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L’ARMATA BIANCA-BERTONE. NUOVE PROVE DI VECCHIO CENTRO

Tratto da: Adista Notizie n° 57 del 23/07/2011

36239. ROMA-ADISTA. È rimasto alla finestra per un bel po’. Poi, però, considerando l’attivismo degli altri e l’importanza delle questioni in ballo, il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, è sceso di nuovo in campo, su tutti i fronti: economico, sanitario (v. notizie successive) e, ovviamente, politico. Tanto da suscitare l’irritazione della Conferenza episcopale italiana che, per mezzo del direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, don Domenico Pompili – solitamente assai riservato –, ha giudicato il movimentismo di Bertone «un’ingerenza vaticana nelle cose di competenza della Chiesa italiana» e ha invitato le associazioni cattoliche «a non accogliere» gli inviti di Bertone.

È in atto, insomma, una vera e propria competizione fra Cei e Segreteria di Stato – avviata, del resto, dallo stesso Bertone più di quattro anni fa, quando fece capire al neoeletto presidente della Cei Angelo Bagnasco, successore di Ruini, che di politica si sarebbe occupata la Segreteria di Stato, ovvero se stesso (v. notizia successiva) – per tentare di conquistare la guida della costruzione di un nuovo centro, o più probabilmente del nuovo centro-destra post-berlusconiano e maggiormente ancorato al Partito popolare europeo.

Si è mossa per prima la Cei con il suo segretario, mons. Mariano Crociata, che alla fine di maggio, partecipando al convegno «Cattolici e cattolici a confronto», ha rilanciato l’idea del partito unico dei cattolici (v. Adista n. 51/11). Il quotidiano dei vescovi Avvenire, poi, ha benedetto Angelino Alfano, nuovo segretario di un Popolo della libertà «nel segno del Partito popolare europeo», con un editoriale di Sergio Soave (2/7): «Se Alfano saprà fare e se Berlusconi lo lascerà fare, la scommessa non è persa in partenza». E il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, in visita a Melfi (Pz), ha ribadito la necessità della «unità politica dei cattolici» sulla base dei «valori non negoziabili» tanto declamati dal centro-destra.

Bertone non poteva rimanere a guardare, anche se, piuttosto che spendersi in prima persona, ha preferito mandare avanti mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, anch’egli salesiano, come il segretario di Stato, che lo ha prima portato in Vaticano e poi consacrato vescovo. Toso ha animato una serie di incontri, riservati e no – alcuni dei quali si sono svolti nella salesiana basilica del Sacro Cuore di Roma, a due passi dalla stazione Termini –, a cui hanno partecipato politici centristi di entrambi gli schieramenti, tranne quelli della sinistra del Partito democratico (Buttiglione, Fioroni, Binetti, Cesa, Pisanu, Pezzotta, Bobba), e rappresentanti dell’associazionismo cattolico, dalle Acli all’Azione Cattolica, da Rinnovamento dello Spirito alla Cisl, dalla Compagnia delle Opere a Comunione e Liberazione, da Confcooperative al Movimento dei Focolari. All’ordine del giorno la costruzione del partito dei cattolici, come ha detto chiaramente mons. Toso durante l’ultimo dei questi incontri, lo scorso 14 luglio, nella sede di Confcooperative, promosso dalla rivista dell’istituto Giuseppe Toniolo La società: «Decretare che, dopo il Concilio Vaticano II, è improponibile la nascita di partiti cattolici significa perpetrare uno scippo ed emettere una sentenza di condanna nei confronti del laicato cattolico che sarebbe così costretto ad aderire solo ai partiti che fondano gli altri». È finito il tempo della Dc, spiega, ma anche quello della diaspora; si tratta quindi di «elaborare nuovi codici programmatici e poi veri e propri programmi di partito», trasformando in «progettualità politica il Compendio della Dottrina sociale cattolica», perché non basta più la sola «unione morale degli intenti», ma è necessaria una vera e propria unità partitica, capace di superare i «partiti personali». Traducendo: rifondare il centro, o il centro-destra, senza più Berlusconi. (luca kocci)

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