo all’interno delle nostre Chiese ma anche fuori: è il richiamo ad essere maggiormente presenti nella società, nei luoghi dell’emarginazione, a dare al Signore e alla Chiesa non le briciole del nostro tempo ma la decima o le primizie, se vogliamo utilizzare queste categorie vetero-testamentarie. “Vieni e seguimi” è anche una chiamata ad uscire dalle proprie sicurezze, una chiamata alla “precarietà”, tramite la quale è forse più facile rendersi conto della propria vocazione in seno ad una società che crea precarietà materiale e povertà.

 

A proposito della centralità delle questioni sociali che ha contraddistinto questo tipo di approccio, nel corso dell’Assemblea è stata anche approvata una mozione di solidarietà con il popolo rom…

Noi godiamo del privilegio di avere tra le nostre Chiese una piccola comunità rom residente a Dolo, vicino Venezia. Abbiamo quindi la possibilità di una testimonianza di prima mano del disagio e della frustrazione che si provano di fronte al pregiudizio e all’emarginazione; di fronte a quel meccanismo tipico del razzismo e dell’intolleranza che è rappresentato dall’attribuire a tutti una medesima etichetta, un medesimo stigma di condanna. La comunità di Dolo, che è poi una grande famiglia, è variamente collegata alle comunità di rom italiani e ci ha permesso di accogliere una serie di istanze che abbiamo poi inserito in questa delibera assembleare, sulla base della quale in futuro ci muoveremo.

 

Quali sono stati gli impegni su cui vi siete concentrati nel biennio appena trascorso (la precedente Assemblea Generale si era infatti svolta nel 2006) e quali sono i progetti per il prossimo biennio?

Nel passato biennio siamo stati soprattutto coinvolti nel “progetto Martin Luther King”, finalizzato a promuovere la memoria e il ricordo di questa straordinaria personalità della nostra storia e a diffondere così le tematiche al centro del suo impegno, tematiche come la lotta al razzismo, alla povertà, al militarismo e alla guerra. La forte motivazione di fede che è all’origine del modo con cui Luther King affrontava questi temi è proprio ciò che vorremmo rivivesse attraverso il suo ricordo: una fede che nulla ha a che fare con il fondamentalismo, ma si pone sempre in una relazione di dialogo; una fede calda, appassionata, fatta di canto, di preghiera, di impegno, di predicazione, di Parola di Dio. Questo progetto è stato portato avanti in quasi tutte le località dove siamo presenti e in tutte le principali città italiane attraverso iniziative all’interno delle chiese, ma anche in altri luoghi della società, come le scuole o le carceri.

Per il prossimo biennio abbiamo invece in programma la celebrazione del 400.esimo anniversario della fondazione della prima chiesa battista in Olanda, che cadrà nel 2009 e per il quale sono già previsti due importanti eventi: uno si svolgerà proprio in Olanda e avrà come tema principale la libertà religiosa, che è stata la bandiera di tutti i separatisti inglesi – compresi i battisti – quando nessuno ne parlava, 400 anni fa, e che ancora oggi in molte parti del mondo è bel lungi dall’essere garantita; l’altro evento si svolgerà a Roma e sarà una conferenza globale di “Battisti per la pace”, che si inserisce nelle iniziative per il decennio contro la violenza del movimento ecumenico, e che vedrà la partecipazione di attivisti di fede battista provenienti da ogni angolo del mondo.

 

Nell’Assemblea si è anche decisa la partecipazione delle Chiese battiste all’assegnazione dei fondi dell’8 per mille. In passato, invece, per ben tre volte i battisti si erano espressi in maniera contraria. Quali sono le ragioni di questo cambiamento di linea?

