LA CHIESA ROMANA ACCOGLIE IL DISSENSO. QUELLO DEGLI ANGLICANI TRADIZIONALISTI
Tratto da: Adista Notizie n° 108 del 31/10/2009
35252. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. A Roma è tempo di braccia aperte. Ma solo a destra, a quanto sembra: oltre al dialogo avviato in questi giorni con gli scismatici lefebvriani in vista di una loro reintegrazione (v. notizia su questo stesso numero), il Vaticano ha infatti deciso di fare posto, nella Chiesa cattolica, agli anglicani tradizionalisti che hanno chiesto di esservi accolti. Il 20 ottobre scorso è stata annunciata la creazione di Ordinariati personali guidati da un vescovo per quegli anglicani che - riuniti sotto il cartello della Anglican Traditional Communion, soprattutto in seguito agli ultimi controversi sviluppi in alcune province anglicane (sacerdozio ed episcopato alle donne e ai gay, benedizione delle unioni omosessuali) - hanno chiesto già da qualche anno di entrare nella piena comunione con la Chiesa cattolica. Questa disposizione è contenuta in una Costituzione Apostolica che sarà pubblicata prossimamente (si parla dei primi di novembre). Il provvedimento, presentato in conferenza stampa dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede card. William Levada, insieme al segretario mons. Augustine Di Noia, segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha preso in contropiede tanto il mondo cattolico quanto quello anglicano: se, infatti, negli anni passati sono stati autorizzati passaggi individuali nella Chiesa cattolica, specialmente in seguito alla decisione di far accedere le donne al sacerdozio, che tanto malcontento creò in seno all’ala più conservatrice della Chiesa anglicana, in questo caso la prospettiva è quella di un passaggio di interi gruppi o diocesi. Il provvedimento è giunto a sorpresa, mettendo in serio disagio sia l’arcivescovo cattolico di Westminster mons. Vincent Nichols, che il primate della Chiesa anglicana Rowan Williams, che da molto tempo sta tentando di salvare la Comunione anglicana dalla minaccia di uno scisma interno (ultimo, in ordine di tempo, l’intervento di Williams del luglio scorso, v. Adista n. 91/09), per le logoranti tensioni che allontanano ogni giorno di più le diverse anime dell’anglicanesimo. In una lettera scritta a vescovi e clero, Williams rivela tutto il suo sconcerto: “Mi dispiace – scrive – che non vi sia stata l’opportunità di avvertirvi prima. Io stesso sono stato informato di questo annuncio molto tardi”.
Lo stesso 20 ottobre, in un comunicato stampa congiunto – evento, questo, del tutto singolare – i due leader religiosi inglesi hanno però cercato di dissimulare la propria sorpresa, affermando che “la Costituzione apostolica è un’ulteriore riconoscimento della sovrapposizione sostanziale tra Chiesa cattolica e tradizione anglicana per quanto riguarda la fede, la dottrina, e la spiritualità” e definendo il documento vaticano “conseguenza del dialogo ecumenico” condotto tra le due confessioni nel corso degli anni. Gli anglicani che “passano” alla Chiesa cattolica – spiegano i due arcivescovi – “desiderano dichiarare che condividono una comune fede cattolica e accettano il ministero petrino così come voluto da Cristo per la sua Chiesa”: espressione, questa, che ha fatto fare un balzo sulla sedia a più di un anglicano, che vi ha visto una “capitolazione” di Williams al papa. Ma per Williams l’annuncio del Vaticano non cambia le carte in tavola con la Chiesa cattolica: questo sviluppo non è, ha scritto nella lettera prima citata, “tesa a minacciare le relazioni esistenti tra le nostre due comunioni e non è un atto di proselitismo o di aggressione”; sarebbe un grave errore, inoltre, considerarlo una risposta alle difficoltà all’interno della Chiesa anglicana. È rivolto, invece, a persone che avevano già “raggiunto la convinzione, in coscienza, che l’unità visibile con la Chiesa cattolica era ciò a cui Dio li stava chiamando”.
La Nota vaticana diffusa il 20 ottobre spiega in sintesi la natura dell’Ordinariato personale: “In questa Costituzione Apostolica - vi si legge - il Santo Padre ha introdotto una struttura canonica che provvede ad una tale riunione corporativa tramite l’istituzione di Ordinariati Personali, che permetteranno ai fedeli già anglicani di entrare nella piena comunione con la Chiesa Cattolica, conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano”. Concretamente, essa prevede “la possibilità dell’ordinazione di chierici sposati già anglicani come sacerdoti cattolici”, anche se, per ragioni storiche che abbracciano tanto la Chiesa cattolica quanto quella ortodossa, l’Ordinario dovrà essere un sacerdote o un vescovo non sposato (e dunque non potrà esserlo l’attuale leader della Traditional Anglican Communion, il vescovo anglicano australiano John Hepworth, ex prete cattolico, sposato due volte). Quanto ai seminaristi, essi potranno ricevere la loro formazione accanto a quelli cattolici oppure in istituti separati.
Gli Ordinariati, si legge nella Nota, saranno istituiti previa consultazione con le Conferenze episcopali dei singoli Paesi e avranno una struttura simile a quella degli Ordinariati militari, senza chiedere la rinuncia ad un carattere prettamente anglicano nella spiritualità e nella liturgia: essa darà ai membri, ha garantito Levada, “l’opportunità di preservare quelle tradizioni anglicane che sono preziose per loro e conformi con la fede cattolica. In quanto esprimono in un modo distinto la fede professata comunemente, tali tradizioni sono un dono da condividere nella Chiesa universale. L’unione con la Chiesa non richiede l’uniformità che ignora le diversità culturali, come dimostra la storia del cristianesimo”.
Intanto, anche la Chiesa ortodossa in Italia, sulla scia della decisione presa dal Vaticano, ha deciso, “a fronte delle diverse sollecitazioni pervenute da membri di comunità anglicane e vetero‑cattoliche italiane ed europee”, di avviare una pastorale per quei cristiani provenienti dall’anglicanesimo e dal vetero‑cattolicesimo che desiderino ritornare all’Ortodossi a. In una nota del 22 ottobre scorso, il Metropolita Basilio, primate della Chiesa ortodossa italiana, ricorda che “le Chiese ortodosse mantengono la piena successione apostolica e da sempre ammettono gli uomini sposati al sacerdozio: molte comunità di origine anglicana e vetero‑cattolica sono rette da chierici sposati, che pertanto non avrebbe difficoltà a sottostare alla disciplina seguita anche dalla Chiesa ortodossa in Italia”. (ludovica eugenio)
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