UNA FEDE “CECA”. NEL PAESE PIÙ SECOLARIZZATO DELL’EST EUROPA, IL PAPA CELEBRA LA VITTORIA DI PIRRO SUL COMUNISMO
Tratto da: Adista Notizie n° 99 del 10/10/2009
35214. ROMA-ADISTA. Era cominciato con un episodio particolarmente significativo il viaggio del papa nella Repubblica Ceca: il 26 settembre, all’aeroporto di Ciampino, a salutare Benedetto XVI in partenza per Praga c’era il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che aveva a tutti i costi voluto anticipare il suo rientro dal G20 di Pittsbugh per farsi vedere a fianco del papa. Ogni volta che il papa parte o arriva all’aeroporto di Ciampino, è usanza che a riceverlo ci sia un membro del governo italiano. Ma la presenza del presidente del Consiglio in persona, accompagnato dal sottosegretario (e fido tessitore dei rapporti con la gerarchia ecclesiastica) Gianni Letta aveva il sapore dell’eccezionalità. A sottolineare una volta di più la volontà di Berlusconi di rappresentare sé e il suo governo come devoti difensori dei vertici della Chiesa. E quella del Vaticano (con cui l’incontro era stato concordato) di confermare stima e fiducia al presidente del Consiglio ed al suo esecutivo. E infatti il papa ha accolto l’arrivo di Berlusconi con un “che gioia vederla!”, che la dice lunga sulla presunta “crisi” nei rapporti tra governo e vertici ecclesiastici che sarebbe seguita al caso Boffo. Altrettanto significativo, il colloquio, avvenuto poco prima della partenza dell’aereo papale, tra Berlusconi e il Segretario di Stato vaticano, il card. Tarcisio Bertone, anche lui desideroso di accreditarsi di fronte all’opinione pubblica come unico vero interlocutore ecclesiastico con le istituzioni italiane, soppiantando definitivamente il ruolo svolto dalla Cei del card. Camillo Ruini. Difficile poi non pensare che durante il colloquio tra il Segretario di Stato Vaticano e il premier non si sia parlato dei temi “eticamente sensibili” al centro del dibattito politico, come la pillola Ru486 e la legge sul testamento biologico, anche se il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi si è affrettato a dire che i temi trattati sono stati solo la crisi economica e il G20 appena concluso.
Il comunismo perde, la Chiesa non vince
Dopo l’incontro con Berlusconi, il papa è partito per la sua tredicesima visita pastorale fuori dal territorio italiano. I tre giorni in Repubblica Ceca costituivano per Benedetto XVI un’occasione particolarmente propizia: un papa tedesco nell'Europa dell'Est a vent'anni dalla caduta del muro di Berlino, inizio dell’implosione del socialismo reale. Un modo per celebrare il trionfo della fede sull’ateismo, della Chiesa cattolica contro i regimi che l’hanno emarginata dalla sfera sociale e politica. Ma la situazione nei Paesi dell’Est non è quella che a suo tempo Wojtyla aveva sperato. In Repubblica Ceca, ad esempio, due terzi dei cittadini, si dichiara non credente. E anche tra i credenti molti non sono praticanti: su un totale di circa 10 milioni di cechi, la percentuale dei partecipanti alla messa domenicale è stimata tra il 2 e il 4%.
Così, nonostante il papa, durante la messa celebrata il 28 settembre a Stara Boleslav (nella città in cui fu ucciso il patrono dei cechi, san Venceslao) si sia rivolto alla folla presente affermando che la caduta del comunismo, che aveva cercato di cancellare la religione, era la prova che Dio non può essere escluso dalla vita pubblica, per la Chiesa la realtà postcomunista si è rivelata assai più difficile del previsto. Oltre alla difficoltà di fare breccia all’interno di una Paese fortemente secolarizzato, ci sono anche rapporti con le istituzioni ancora piuttosto tiepidi: lo Stato ceco non ha firmato Concordati o Intese con la Chiesa cattolica (l’unico tra i Paesi ex sovietici: l’attuale primate della Chiesa ceca, il card. Vaclav Maly, ha recentemente dichiarato l’intenzione di dimettersi perché l’obiettivo del Concordato che lui si era dato come ineludibile per il suo mandato, è fallito). Inoltre, il Partito dei popolari cattolici, su cui la Chiesa puntava molto e che aveva contribuito in maniera determinante all’elezione a presidente della Repubblica di Vaclav Klaus, è ora fuori dal governo e si è scisso. E c’è in piedi l’importante questione della restituzione dei beni ecclesiastici confiscati dal regime. Un tesoro che la Chiesa reclama, ma su cui il governo ceco non ha finora voluto negoziare (durante la visita, il primo ministro ceco, Jan Fischer, e il card. Tarcisio Bertone, considerando anche la difficile crisi economica che attraversa il Paese, si sono trovati d'accordo nell'accantonare, almeno per il momento, la questione).
Così, come ampiamente previsto, a salutare il papa che durante il suo viaggio in aereo ha condannato il totalitarismo comunista (una “dittatura basata sulla menzogna”, “una falsa ideologia di oppressione e di ingiustizia”), non ci sono state folle oceaniche. L’accoglienza per le vie di Praga è stata piuttosto ‘freddina’: niente bandiere, né striscioni, né lacrime di commozione o folla urlante; niente, insomma, della usuale scenografia che aveva fatto da sfondo a tanti viaggi di Giovanni Paolo II.
Così, piuttosto che insistere nel celebrare quella che anno dopo anno risulta sempre più essersi rivelata una “vittoria di Pirro”, durante la sua permanenza il papa ha insistito soprattutto sulla “crisi di valori” del Vecchio Continente, dove “i cristiani devono farsi sentire, anche nel dibattito pubblico, per annunciare la Verità, ma soprattutto per rinsaldare le radici cristiane”.
