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Un congresso di tutti

Tratto da: Adista Documenti n° 9 del 08/03/2014

Questo è un incontro tra i militanti del Mst e i militanti del popolo brasiliano che combattono in altre trincee la nostra stessa lotta: rappresentanti dei movimenti sociali, delle istituzioni, dei partiti, operatori di pastorale, persino alcuni militanti che abbiamo infiltrato nel governo di Dilma!

Per prima cosa, noi del Mst vogliamo dire loro che questo Congresso non è nostro, che, se non fosse stato per la lotta condotta dal popolo brasiliano attraverso queste diverse forme di organizzazione, noi non avremmo avuto la forza sufficiente per arrivare fino a qui. Questo, pertanto, non è un Congresso del Mst: è un Congresso del popolo brasiliano che lotta per la riforma agraria. E per questo vogliamo riconoscere pubblicamente il ruolo svolto da ciascuno di voi, ognuno nel proprio campo.


SOVRANITÀ ALIMENTARE E DEMOCRATIZZAZIONE DEL SAPERE

In secondo luogo, vogliamo presentarvi quanto abbiamo realizzato in questi giorni.

Noi qui stiamo portando a compimento un lavoro di due anni, durante i quali abbiamo riflettuto sulle sfide legate all’attuale contesto della realtà agraria brasiliana, del nostro Paese, del modello capitalista. Un lavoro che si è tradotto in un documento inteso come espressione della nostra volontà politica di far avanzare la riforma agraria. In questi due anni, riflettendo con tutti i nostri militanti, abbiamo compreso che in Brasile non c’è mai stata una riforma agraria: qui le classi dominanti hanno sempre impedito la possibilità di una democratizzazione della terra. La classe dominante brasiliana si è appropriata delle risorse naturali, della terra, dell’acqua, dei semi, trasformandoli in una proprietà privata, in un proprio diritto esclusivo.

Abbiamo riflettuto sul fatto che in Brasile lo Stato è al servizio della borghesia, ostacolando con i suoi meccanismi la lotta dei lavoratori. E abbiamo anche analizzato le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare con i governi di coalizione, dal livello dei comuni a quello statale e federale, senza per questo pensare che tutti siano contro di noi e nemmeno che il solo fatto di aver ottenuto un incarico pubblico significhi già aver conquistato il cambiamento.

Siamo consapevoli dell’evoluzione subita dal capitalismo mondiale, con il conseguente cambiamento del modo di organizzazione dell’agricoltura brasiliana, la quale oggi non è più dominata solo dal latifondo, ma anche dal capitale finanziario e dalle grandi imprese internazionali: sono queste che controllano le nostre terre e la nostra produzione, che ostacolano qualsiasi processo democratico, che combattono non solo i senza terra, ma tutte le categorie dei lavoratori e persino alcuni settori della borghesia nazionale, lasciando al popolo brasiliano lo scempio della biodiversità, gli effetti del cambiamento climatico, la disoccupazione e la povertà nei campi.

È per questo che abbiamo preso atto, compagni e compagne, che non basta più combattere contro il latifondo, ma che è necessario lottare per una riforma agraria di nuovo tipo. Tanto più che gli insediamenti esistenti in Brasile non sono il frutto di programmi di riforma agraria, non sono il prodotto della volontà dei governi, ma sono stati ottenuti solo grazie alla lotta del popolo lavoratore che con coraggio ha occupato le terre del latifondo perché fossero distribuite ai contadini.

La nostra lotta, oggi, è per una nuova riforma agraria, che garantisca la democratizzazione non solo della terra ma anche dell’acqua, dei semi, della biodiversità; una riforma agraria che abbia come massima priorità l’utilizzo delle risorse della natura brasiliana per la produzione di alimenti sani per il nostro popolo. È questo il grande cambiamento di paradigma nella questione agraria in Brasile.

Non chiediamo più una riforma agraria che risolva solo il problema dei senza terra: la riforma agraria oggi deve costituire una risposta ai problemi dell’intero popolo brasiliano, producendo alimenti sani per tutti, cioè realizzando la sovranità alimentare, ma allo stesso tempo garantire la democratizzazione dell’agroindustria. Noi non siamo contro l’agroindustria, ma contro il controllo che il capitale internazionale esercita su di essa (per esempio con la Nestlè, la Bunge, la Syngenta…).

