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Gender: l'ideologia che non c'è. Intervista a margine della mozione veneta

Gender: l'ideologia che non c'è. Intervista a margine della mozione veneta

ROMA-ADISTA. Il 3 settembre scorso, un paio di giorni dopo l'approvazione in Consiglio regionale del Veneto dell'ennesima mozione anti-gay voluta dalla maggioranza di centrodestra la prima, l'anno scorso, “a tutela della famiglia naturale”  – Adista ha chiesto un commento a Cinzia Gatto, referente politica di Famiglie Arcobaleno Triveneto. Con la scusa dell'ideologia di gender, che nei fatti non esiste, il Consiglio regionale ha voluto in realtà far passare una norma discriminatoria e omofoba, piena di falsità e priva dei minimi fondamenti scientifici o antropologici.

Leggi qui il testo integrale della mozione “La scuola non introduca ideologie destabilizzanti e pericolose per lo sviluppo degli studenti quali l’ideologia gender”

Leggi qui l'articolo di Adista sulla mozione del Consiglio regionale del Veneto

Cos'è che non convince in questa mozione?

Il consigliere Sergio Antonio Berlato di Fratelli d'Italia, proponente e primo firmatario, ci informa che possiamo parlare di famiglia solo quando a costituirla sono un uomo e una donna, poiché questa è di fatto l'unica che può trasmettere la vita. Eppure la medicina riproduttiva – con la fecondazione omologa ed eterologa – è nata proprio per sostenere le coppie, principalmente eterosessuali, le quali hanno scoperto che anche le disfunzioni ormonali o l'infertilità sono fenomeni “naturali”. Seguendo il ragionamento di Berlato sulla famiglia “naturale”, le coppie eterosessuali in difficoltà non sarebbero famiglie, perché incapaci di generare vita.

Il concetto di “naturale” quindi sarebbe solo una trappola che produce sofferenza...

Questo dover essere “naturali” a tutti i costi induce chi soffre di problemi riproduttivi a sentirsi inadeguato, perché alla fine la domanda che ti pongono, anche tra i parenti, è sempre la stessa: «E allora, quando ce lo fate un nipotino?». Ma cosa c'è di “naturale” in tutto questo? Durante il mio percorso di aspirante genitore, presso una clinica spagnola, mi è capitato spesso di ascoltare queste storie, di sentire donne italiane che, per evitare di essere tacciate di incapacità a “trasmettere la vita” o di avere figli in modo non “naturale”, no avrebbero mai raccontato a nessuno di quel tentativo fatto all'estero. Se mai avessero avuto la fortuna di tornare a casa col pancione, sarebbe stato grazie alla “volontà del cielo”. Di provette proprio non si può parlare quando si menziona l’altissimo!

Questi movimenti tradizionalisti della destra cattolica citano spesso, e in modo assai “disinvolto”, la Costituzione o le Carte internazionali dei diritti per corroborare le loro tesi. Dove sarebbe l'errore?

È prassi, in questa crociata nogender, citare parti delle Carte fondamentali, estrapolandole dal contesto e negando di fatto le loro reali finalità. Più che difendere la famiglia “naturale”, queste Carte promuovono principi alti e inviolabili, come l'uguaglianza di tutti gli esseri umani, la non discriminazione, l'inclusione e la rimozione degli ostacoli allo sviluppo e alla felicità di tutti. Ad esempio, la mozione chiama in causa l'articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dimenticando però gli articoli 1 e 2: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza» (Art. 1); e «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità» (Art. 2). Oltre a non assolvere ad un dovere di laicità istituzionale, quindi, il Consiglio Regionale del Veneto viola lo spirito di fratellanza della Dichiarazione e incita di fatto alla discriminazione.

Nel leggere questa mozione hai provato rabbia e sofferenza. Perchè?

La mozione è ripetutamente offensiva nei confronti delle persone Lgbt. Accosta l’omosessualità alla pedofilia e all’abuso sessuale in genere. Confonde poi l’educazione all’affettività – e tutte quelle forme di educazione al rispetto delle diverse forme di affettività – come educazione alla genitalità e questo è un atto veramente violento, perché svilisce di fatto il doveroso tentativo di costruire una società più giusta, accogliente ed egualitaria. Quello che fa soffrire veramente, poi, è che il Consiglio ha approvato un testo pieno di bugie, spacciandole per verità: si parla di deriva di un’ideologia che nei fatti non esiste; si accusa l'Unar di cose assurde e si dà per certo che nelle scuole non siano stati coinvolti i comitati dei genitori. Nulla di più falso. La mozione parla di corresponsabilità educativa distorcendone il significato, spaventando genitori e docenti sulla base di un attacco e di una minaccia che non esiste. Secondo queste persone, gli studenti sarebbero in serio pericolo di nozionismo sodomitico e quindi i genitori devono combattere, alla fine, contro qualsiasi proposta di educazione alla sessualità e alla non discriminazione delle persone omosessuali, perché hanno paura che i loro figli un giorno si convincano che eterosessuali e omosessuali hanno pari dignità e gli stessi diritti. E questa francamente è un delirio e una follia. In sintesi, omofobia.

Il grande punto interrogativo di questo dispositivo è poi la conclusione.

Alla fine di tutte le fantastiche definizioni (perché di fantasia si tratta) si chiede alla Giunta Regionale di non introdurre l'ideologia gender nelle scuole. Come facciamo a spiegare al consigliere Berlato e al consiglio regionale tutto che quest'ideologia non esiste? Allo stato attuale l'unica cosa che esiste – e ci vorrebbe un briciolo di onestà intellettuale per ammetterlo – è l’approvazione di una serie falsità che vengono dichiarate come diritti delle famiglie “naturali” messe in serio pericolo dalla fantomatica lobby gay. Quello che si vuole affermare in realtà è il “diritto” a discriminare e il “diritto” a non riconoscere l’amore come unico legame indissolubile che fonda una famiglia e che prescinde dal dato biologico. Un esempio? Io sono figlia adottiva e mai, nemmeno per un secondo, ho pensato che mia madre fosse “meno madre” di altre donne che hanno partorito i propri figli, o che mio padre fosse “meno padre” di altri che lo sono per complementarità di basi azotate.

Dunque, possiamo parlare di un “mostro giuridico”?

L’approvazione di questa mozione è una sconfitta perché spazza via ogni forma di reale confronto democratico. Perché rifiuta ogni azione antidiscriminatoria nelle scuole e nella società. Perché aumenta le distanze tra la società civile, quella che sperimenta sulla propria pelle i voti dei consiglieri, e la politica governativa, legittimando atti discriminatori come fossero un diritto. Di fronte a questo tentativo di far precipitare certi territorio italiani nel Medioevo dei diritti, dov'è lo Stato centrale? Dov'è il controllo del governo? Possibile che da Roma non si rendano conto che la vita quotidiana degli italiani è pesantemente determinata dalle decisioni e dalle norme di Regioni e altri enti locali?

*Foto di Blackcat, tratta dal sito Wikimedia Commons, licenzaimmagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

 

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