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Dalla Chiesa di Tangeri, un appello ai governi Ue

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 46 del 28/12/2013

In novembre il governo spagnolo di Mariano Rajoy ha deciso di reintrodurre il filo spinato con lame nella barriera che divide il Marocco dalle enclave spagnole di Ceuta e Melilla, dopo che nel 2007 se ne era decisa la rimozione per i profondi tagli che causavano alle mani e alle gambe dei migranti. Contro questa decisione e contro le politiche migratorie europee, l’arcivescovo di Tangeri (Marocco), Santiago Agrelo, ha lanciato un accorato appello che pubblichiamo qui di seguito in una nostra traduzione dallo spagnolo.

 

«Il Signore ha abbattuto coloro che abitavano in alto, la città eccelsa l'ha rovesciata, rovesciata fino a terra, l'ha rasa al suolo. I piedi la calpestano, i piedi degli oppressi, i passi dei poveri» (Is 26,5-6).


«Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani).


«Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti» (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani).


«Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese» (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani).


La Chiesa della diocesi di Tangeri, in questo tempo di Avvento, e in concomitanza con la Giornata Internazionale dei Diritti Umani, con la forza della fede, la speranza e l’amore dei suoi figli, chiede che questi diritti, che sono stati riconosciuti come universali e quindi validi per tutti e in ogni caso, «senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione», siano rispettati in modo particolarmente scrupoloso rispetto a coloro che, trovandosi in situazioni di maggiore vulnerabilità, hanno bisogno di maggiore protezione.

Questa comunità ecclesiale è testimone angosciata e sconvolta del fatto che, alle frontiere dell’Europa del sud, diversi articoli della Dichiarazione dei Diritti Umani sono spessi negati. Nessuno può considerare rispettoso della dignità delle persone e del loro «diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio» il fatto che, in 20 anni, le frontiere abbiano causato la morte di 20mila giovani.

Le misure adottate fino ad oggi dai governi dei Paesi europei per il controllo delle frontiere del sud sono state e continuano ad essere un fallimento politico ed umano, perché lasciano i migranti in una situazione di abbandono e ci si fa beffa dei proclamati diritti «alla vita, alla libertà e alla sicurezza».

Come Chiesa, a partire dalla fede, con speranza e per la carità che ci unisce a coloro che subiscono le conseguenze inumane di queste misure:

1. Denunciamo il sistema europeo di vigilanza delle frontiere, Eurosur, il cui «obiettivo principale» è «prevenire l’immigrazione irregolare, il crimine transfrontaliero e la morte in mare», o, come hanno espresso altri: «Migliorare l’individuazione, la prevenzione e la lotta contro l’immigrazione irregolare e la delinquenza organizzata». Lo denunciamo perché:

a. associa immigrazione e crimine, immigrazione e delinquenza, il che evidenzia un inaccettabile giudizio negativo sui migranti e favorisce lo sviluppo di sentimenti xenofobi nella società;

b. prevede la collaborazione delle autorità nazionali in uno scambio di informazioni che può ledere il diritto dei migranti alla protezione dei propri dati personali;

c. ha come obiettivo prioritario il controllo e la repressione, che renderanno facile e legittima la violazione dei diritti dei migranti, incluso il diritto alla vita. Prova ne sono i 3.530 milioni di euro che «i Paesi membri dell’Unione europea riceveranno, tra il 2014 e il 2020, per rafforzare le frontiere esterne». È scandaloso che le frontiere e la sicurezza siano più importanti delle persone e dei loro diritti.

2. Denunciamo il doppio linguaggio di coloro che decidono sulle politiche migratorie. Anch’essi dopo Lampedusa e i suoi morti, di fronte all’evidenza di centinaia di vittime della miseria umana e delle leggi che la aggravano, si sono affrettati ad esprimere sentimenti di cordoglio e la volontà di evitare che simili tragedie si ripetano in futuro. Volontà che si è concretizzata nella creazione del sistema Eurosur. Vale a dire che alle necessità e alle speranza dei migranti si risponde ancora una volta con misure in primo luogo repressive, che li spingeranno a prendere strade sempre più rischiose, e a mettere sempre più a repentaglio la propria vita.

3. Denunciamo la presenza di filo spinato con lame nelle recinzioni di Ceuta e Melilla. Questi elementi di controllo delle frontiere rappresentano un attentato all’integrità fisica dei migranti: queste lame tagliano, procurano lesioni, mutilano e non sono coerenti con il dovere che ricade in capo ad ognuno di noi di rispettare i diritti degli uomini, delle donne e dei bambini africani nel loro cammino verso i Paesi europei.

4. Denunciamo l’ossessione per la sicurezza di alcuni a scapito della salute, a volte della vita, degli altri. Si capisce che un governo debba garantire con mezzi appropriati la sicurezza dei cittadini nel proprio territorio, però queste misure smettono di essere appropriate, la loro legittimità svanisce, quando metterle in pratica significa privare altre persone dei diritti fondamentali alla salute, al benessere, al cibo, all’alloggio, ai servizi sociali di base. Le condizioni di vita nei Paesi di origine e le leggi di protezione delle frontiere in Europa spingono uomini, donne e bambini africani in un inferno interminabile di solitudine e clandestinità lungo i cammini dell’emigrazione. Denunciamo l’occultamento delle loro sofferenze; denunciamo che, con il pretesto della sicurezza, ingenti quantità di denaro sono destinate a moltiplicare queste sofferenze, a rendere più difficile la situazione di questa umanità estenuata, a far sì che questi impoveriti siano più esposti di noi alla morte; denunciamo il fatto che ai migranti, coloro che noi stessi abbiamo reso irregolari, li si obbliga alla marginalità nei Paesi di transito, li si persegue come delinquenti, li si spinge alla morte.

5. Denunciamo l’assoggettamento delle persone agli interessi economici. A tutti è chiaro che il criterio principale, per non dire unico, per regolare l’entrata dei migranti in un Paese, è quello del beneficio economico che ne può derivare. Questa subordinazione dell’umano all’economico lascia senza tutela i diritti fondamentali delle persone: diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza; diritto a non essere schiavizzati, diritto a non essere vittime di tratta; diritto a non essere trattati in modo crudele, inumano o degradante. E denunciamo che, per interessi economici, questi diritti universali non hanno cittadinanza nei cammini dei migranti.

Né le misure adottate finora dalle autorità europee e spagnole per il controllo delle frontiere, né altre più costose che possono essere adottate, impediranno che lungo questi confini continuino ad arrivare poveri in cerca di futuro: non ci sono lame che possano frenare la voglia di vivere, non ci sono lame che possano spaventare più di fame e miseria. Niente possono perdere coloro che niente hanno. Di questo sono testimonianza gli uomini, le donne e i bambini che tra noi, davanti agli occhi di questa Chiesa pellegrina in Marocco, aspettano un’opportunità. Spendere denaro per distruggere speranze è il peggiore degli investimenti.

Ma non si tratta solo di un cattivo investimento, è anche una terribile irresponsabilità, poiché alle frontiere si moltiplicano sofferenze e morti. «Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano» (papa Francesco a Lampedusa).

Per senso di responsabilità, per amore della giustizia, per rispetto nei confronti dei nostri fratelli migranti, chiediamo a chi ha l’autorità per farlo che, nell’esercizio di questa autorità, disponga lo smantellamento immediato del filo spinato con lame installato nelle recinzioni di Ceuta e Melilla, perché si tratta di strumenti che violano i diritti fondamentali delle persone e non favoriscono in alcun modo il desiderato sviluppo morale, culturale ed economico della società spagnola e dell’Unione europea. Causano solo dolore e morte.

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