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Se solo osassimo lasciarci andare

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 17 del 04/05/2013

Una fiaba racconta: «C’era una volta un villaggio di creature che vivevano nel fondo di un gran fiume di cristallo. La corrente del fiume scorreva silenziosamente su tutte le creature, giovani e vecchie, ricche e povere, buone e malvagie, in quanto la corrente seguiva il suo corso, conscia soltanto della propria essenza di cristallo. Ogni creatura si avvinghiava strettamente, come poteva, alle radici e ai sassi del letto del fiume, poiché avvinghiarsi era il loro modo di vivere, e opporre resistenza alla corrente era ciò che ognuna di esse aveva imparato sin dalla nascita». Anche noi italiani, con la rielezione a Presidente della Repubblica di Giorgio Napolitano, abbiamo deciso di “opporre resistenza alla corrente” di un reale cambiamento, abbiamo scelto di vivere tristemente avvinghiati alle certezze del passato, ai grovigli dei bui fondali della politica di sempre, alla Costituzione ridotta a un macigno immobile e che immobilizza.
Se avessi avuto un articolo scritto sette anni fa per la prima elezione di Giorgio Napolitano, avrei potuto riciclarlo con pochi aggiustamenti; uno in particolare: se sette anni fa Berlusconi e il suo partito votò scheda bianca al primo comunista al Quirinale, oggi ne è stato il più accanito sostenitore! Delle due l'una: o Napolitano non è più comunista (se mai lo è stato!), o Berlusconi ci guadagna, come sempre, qualcosa. Dagli applausi scroscianti e senza vergogna al cazziatone che l'ex neo presidente ha fatto alla vecchia e immobile classe politica, propendo per la seconda.
Nel discorso al Parlamento, Napolitano ha parlato di «normalità e continuità istituzionale»: a parte il fatto che l’espressione nella sua ambiguità ricorda vecchie campagne elettorali democristiane, che significa realmente normalità e continuità? Mi rifiuto di convincermi che la normalità possibile per in nostro Paese è quella che ci è stata proposta in questi ultimi anni: una normalità fatta di burocrazie, di privilegi, di sperperi di risorse, di tatticismi partitici e di poca attenzione verso i problemi concreti delle persone e dei territori; una normalità che comporta un vergognoso inseguire le politiche della destra; una normalità troppo pilatesca, che per calcolo elettorale tenta di escludere tutti coloro che pretendono una partecipazione vera dal basso, senza rendersi conto che un errore analogo fu già commesso negli anni ’70, con conseguenze letali. Allora il muro contro muro tra istituzioni e movimenti, procurò l’acuirsi di ostilità e di esasperazioni sociali, sfociate anche nel terrorismo; oggi si ripropone lo stesso schema di involuzione democratica e di scontro mortale di quegli anni, nel quale, oltre alla democrazia e alle libertà, si corre il rischio di bruciare anche quella parte migliore di società che ha scelto di impegnarsi in prima persona per un futuro migliore.
La rielezione di Napolitano ci dice che le istituzioni non sembrano ancora propense ad ascoltare le istanze di una generazione in movimento, rischiando in questo modo di procurare una ulteriore frattura nella società, che invece avrebbe bisogno di ponti lanciati tra le tante diversità, tra tutte le diversità, tra i diversi frammenti di società che, altrimenti, rischiano inesorabilmente di scontrarsi; frammenti e parti della stessa società che hanno bisogno di sedersi allo stesso tavolo, con pari dignità e senza che alcuno sia umiliato o deriso, in una “convivialità delle differenze” che – come diceva don Tonino Bello, compianto vescovo di Pax Christi – aiuti tutti, ma proprio tutti, a crescere e progredire.
Come sempre ci sono due strade. Percorrere quella in discesa è facile, basta chiudere gli occhi, far finta di niente, lasciarsi cristallizzare dalla corrente del pensiero dominante: passività e silenzio sociale, indifferenza ed egoismo ti permettono di trascorrere tranquillamente la tua vita scandita dai tempi e nei modi imposti dal sistema del "produci, consuma, crepa".
L'altra strada è quella in salita... «Ma finalmente una delle creature disse: “Sono stanca di avvinghiarmi. Poiché, anche se non posso vederlo con i miei occhi, sono certa che la corrente sappia dove sta andando, lascerò la presa e consentirò che mi conduca dove vorrà. Continuando ad avvinghiarmi morirò di noia”. Le altre creature risero e dissero: “Sciocca! Lasciati andare e la corrente che tu adori ti scaraventerà rotolandoti fracassata contro le rocce, e tu morirai più rapidamente che per la noia”. Quella però non dette loro ascolto e, tratto un respiro, si lasciò andare e subito venne fatta rotolare dalla corrente e scaraventata contro le rocce. Ciò nonostante, dopo qualche tempo, poiché la creatura si rifiutava di tornare ad avvinghiarsi, la corrente la sollevò dal fondo, liberandola, ed essa non fu più né contusa né indolenzita. E le creature più a valle nel fiume di cristallo, per le quali era un’estranea, gridarono: “Guardate, un miracolo! Una creatura come noi, eppure vola! Guardate il Messia, venuto a salvarci tutte!”. E la creatura trascinata dalla corrente disse: “Io non sono un messia più di voi. Il fiume si compiace di sollevarci e liberarci, se soltanto osiamo lasciarci andare. La nostra missione vera è questo cammino, questa avventura” ».
Ovviamente, nonostante tutto quello che rappresenta la rielezione di Napolitano, stanchi di avvinghiarci al peggio del passato, non dobbiamo smettere di cercare il modo per lasciarci andare nella corrente della democrazia che scorre sempre nuova, leggendo la Carta costituzionale con gli occhiali dell'oggi, fidandoci di quel popolo che essa considera comunque sovrano, avendo il coraggio di uscire da una prassi che non è un monolite immutabile ma l'esperienza del passato da applicare ad un presente che si rinnova. Quest'altra strada, senza alcun presidente-messia e con la partecipazione di tutti, potrà portarci fuori da una crisi, non solo economica, a cui sempre più siamo avvinghiati!

* Amministratore parrocchiale a Mercogliano (Av)

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