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Brescia, capitale mondiale delle armi leggere

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 43 del 06/12/2014

L’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere (Opal) di Brescia celebra i dieci anni dalla sua fondazione con l’uscita di un volume dal titolo Commerci di armi, proposte di pace (Gam Editrice, Brescia, pp. 301). È un’altra tappa dell’impegno che un piccolo gruppo di ricercatori e volontari ha preso, quello di mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media sul tema del controllo degli armamenti – della loro produzione e del loro commercio soprattutto – e sulle alternative al loro uso, all’impiego militare e politico. Un compito impegnativo e poco gratificato, tanto più a Brescia, una delle capitali mondiali delle armi leggere, dove molti e forti sono gli interessi che circondano il piccolo “distretto industriale” specializzato della Val Trompia e grande l’influenza di una multinazionale come il gruppo Beretta.

L’indice di questo volume rispecchia il profilo e le vocazioni di Opal. C’è l’intervento nell’attualità, ci sono i risultati delle ricerche condotte da esperti indipendenti, ci sono analisi e considerazioni sui temi dell’educazione alla pace e alla nonviolenza, nonché contributi importanti per mantenere viva la memoria di movimenti e militanti che hanno lottato contro la guerra lungo tutto il Novecento, sia nell’area bresciana che in ambito più ampio, internazionale. Su quest’ultimo piano storico, ad esempio, il saggio di Roberto Cucchini si è concentrato sulla vicenda del “fronte per la pace”, un movimento popolare animato dai partiti di sinistra nel periodo della Guerra Fredda e che ebbe anche a Brescia una larga adesione, saldandosi con le lotte contro il riarmo e la bomba atomica proprie di quegli anni.

Aderente alla Rete Italiana per il Disarmo, Opal segue con attenzione e preoccupazione l’evoluzione delle crisi politiche e delle guerre in corso, con le gravi violazioni dei diritti umani che comportano, violazioni che aggravano le grandi disparità geografiche di economia e di libertà tra mondo ricco e mondo in via di sviluppo. In una prima parte del volume, subito dopo le parole di p. Alex Zanotelli all’Arena di Pace e Disarmo di Verona lo scorso 25 Aprile, abbiamo raccolto i comunicati stampa che Opal ha pubblicato in poco più di un anno, riguardanti situazioni di grave instabilità politico-militare che le nostre autorità dovrebbero attentamente valutare per autorizzare l’esportazione di armi dall’Italia. Abbiamo dovuto constatare, invece, che governo e autorità preposte non esercitano affatto questa loro facoltà, pure prevista dalla legge, e si limitano in genere a un controllo formale e burocratico, assecondando anzi l’export armiero come se si trattasse di un’attività economica e commerciale qualsiasi, senza far differenza tra Paesi destinatari. Nel periodo considerato, solo in un caso – quello dell’Egitto durante la dura repressione contro i Fratelli musulmani dell’estate 2013 –  il governo ha sospeso le forniture per alcuni mesi; mentre, ad esempio, non vi è stata alcuna restrizione delle esportazioni di armi alla Turchia, Paese certamente coinvolto nei rifornimenti militari al cosiddetto Isis e ai ribelli siriani, e anzi l’Italia è il primo fornitore europeo di armi al governo di Ankara. Né – nello stesso periodo in cui il governo italiano dovette affrontare il “caso Shalabayeva”, cittadina kazaka illegittimamente espulsa dall’Italia nel maggio 2013 – si pensò di sospendere o limitare le esportazioni di armi verso il Kazakistan, dove un presidente-dittatore è padrone del Paese da quasi un quarto di secolo.

Un contributo originale di Opal al tema del controllo degli armamenti è da molti anni quello dell’analisi dei dati ufficiali sulla produzione e sul commercio delle armi leggere prodotte in Italia, e cioè soprattutto nel distretto bresciano, che controlla praticamente l’interno settore nazionale. Nel volume si affronta da tre punti di vista. In un primo articolo, si  riconsidera il problema dell’export di armi leggere alla luce di una definizione diversa e più estesa di quella adottata solitamente, per scoprire – dati dell’Onu alla mano – che nell’ultimo decennio l’Italia ha superato Germania e Stati Uniti nell’esportazione di “armi comuni”, cioè di armi non militari (fucili, carabine, pistole, rivoltelle, e relative parti). È un dato importante, perché il nostro Paese si conferma leader mondiale di questo specifico mercato con una quota di quasi il 20%. In dieci anni si è trattato di poco meno di 3,2 miliardi di dollari di esportazioni (Germania 2,4; Usa 2,1), per armi destinate sì alla caccia e al tiro sportivo ma anche alla difesa personale e alle forze dell’ordine. Nell’insieme, nell’ultimo decennio, le armi comuni italiane hanno raggiunto 127 Paesi di tutti e cinque i continenti. I mercati principali si trovano tradizionalmente nell’Unione Europea (34%) e soprattutto negli Stati Uniti (37%), ma l’export di armi comuni italiane si sta rafforzando nel Centro e Sudamerica e nei Paesi del Medioriente e dell’Africa settentrionale, cioè in aree fortemente interessate dalla violenza politica o della malavita organizzata, e i cui governi risultano coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani. È anche in forte crescita l’export verso l’Asia sud- ed estremo-orientale, dove India e Cina stanno diventando clienti importanti. Persino nell’Africa sub-sahariana, mercato “povero”e secondario per le armi italiane, il 2013 ha rappresentato un anno record.

Un secondo saggio analizza il complicato sistema di procurement con cui la comunità internazionale rifornisce di armi l’apparato di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese, in un groviglio di normative internazionali, prassi militar-coloniali israeliane e confusione di ruoli che ben sintetizza la situazione palestinese e la vocazione all’export della potente industria militare di Israele.

Infine, affrontiamo il caso della Fiocchi, azienda storica lecchese, che nel settore delle piccole munizioni ricopre un ruolo simile a quello di Beretta nelle armi leggere. È molto presente sul mercato Usa, dove ha una controllata industriale, ed esporta in tutte le aree geografiche del mondo grazie a elevati standard di qualità. Anche la Fiocchi è da sempre impegnata nell’export militare, tuttavia nelle Relazioni della legge 185/90 le registrazioni relative a Fiocchi sono  stranamente carenti, come se le forniture non fossero state effettuate, mentre risultano invece regolarmente pagate.

* Coordinatore scientifico Opal

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