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(Ri)evoluzione in sospeso

Tratto da: Adista Documenti n° 36 del 18/10/2014

Può essere che quando l’homo – e la donna! – diventò sapiens iniziò a intuire questa Utopia, che però non fu possibile per decine di millenni. Per troppo tempo non ci fu altro diritto che la legge della giungla (o della savana africana da cui proveniamo), il diritto della forza, della società piramidale e patriarcale, nella quale i poveri, gli schiavi dovevano rassegnarsi alla cruda realtà di essere nati «inferiori», senza diritti né cittadinanza. Per troppo tempo ci siamo trascinati come umanità nella mancanza di coscienza della nostra dignità. Ma un dinamismo misterioso lavorava nel profondo, quello stesso che ci portò fuori dalla savana e dalle bande di cacciatori raccoglitori, e lasciò presentire la sua Utopia agli spiriti profetici e alle menti visionarie che contagiarono i cuori dei poveri, dei militanti utopici, del popolo in lotta… Successive evoluzioni storiche configurarono gradualmente una nuova coscienza di umanità. Costò millenni sradicare la schiavitù – sulla quale si sono certamente basate molte religioni, contrariamente alla loro Utopia più profonda. Meno di tre secoli fa, alcune rivoluzioni hanno ottenuto i diritti di “cittadinanza”: non siamo più sudditi, ma esseri umani con piena dignità, con «diritto ad avere diritti» (secondo la formula che Hanna Arendt coniò con sofferenza…), benché fosse un diritto molto limitato: tale cittadinanza era solo per i maschi, i proprietari, i bianchi…

Percepita nel cuore dell’Umanità, è stata l’Utopia di una società appassionatamente umana quella che è emersa, sollevandoci, conducendo l’evoluzione della nostra umanizzazione. Nuove “generazioni di diritti umani” si fanno strada al ritmo storico della crescita della nostra coscienza umana, e dobbiamo pensare che ne stiamo ancora per scoprire altri. Non siamo arrivati, siamo in cammino e non smetteremo di avanzare.

Però oggi ciò che ci preoccupa maggiormente è la strategia di applicazione dei diritti già riconosciuti. Sperando in altre concretizzazioni dell’Utopia – in termini di sistemi economico-politico-alternativi – più di una volta abbiamo pensato in passato che i diritti umani sarebbero qualcosa di superato, talvolta persino «borghese», come le rivoluzioni «liberal-borghesi» nelle quali di fatto hanno visto la luce. Le utopie che dovrebbero reclamare il nostro impegno dovrebbero essere più avanzate, più impegnate… Verso il futuro utopico possiamo procedere da molte strade. Non ne esiste una sola. La teoria può tracciare un cammino, e talvolta la sua concezione è geniale. Però la pratica è molto più capricciosa – persino contraddittoria e caotica – e permette di avanzare solo dove lo permette, non dove i militanti si impegnano.

In questo momento storico non è alla nostra portata un qualsiasi tipo di rivoluzione sociale o economica… Però abbiamo a nostra piena disposizione l’Utopia dei Diritti Umani, con tutte le sue diverse «generazioni», quelle già in atto e quelle che giungeranno. È un’Utopia che non ha nemici teorici, che stilla evidenza da qualunque lato la si guardi e che tutti accettano. E non è un’Utopia «borghese». Borghesi furono i diritti che vennero proclamati nella prima generazione – gli «abitanti dei borghi» ne furono i principali fautori – ma le successive generazioni di diritti segnarono nuovi sviluppi dell’Utopia della dignità umana: tutti i diritti immaginabili si possono far derivare da questa dignità fondamentale.Una piena realizzazione di tutti i diritti umani equivarrebbe a una rivoluzione integrale: democratica, socialista, femminista, popolare, ecologica… Sarebbe il tòpos dell’Utopia: la realizzazione di tutti i nostri desideri. Questa è la ragione per cui una rinnovata presa di coscienza sociale dei diritti umani e la loro attuazione nel corrispondente corpo giuridico sociale sarebbe qualcosa di rivoluzionario e più efficace di tanti sforzi di militanza sociopolitica in altri campi.

È evidente, si tratta di includere tutti e tutte, tutto ciò che è umano e anche ciò che non è umano, ma che possiede i propri diritti: i diritti degli animali, delle piante, della natura, dell’ambiente, della Madre Terra. «Disantropocentrare» i diritti umani, eco-centrarli, svilupparli…

Una piena realizzazione di tutti i diritti umani equivarrebbe all’insieme delle utopie storiche per le quali abbiamo sempre lottato. Questo dei diritti umani, in termini rivoluzionari, è un cammino valido, forse la scorciatoia oggi più accessibile. Senza dimenticare né svalutare altre lotte – tutte necessarie! – vogliamo richiamare l’attenzione sul fatto che la lotta per i diritti umani apre il passo a tutte le altre e merita un’attenzione speciale. Le persone che scrivono gli articoli di questa edizione dell’Agenda presentano diversi aspetti di questa via, che sono vere rivoluzioni parziali, praticabili e alla portata della nostra militanza.

«Tutti i diritti… per tutti» hanno detto gli zapatisti messicani, come una formula emblematica della loro Utopia totale. Mentre ci sono persone i cui diritti umani sono disattesi, sentiremo, da questo nuovo stadio evolutivo della coscienza dell’umanità, che siamo anche disattesi nei nostri diritti, perché i «loro diritti» sono anche nostri, sono i «nostri loro diritti». Dobbiamo rivendicare questi «loro diritti nostri» sia come un dovere che come un diritto.

C’è un’evoluzione in corso che dobbiamo accogliere e aiutare a compiersi. E da parte nostra è anche una (ri)evoluzione, quella dei diritti umani. Non quelli del secolo XVIII, nemmeno quelli della Dichiarazione del 1948, bensì quelli dell’Utopia senza fine, che trascende se stessa ed è riscoperta, reinventata e (ri)evoluzionata da ogni generazione.

È la nostra ora e l’Agenda ce lo ricorda: l’ora di cambiare il mondo, l’ora rivoluzionaria di esigere e di compiere tutti i diritti umani, per tutti e tutte! Oggi lo farebbe anche Gesù nella sua Nazareth mondializzata.

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