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IL NO AL NUCLEARE NON È NEGOZIABILE. LETTERA DI ASSOCIAZIONI CREMONESI AI VESCOVI LOMBARDI

Tratto da: Adista Notizie n° 19 del 12/03/2011

36035. CREMONA-ADISTA. Una lettera per denunciare il rischio del ritorno all’energia nucleare nel nostro Paese e per sollecitare un impegno educativo e culturale che promuova il risparmio energetico e le energie rinnovabili, nonché una maggiore consapevolezza sulle alternative possibili, e già disponibili, all’atomo, alla luce dei principi del Magistero Sociale. L’hanno scritta al Presidente della Conferenza Episcopale Lombarda cardinale Dionigi Tettamanzi, al Vescovo della Diocesi di Cremona mons. Dante Lafranconi ed a tutti i  Vescovi della Lombardia le Acli provinciali di Cremona e CreaFuturo, un cartello che da circa un anno raccoglie 13 associazioni cremonesi impegnate contro il nucleare, tra cui Arci, Cgil, Legambiente, Medici per l’Ambiente, Pax Christi, Rete Lilliput.

L’iniziativa, presentata il 23 febbraio scorso presso il Centro Pastorale Diocesano di Cremona, cerca di accendere i riflettori, anche nella Chiesa, sulle importanti questioni etiche che il Piano nucleare italiano solleva in relazione alla costruzione del consenso, ai principi di difesa della vita delle persone e dell’ambiente, ai processi decisionali che vengono sottratti ai territori e alle autonomie locali (tra le procedure previste per favorire la collocazione di nuove centrali nucleari sul territorio italiano viene prevista la misura del commissariamento degli Enti locali che si opporranno a tale decisione), al modello di sviluppo che  introduce e alle sue conseguenze. Sullo sfondo, la concreta possibilità che le nuove centrali nucleari vengano costruite sulle rive del Po. Alla conferenza stampa sono intervenuti Giovanni Battista Brunati, presidente Acli Provinciali; la vicepresidente, Carla Bellani; don Bruno Bignami, docente di Teologia Morale; mons. Vincenzo Rini, direttore del settimanale diocesano Vita Cattolica; Marco Pezzoni, coordinatore di CreaFuturo,

«Come coordinamento di associazioni presenti in provincia di Cremona, Mantova, Lodi e Piacenza  siamo entrati in un rapporto di dialogo e collaborazione su questi temi con una rete di oltre 30 Comuni  situati lungo il fiume Po», scrivono nella lettera. «E abbiamo avvertito crescere nel tempo le preoccupazioni delle popolazioni locali in merito alla decisione di rilanciare il nucleare». Per questo i vescovi vengo sollecitati «ad una presa di posizione, non solo perché – affermano le associazioni nella loro lettera – siamo convinti che il cristianesimo, come del resto tutte le religioni, abbia una legittima dimensione pubblica, ma perché concepiamo “le teologie dell’ambiente come processi di ecclesiogenesi e di discernimento comune” (Jacques Haers, Lovanio)».  E poi, prosegue la lettera, «sentiamo la solitudine e la debolezza delle nostre comunità locali, prive e private per Legge di un vero potere contrattuale». Territori, quelli della Pianura, «dove già si patiscono gli effetti di impianti che danneggiano i suoli e inquinano acqua e aria. Territori che avrebbero bisogno di ampie bonifiche e non di ulteriori carichi sugli ecosistemi. Territori la cui fragilità, come ha dimostrato l’alluvione in Veneto, richiederebbero “cura”, riassetto idrogeologico, prevenzione e non mega-impianti imposti con la logica e la forza dell’ordine pubblico».

Ma la forza delle proprie ragioni, oggi, non sembra avere alcuna efficacia: «Di fronte al Moloch nucleare, ci sentiamo  come Davide che affronta il gigante Golia senza nemmeno la fionda!». Ma la questione del nucleare non può lasciare nessuno indifferente. Tanto meno la Chiesa e i cattolici. Così, se  da un lato le associazioni rivendicano il loro «impegno per la difesa della vita – valore non negoziabile – anche sulla frontiera delle tecnologie energetiche», dall’altro rilanciano ai vescovi l’appello «a difendere i beni naturali che sono beni comuni e l’humus della vita stessa»: «Se è vero che né corona né scettro esonerano l’uomo dall’obbedire alla legge morale – spiegano infatti – troppo spesso la vita concreta degli individui e della società risponde unicamente alla logica dei rapporti di forza che riesce addirittura a manipolare i dati reali. Ma è proprio allora che la comunità locale ha più bisogno di una guida, di una autorità che sappia assumersi la responsabilità del giudizio profetico sulla ingiusta ripartizione dei rischi umani e ambientali, sul tasso di violenza e insicurezza portato dall’attuale tecnologia nucleare, sull’autentico sviluppo».

Abbiamo quindi bisogno – concludono – «di parole di verità, di prese di posizione a favore di un orientamento economico-sociale  che non generi paura e subalternità  ma che sia  fonte di benessere per tutti, che garantisca una vita buona e pace tra le persone, i popoli e l’ambiente». Soprattutto, «abbiamo bisogno di educazione alla nonviolenza e di coscienze denuclearizzate». (valerio gigante)

 

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