L’ultima volta che l’Assemblea si è espressa su questo argomento è stato nel ‘98, e allora era prevalso il ‘no’ per un solo voto. Questa volta ci sono stati 20 voti di scarto: che cosa è accaduto? Innanzitutto voglio precisare che le ragioni del ‘no’ erano e sono ben presenti anche a tutti quelli che si sono espressi per il ‘si’ e hanno così contribuito a cambiare la posizione della nostra Chiesa. Le ragioni del ‘no’ sono evidenti e sono quelle “storiche”: la Chiesa battista è sempre stata separatista, ha sempre voluto una netta divisione tra Stato e Chiesa e ha sempre affidato il proprio mantenimento alle offerte dei fedeli. Tali principi hanno anche informato la legge di intesa stipulata con lo Stato italiano. Abbiamo sempre considerato l’8xmille uno strumento attraverso il quale accordare una serie di privilegi alla Chiesa cattolica e per questo abbiamo sempre espresso una posizione contraria.

 

Ma le altre Chiese protestanti italiane hanno superato queste contrarietà di principio...

Appunto, altre Chiese sorelle con cui siamo molto in sintonia, come quella valdese e quella metodista, hanno invece fatto una scelta diversa, per quanto le loro decisioni siano state altrettanto tormentate della nostra. Hanno scelto di partecipare alla distribuzione dei fondi e di impiegare questi fondi per progetti di tipo umanitario, culturale e sociale e non per scopi confessionali, per il sostentamento dei pastori o il mantenimento delle chiese. Abbiamo visto, peraltro, che tali decisioni non hanno minimamente incrinato né il diritto né la pratica di criticare lo Stato e le sue scelte.

Questa gestione trasparente, democratica e aperta dell’8 per mille (tutti possono partecipare ai progetti dell’8 per mille “valdese”, non ci sono vincoli confessionali) ha portato loro una grande visibilità e numerosi consensi anche da parte di quei settori della società italiana da sempre impegnati nelle battaglie per la laicità. La nostra posizione, invece, è stata praticamente ignorata, anche perché non abbiamo voluto pubblicizzarla per evitare che suonasse come un’implicita critica a chi aveva scelto diversamente.

Credo che sia nel ragionamento dei valdesi, sia in quello che abbiamo svolto noi nell’ultima assemblea, sia infine negli argomenti circolati in molti ambienti laici, siano prevalse valutazioni all’insegna del “realismo politico”. Posto che è ben lungi dal realizzarsi un superamento della legge attuale; posto che la dichiarazione dei redditi comunque va compilata ogni anno; e posto che i fondi assegnati allo Stato tornano poi alla Chiesa cattolica o, peggio, vengono impiegati tragicamente per missioni militari (come si è visto grazie a recenti inchieste giornalistiche), posto tutto ciò, si è deciso di partecipare alla distribuzione dei fondi nonostante in linea di principio questo sistema ci ripugna. Infine vorrei precisare che, nonostante tutti i problemi economici che la nostra piccola comunità si trova ad affrontare, abbiamo voluto e saputo tener fermo il proposito che utilizzeremo questi soldi solo per scopi sociali e non per il nostro sostentamento.

 

La Cei ha recentemente bocciato il Documento comune sui matrimoni interconfessionali tra cattolici e membri della Chiesa battista in Italia, che invece voi avete approvato nel corso della vostra Assemblea generale. Ritiene che questa bocciatura da parte della Cei rappresenti un passo indietro nel dialogo ecumenico?

La nostra Assemblea ha voluto comunque lanciare un segnale di fiducia approvando il documento. Certamente ci è dispiaciuto per ciò che è accaduto alla Cei: la Chiesa cattolica passi avanti non ne sta facendo rispetto all’ecumenismo. Ma mons. Paglia (co-presidente della Commissione congiunta che ha redatto il documento, ndr) ci ha assicurato che l’incidente può essere superato. Aspettiamo; non moriremo. Per quanto ci riguarda, il problema del riconoscimento del sacramento non esiste perché per noi il matrimonio non è un sacramento. È una questione pastorale. Se la cosa viene intesa così, allora si fanno tutti i passi necessari per andare incontro alle coppie interconfessionali confessanti, che sono molte. Altrimenti ciascuno si assume la responsabilità della propria scelta. Non ci stracciamo le vesti. Aspettiamo fiduciosi che dall’altra parte si facciano tutti i passi necessari e crediamo in chi ci ha detto che è stato un incidente di percorso. (emilio carnevali)

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