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MEGLIO NON ESALTARE LA FIGURA DI ROMERO: IL NUOVO ARCIVESCOVO DI SAN SALVADOR SULLA SCIA DEL VECCHIO

Tratto da: Adista Notizie n° 4 del 17/01/2009

34786. SAN SALVADOR-ADISTA. Ai 285 preti salvadoregni - che all’inizio del 2008, dopo la rinuncia per raggiunti limiti di età dell’opusdeista mons. Fernando Sáenz Lacalle,  avevano scritto al prefetto della Congregazione per i vescovi, card. Giovanni Battista Re, per tracciare il profilo ideale del nuovo arcivescovo di San Salvador (v. Adista n. 14/08) - la nomina, lo scorso 27 dicembre, di mons. José Luis Escobar Alas alla cattedra che fu di Oscar Romero deve essere sembrata una presa in giro. È vero che il successore di Sáenz Lacalle è, come avevano chiesto i preti, salvadoregno di nascita, appartenente al clero diocesano e persino in possesso di una certa esperienza di lavoro pastorale parrocchiale, ma sugli altri due decisivi requisiti richiesti - una spiccata sensibilità verso i poveri e gli esclusi e una spiritualità di comunione - il nuovo arcivescovo lascia a desiderare esattamente come chi lo ha preceduto.

Dopo lo shock provocato dalla nomina, nell’aprile del 1995, di un membro dell’Opus Dei in sostituzione di mons. Arturo Rivera y Damas, scomparso nel novembre dell’anno precedente (a sua volta successore del grande profeta e martire Oscar Romero), una nuova cocente delusione investe dunque il popolo cristiano salvadoregno, che, come già nel 1995, avrebbe invece scelto come proprio arcivescovo mons. Gregorio Rosa Chávez, per la seconda volta silurato dal Vaticano. Consacrato vescovo nel 2002, José Luis Escobar Alas, classe ‘59 (dunque con più di 25 anni di ministero episcopale davanti a sé) è stato nominato nel 2005 vescovo di San Vicente, la diocesi guidata, prima di lui, da appena altri due vescovi: l’ormai scomparso mons. Oscar Arnoldo Aparicio Quintanilla, implacabile avversario di Oscar Romero, non a caso ribattezzato dal popolo Tamagás, dal nome di un serpente velenoso, e mons. José Oscar Barahona Castillo, anche lui perfettamente allineato alla destra. E uomo vicino alla destra è ritenuto anche il neoarcivescovo, la cui nomina è stata salutata con grande soddisfazione dal partito Arena (il partito di governo fondato dal maggiore Roberto D’Aubuisson, riconosciuto come mandante dell’omicidio di Romero), per quanto le preferenze della destra andassero piuttosto al vescovo di Santa Ana mons. Romeo Tobar Astorga, legato a doppio filo alle élite e noto detrattore di mons. Romero, o all’attuale ordinario militare, mons. Fabio Reynaldo Colindres Abarca. “Mons. Alas – ha commentato il presidente Elías Antonio Saca – è un uomo profondamente spirituale ed è un uomo umile. Dobbiamo sentirci molto contenti della nomina dell’arcivescovo. Giocherà un ruolo conciliatore su diversi temi”.  Il miglior biglietto da visita di mons. Escobar Alas, il cui insediamento è previsto per il 14 febbraio, lo ha offerto comunque lo stesso arcivescovo, in un’intervista trasmessa dalla televisione il 31 dicembre, quando, a proposito di mons. Romero, ha chiesto ai salvadoregni di non esaltarne la figura, per non ostacolare il processo di beatificazione avviato a Roma nell’ormai lontano 1996, dopo la chiusura della fase diocesana (v. Adista n. 29/08): concetto, questo, estremamente caro anche a mons. Sáenz Lacalle, che non ha mai perso occasione per ribadirlo (v. Adista nn. 27 e 73/07). “Sarebbe bene – ha detto Escobar Alas, con ciò esprimendosi inequivocabilmente sulla incontenibile venerazione popolare per San Romero d’America – non menzionarlo, non esaltarlo, non attaccarlo e lasciarlo in pace. So che molte persone lo fanno con tanto affetto, con tenerezza, pensando magari che, esprimendosi a suo favore, sia possibile agevolarne la canonizzazione, ma è esattamente il contrario”.

Non ha mancato ovviamente il neoeletto arcivescovo di menzionare i poveri, che, ha spiegato in un incontro con i giornalisti, egli vorrebbe “aiutare in una maniera concreta, seguendo quanto espresso da papa Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est”, né di sottolineare la “situazione complessa e difficile” vissuta dal piccolo Paese centroamericano, in piena campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento il 18 gennaio e per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica il 15 marzo: elezione che, stando a tutti i sondaggi - secondo i quali il candidato alla presidenza per il Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmln), Mauricio Funes, è in vantaggio di circa 20 punti sul rivale di Arena Rodrigo Ávila - potrebbe segnare una storica svolta per il Paese. Dopo aver ricordato che la Chiesa offrirà “tutti gli orientamenti necessari illuminando la realtà a partire dal Vangelo”, il nuovo arcivescovo ha infine espresso il suo desiderio di “servire tutti, indipendentemente dalle loro appartenenze sociali e politiche, oltre le loro differenze economiche o di età” e di “portare avanti la linea di mons. Fernando Sáenz Lacalle e le cose buone che ha fatto e fa per il Paese”. (claudia fanti)

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