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PER UNA NUOVA PRIMAVERA ECCLESIALE

Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 15/09/2012

In pochi, qualche decennio fa, avrebbero potuto immaginare che, a 50 anni di distanza, il Concilio e le sue interpretazioni sarebbero state uno dei temi più controversi e discussi all’interno della Chiesa. In realtà, in un Paese in cui ancora non si trova un terreno comune di discussione nemmeno sul fascismo e sulla Resistenza, un fatto del genere non dovrebbe stupire più di tanto: dividono tutte quelle questioni, circostanze ed eventi storici la cui lettura è funzionale ad un loro diverso uso politico.

E il Concilio è tra questi. Da parte vaticana, infatti, sono evidenti i tentativi di ripensarlo nei termini della continuità e non della discontinuità con il passato “tridentino” della Chiesa, occultandone così l’evidente cesura su materie come la libertà religiosa, il rapporto Chiesa-mondo, l’ecumenismo, la pace, la collegialità,  il ruolo dei laici e delle donne, che hanno costituito l’asse portante del processo di trasformazione (tentato e in gran parte non riuscito) di un assetto di potere rimasto sostanzialmente immutato dai tempi del Concilio di Trento.

Adista, che su questi temi non è e non può essere “neutrale”, in occasione del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II propone alla riflessione dei suoi lettori una serie di contributi che – in disaccordo con il revisionismo attuale – cercano non solo di ricostruire la temperie culturale ed ecclesiale che ha preceduto, attraversato e seguito quello straordinario evento, ma soprattutto intendono sostenere e rilanciare le ragioni di quanti oggi assumono sulle loro spalle il compito di portare a più pieno compimento quella intensa stagione di “primavera” ecclesiale.

Ad introdurre lo speciale, un saggio di Giulio Girardi – l’ultimo da lui pubblicato, all’inizio del 2006 – che costituisce un’originale ed interessante chiave di lettura delle dinamiche innescate a partire dal Vaticano II, oltre che il doveroso omaggio ad uno dei testimoni, tra i più osteggiati ed emarginati dall’establishment ecclesiastico, di quella Chiesa “altra” che alla profezia del Concilio intese e intende dare corpo e voce.

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