Non vogliamo che sia una multinazionale come la Nestlè a controllare il nostro latte, ma vogliamo migliaia di agroindustrie in forma cooperativa (che è quello che stiamo tentando di costruire insieme al Ministero dello Sviluppo Sociale con il programma “Terra Forte”, malgrado il governo non si renda ancora conto della sua importanza strategica e malgrado ogni nostro piccolo progetto di agroindustria finisca per assomigliare a una via crucis).

Il nostro programma di riforma agraria, compagni e compagne, ha incorporato un’idea che è presente in tutti i pensatori, da Gesù Cristo fino a Che Guevara: solo la conoscenza libera realmente le persone. Quindi il nostro programma deve comprendere la democratizzazione della conoscenza prodotta lungo il processo della civiltà umana, perché non serve a niente che un contadino conquisti la terra, che ottenga un trattore, che realizzi un progetto di agroindustria se poi resta ignorante, se continua a picchiare la moglie e se nulla conosce della nostra cultura. È per questo che dobbiamo democratizzare il sapere popolare e il sapere che si tramanda nelle scuole e nelle università. È per questo che i bambini sono andati a occupare il Ministero dell’educazione: perché questo diventi davvero un ministero dell’Educazione del popolo.

L’educazione - intesa come processo di democratizzazione della conoscenza - è ancora più importante della terra, ma è nella terra che viviamo ed è qui, nella terra conquistata, che dobbiamo democratizzare l’educazione.

Nel nostro programma, infine, abbiamo posto l’accento sulla necessità di difendere i semi, perché chi controlla i semi controlla tutto il processo produttivo.


L’INGANNO DELL’AGROBUSINESS

Il nostro programma è il risultato di 30 anni di riflessione. E se il problema è come metterlo in pratica, anche su questo terreno abbiamo fatto dei passi avanti. Non basta, infatti, prendere atto che lo Stato è uno Stato borghese e che il governo è un governo di coalizione. Non basta tracciare buone analisi e aspettare che il vento cambi. Per rendere possibile la riforma agraria, che ora chiamiamo “popolare”, è necessario che questa non sia più solo un programma dei contadini e neanche solo della classe lavoratrice, ma che diventi un programma dell’intero popolo brasiliano (proprio per questo abbiamo aggiunto l’aggettivo “popolare”, oltre che per differenziare la riforma agraria di cui parliamo oggi da quella classica). E in ciò è sottinteso il fatto che noi riconosciamo – con la maturità politica acquisita in 30 anni di movimento – che i senza terra e i contadini da soli non avranno la forza per conquistare la riforma agraria. Che questa, richiedendo profondi cambiamenti strutturali nella società, sarà possibile solo se tutte le forze popolari del Brasile si impegneranno in questa lotta. È questo l’impegno che ci attendiamo da voi.

In primo luogo, occorre che tutti i movimenti contadini si uniscano nella lotta per una riforma agraria popolare (ed è questo l’accordo che abbiamo stretto con i movimenti contadini qui presenti). In secondo luogo, è necessario che le organizzazioni della classe lavoratrice urbana si sentano motivate a lottare insieme a noi. È per questo che ci siamo mobilitati a luglio e ad agosto a fianco di vari settori della classe lavoratrice ed è per questo che ci sentiamo così vicini ai lavoratori della FUP (Federação Única dos Petroleiros): perché i lavoratori di questo settore comprendano che il petrolio non si mangia e che anche loro per vivere hanno bisogno di alimenti sani. La nostra speranza è che tutti i movimenti popolari, tutte le centrali sindacali e tutte le forze politiche di sinistra si uniscano nella lotta per la riforma agraria. La differenza di sigle e ideologie è naturale, ma la divisione di fronte a una lotta concreta a favore del popolo è solo stupidità.

Noi continueremo a fare la nostra parte, occupando latifondi e sedi di multinazionali, lottando contro il capitale internazionale, contro i semi transgenici, per la sovranità alimentare. Ma le occupazioni, da sole, non bastano a costruire una riforma agraria popolare. Per questo vi invitiamo a unirvi a noi, aiutandoci a coscientizzare i militanti e le forze politiche che rappresentate sul fatto che l’agrobusiness è un inganno ai danni del popolo brasiliano.

Non vi ringrazierò per la vostra presenza, perché tra compagni non ci si ringrazia, tra compagni si condividono idee. E in questa condivisione, in questa sana promiscuità intorno a ideali comuni, noi dobbiamo assumere l’impegno di “Lottare, costruire la riforma agraria popolare”. Viva il Mst, viva le forze popolari del Brasile, viva il popolo brasiliano!

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