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L'eresia di Pietro Ingrao: quella comune ricerca di spiritualità

L'eresia di Pietro Ingrao: quella comune ricerca di spiritualità

Pietro Ingrao appartiene per intero alla storia e alla tradizione dei comunisti italiani, standoci dentro e provando a interpretarla e declinarla in modi diversi da quelli che si erano imposti. Non è stato un eretico, come viene ripetuto, ma piuttosto un eterodosso rispetto all'ortodossia dominante.

Lo si vede su un tema come la questione cattolica, su cui Gramsci si era soffermato e su cui Togliatti costantemente ritorna. L'attenzione di Ingrao non è sul rapporto con le gerarchie, quanto con quei fermenti, quelle esperienze che provengono dal basso e che vivono una intensa e anche sofferta esperienza cristiana. Da qui nasce il suo incontro con il monachesimo, e in particolare con padre Benedetto Calati e i camaldolesi. Perché vi ritrova una radicalità e una ricerca che è anche la sua. Quella radicalità che ti fa stare nel mondo senza essere del mondo, che ti spinge a non essere conforme allo spirito del tempo perché un'autentica spiritualità è sempre in attrito con questo. Quella ricerca che ha bisogno per essere autentica di abbattere muri, di cercare insieme.

In questa relazione ci sono due tratti costitutivi di Ingrao: la sua curiosità, non solo intellettuale ma umana, e la pratica del dubbio. Pratica che portò scandalosamente dentro il Pci, quando nel 1966 dalla tribuna dell'XI Congresso esordì dicendo di non essere persuaso, rompendo così il tabù dell'unanimismo e affermando il diritto al dubbio, al dissenso. Un gesto di libertà, la stessa libertà che lui vedeva in padre Calati. Da qui nacquero gli incontri all'eremo di Montegiove, che videro accomunati nella ricerca personalità della cultura comunista come appunto Ingrao, Rossana Rossanda, Mario Tronti e il monachesimo camaldolese con Benedetto Calati, Giuseppe Barbaglio. Incontri che intrecciarono riflessione biblica, politica e sociale, occasioni dove confrontarsi senza alcun assillo che non quello di capire e capirsi meglio. Al fondo quella domanda che si è posto recentemente Tronti: «Il socialismo moderno nacque ateo e materialista e il comunismo, che veniva da molto più lontano, non seppe deviare il corso del fiume. Rimane un mistero perché cristianesimo e comunismo non si siano incontrati e, peggio, perché si siano così aspramente combattuti: una ferita della storia, che il grande Novecento, invece che sanare, ha tragicamente lasciato che addirittura sanguinasse. Il danno che ne è venuto per il futuro dell’umanità è tuttora incalcolabile».

A casa sua, Ingrao teneva una foto del 2000, di lui in piedi che si china a fatica verso padre Benedetto Calati, seduto curvo su una sedia, e sembra baciargli il basco. Una foto che colpisce per la tenerezza e la dolcezza tra due uomini ormai vecchi. Quello fu l'ultimo incontro tra i due, pochi mesi dopo padre Calati morì. E Ingrao commemorandolo in un incontro romano ebbe a concludere: «Il ricordo di un monaco, di un uomo che viveva e partecipava la kenosi come un aprirsi e domandare. Un'esperienza straordinaria per molti di noi atei incalliti, e per chi come me l'ha visto presto, troppo presto, fuggire».

Ora anche Ingrao è fuggito, la sua presenza pubblica mancava già da diversi anni. Ma quegli incontri all'eremo di Montegiove con la presenza costante di Mario Tronti ancora si svolgono, e sono un lascito importante, oggi più di ieri di fronte al mondo in cui viviamo, da custodire e trasmettere a tutti quegli uomini e quelle donne che hanno il gusto e la passione, come padre Calati e Pietro Ingrao, di cercare insieme, di cercare ancora.

* Targa commemorativa della nascita del Partito Comunista Italiano affissa nel 1949 a Livorno presso il teatro San Marco. Immagine di Fabior1984, tratta da Wikipedia, licenza e immagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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