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TESTAMENTO BIOLOGICO: BAGNASCO APRE UNO SPIRAGLIO, RUINI CHIUDE UN PORTONE

Tratto da: Adista Notizie n° 67 del 04/10/2008

34605. ROMA-ADISTA. “Non riteniamo necessaria una legislazione specifica, in quanto già da ora tutto ciò che riguarda il testamento biologico è previsto nel rapporto tra medico e paziente, che garantisce il porsi della libertà del paziente con la responsabilità del medico”: è quanto aveva dichiarato il 23 maggio del 2007, durante una conferenza stampa convocata al termine del Consiglio Permanente della Cei, il segretario generale dei vescovi italiani, mons. Giuseppe Betori. In quell’occasione Betori aveva anche aggiunto che il rapporto medico/paziente “non ha bisogno di ulteriori specificazioni, che potrebbero rivelarsi invece pericolose per lo scivolamento verso esiti di tipo eutanasico”. A scanso di equivoci, qualche mese più tardi, il 20 ottobre, in occasione delle Settimane Sociali, Betori aveva inoltre ribadito: “Meno legiferiamo sulla vita, meglio è. Lasciamo ai processi naturali, piuttosto che ai processi legislativi, stabilire che cos’è l’uomo, quando muore, quando nasce”.

Difficile oggi non vedere un cambiamento tra queste dichiarazioni e quanto detto nella sua prolusione al Consiglio Permanente della Cei, il 22 settembre scorso, dal presidente dei vescovi italiani, card. Angelo Bagnasco. “Si è imposta – ha detto l’arcivescovo di Genova – una riflessione nuova da parte del Parlamento nazionale, sollecitato a varare, si spera col concorso più ampio, una legge sul fine vita che - questa l’attesa ‑ riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell’ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito - fuori da gabbie burocratiche ‑ di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza”. “Dichiarazioni – ha precisato Bagnasco – che, in tale logica, non avranno la necessità di specificare alcunché sul piano dell’alimentazione e dell’idratazione, universalmente riconosciuti ormai come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi dalle terapie sanitarie. Una salvaguardia indispensabile, questa, se non si vuole aprire il varco a esiti agghiaccianti anche per altri gruppi di malati non in grado di esprimere deliberatamente ciò che vogliono per se stessi”.

Difficile definire le parole del cardinale come un’apertura al cosiddetto ‘testamento biologico’. Tanto più per i paletti posti da Bagnasco, in particolare l’assoluto rifiuto della possibilità di sospendere l’alimentazione e l’idratazione, considerate dalla Chiesa (ma non da gran parte del mondo medico) trattamenti ordinari, per così dire, e non terapeutici. Eppure, le parole del cardinale hanno scatenato una vera e propria tempesta nel mondo cattolico e non solo in quello: la risposta più pronta, e più critica, alla ‘apertura’ di Bagnasco è arrivata infatti dal Foglio di Giuliano Ferrara, notoriamente sensibile all’influenza del card. Camillo Ruini sui temi della bioetica. Il 23 settembre, in un editoriale, il presidente dei vescovi veniva così attaccato: “Eminentissimo e reverendissimo cardinal Bagnasco, stavolta non siamo proprio d'accordo”: il suo discorso dà “l'impressione di una rinuncia” o, meglio, “di una risposta intimidita e confusa a una cultura postmoderna che si mangiucchia pezzo per pezzo non tanto, ciò che non è la nostra specialità, la dottrina della chiesa, quanto ciò che resta della resistenza culturale al relativismo soggettivista”.

La reazione di Avvenire all’inizio è stata piuttosto blanda: il 24 settembre un editoriale firmato da Francesco Ognibene e pubblicato a pagina 2 affermava: “Forse stavolta l’amico Ferrara – quasi sempre capace di leggere in tema di bioetica là dove gli altri stentano ad arrivare – non ha capito bene”. Il giorno dopo l’apparato della Cei scendeva in campo con tutta la sua forza: sempre su Avvenire, questa volta in prima pagina in un editoriale firmato da Francesco D’Agostino, ‘interpretava’ l’apertura di Bagnasco come una “reazione” alla “infausta decisione” della Corte di Cassazione sul caso di Eluana Englaro, che aveva aperto le porte alla sentenza della Corte d’Appello di Milano secondo la quale il padre di Eluana, Beppino Englaro, sarebbe stato autorizzato a sospendere alimentazione e idratazione della figlia. E lo stesso giorno, sullo stesso giornale, il predecessore di Bagnasco, il card. Ruini, fissava la linea una volta per tutte: “È del tutto fuorviante interpretare le parole della prolusione del cardinale Bagnasco come se potessero rappresentare un cambiamento su questo punto. È vero esattamente il contrario: l'apertura a una legge ha il solo scopo di evitare un tale cambiamento”. (a. s.)

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