Europa, ascolta te stessa
Nel pomeriggio del 26 settembre il papa si è incontrato con i rappresentanti delle altre religioni. Nella Sala del Trono dell'arcivescovado ha ricevuto gli esponenti del Consiglio Ecumenico delle Chiese della Repubblica Ceca, ai quali ha ricordato i “tentativi tesi a marginalizzare l’influsso del cristianesimo nella vita pubblica, talora sotto il pretesto che i suoi insegnamenti sono dannosi al benessere della società”. “Quando l’Europa si pone in ascolto della storia del cristianesimo, ascolta la sua stessa storia”, ha spiegato il papa, perché “le sue nozioni di giustizia, libertà e responsabilità sociale, assieme alle istituzioni culturali e giuridiche stabilite per difendere queste idee e trasmetterle alle generazioni future, sono plasmate dalla sua eredità cristiana”.
Subito dopo, l'incontro con i rettori e docenti degli atenei cechi riuniti nella Sala del Trono del Castello di Praga. Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione sulla “grande tradizione formativa, aperta al trascendente, che è all'origine delle università in tutta Europa” e che è stata “sistematicamente sovvertita, qui in questa terra e altrove, dalla riduttiva ideologia del materialismo, dalla repressione della religione e dall'oppressione dello spirito umano”. Fantasmi di un passato che potrebbe tornare, grazie all'avanzare nel mondo della cultura e delle università di un relativismo ‘camuffato’ da dialogo: “Coloro che propongono questa esclusione positivistica del divino dall'universalità della ragione non solo negano quella che è una delle più profonde convinzioni dei credenti: essi - osserva - finiscono per contrastare proprio quel dialogo delle culture che loro stessi propongono”. Così, ha aggiunto, “una comprensione della ragione sorda al Divino, che relega le religioni nel regno delle subculture, è incapace di entrare in quel dialogo delle culture di cui il nostro mondo ha urgente bisogno”. Concetti ribaditi nel corso dei vespri in Cattedrale, durante i quali il papa ha parlato di una società oggi “spesso affascinata dalla moderna mentalità del consumismo edonista, con una pericolosa crisi i valori umani e religiosi e la deriva di un dilagante relativismo etico e culturale”.
Una questione di credibilità
Per trovare un po' di calore, dopo l'indifferenza dei praghesi, Ratzinger, nel suo secondo giorno di visita, si è recato, a Brno, cuore della Moldavia, regione di antiche tradizioni religiose, ma soprattutto regione al confine della cattolicissima Polonia da dove, per l'occasione, sono state fatte arrivare folle entusiaste di papaboys. A loro il papa ha ribadito la necessità di non relegare la fede sul “piano privato”: “L'uomo ha bisogno di essere liberato non solo dalle oppressioni materiali”, ma anche dai mali profondi che “affliggono lo spirito”. Esistono tante forme di povertà originate dall'isolamento, dal non essere amati, dal rifiuto di Dio e da una “originaria tragica chiusura dell'uomo che pensa di poter bastare a se stesso, oppure di essere solo un fatto insignificante e passeggero”. Ciò produce alienazione. “Solo Cristo può essere la nostra certa speranza”.
Il giorno successivo Benedetto XVI è giunto nella chiesa di San Venceslao a Stara Boleslav, cittadina ad una trentina di chilometri da Praga, per pregare sulle reliquie del patrono della Nazione ceca. Parlando del re di Boemia, considerato un modello di monarca cristiano il papa ha detto che l’esempio dei santi “incoraggia chi si dice cristiano ad essere credibile, cioè coerente con i principi e la fede che professa. Non basta infatti apparire buoni e onesti, occorre esserlo realmente”. Parole che sono state rilanciate da alcune agenzie italiane come riferite agli uomini politici. In realtà, Benedetto XVI non ha mai usato la parola “governanti” né “responsabili politici”. “Si è rivolto a tutti”, ha prontamente fatto notare il direttore della Sala Stampa vaticana Lombardi, e “occorre attenersi fedelmente al testo del suo intervento”. Insomma, nessun riferimento a Berlusconi ed alla situazione politica italiana.
Ferite aperte. Dibattito chiuso
Nessun riferimento, a fronte di tanto zelo profuso nel censurare i crimini del comunismo, neppure al ruolo di mons. Jozef Tiso prete cattolico, deputato dell’allora Repubblica cecoslovacca, poi membro del governo e, infine, dopo l'invasione nazista e l'annessione della Boemia e Moravia al Terzo Reich, Presidente del Consiglio della “Repubblica indipendente slovacca”, che divenne stretta alleata degli Stati dell'Asse. Corresponsabile della deportazione e sterminio di 58mila ebrei (il 75% degli ebrei slovacchi), dopo la Seconda Guerra Mondiale fu condannato e impiccato con l'accusa di alto tradimento.
Altra questione su cui il papa ha sorvolato, è la questione della comunità rom ceca, che aveva colto l'occasione della visita del papa a Praga per dichiarare, in una nota pubblicata dall’agenzia ceca Ctk, di essere rimasto “deluso” dal fatto che “la Chiesa cattolica e papa Benedetto XVI non si siano adoperati a tutela dei rom, vittime di un’ondata di violenza da parte dei neonazisti”. Il movimento rom ha ricordato di essersi rivolto al papa nella scorsa primavera chiedendo l’apertura di un dibattito sulla situazione dei rom in Europa. Poi - aggiunge la nota - all’inizio di settembre i rom cechi avevano chiesto di poter incontrare il papa in occasione della sua visita apostolica, ma il loro rappresentante, Vaclav Miko, ha riferito di aver ricevuto una risposta negativa. (valerio gigante)
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