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Il “tempo  di Francesco”, lo spazio delle Cdb: a Verona,  il XXXVI Incontro nazionale

Il “tempo di Francesco”, lo spazio delle Cdb: a Verona, il XXXVI Incontro nazionale

Tratto da: Adista Notizie n° 14 del 16/04/2016

38505 ROMA-ADISTA. Tre anni di pontificato non sono tanti, ma sufficienti comunque a tracciare un bilancio delle sfide e dei risultati conseguiti dalla Chiesa “Francesco-style” sui tanti versanti (risanamento finanziario, riforma della Curia, dottrina, ecumenismo, dialogo con il mondo contemporaneo e le culture secolarizzate) su cui il papa ha in più occasioni manifestato l’intenzione di intervenire in profondità e radicalità.

Così, le Comunità Cristiane di Base dedicano il loro XXXVI Incontro Nazionale al “Tempo di Francesco”: tre giorni, il 23 il 24 e 25 aprile a Verona (presso la Fondazione CUM – Centro Unitario Missionario, per informazioni ed iscrizioni www.cdbitalia.it/36-incontro-nazionale-cdb-2016), per discutere e riflettere su quanto è stato fatto e su quanto ancora resta da fare. La coincidenza con la pubblicazione della esortazione post sinodale, e il parallelo dibattito sulla condizione dei divorziati risposati nella Chiesa, costituisce un elemento che conferisce ulteriore prospettiva all’incontro, anche per comprendere meglio come la realtà forse più significativa (certamente la più antica) del cattolicesimo progressista valuta l’azione di Bergoglio. In questi anni, anche dentro le CdB, come in tutto il mondo ecclesiale democratico, conciliare e di “sinistra”, assai diverse sono state le “letture” date all’attuale pontificato: per molti Bergoglio resta un papa “rivoluzionario”; per altri – un gruppo che negli ultimi mesi è diventato più nutrito – più prudentemente un “riformatore”, per altri ancora – ma si tratta, anche dentro le CdB, di una minoranza – l’attuale pontificato sarebbe funzionale solo a salvare le forme (e a gestire il consenso) affinché la sostanza cambi il meno possibile. 

Il dibattito sarà comunque intenso ed articolato, perché sollecitato ed animato da una serie di interventi e relatori che saranno in grado di “sviscerare” limiti e contraddizioni, novità e prospettive del pontificato di Francesco, contestualizzandolo all’interno della realtà di un Paese in grave recessione economica e crisi sociale e culturale (oltre che ecclesiale): si tratta di Maria Soave Buscami (biblista italo-brasiliana, formatrice in “Lettura Popolare della Bibbia”), don Pierluigi Di Piazza (fondatore del Centro di Accoglienza e di Promozione Culturale “Ernesto Balducci” a Zugliano - UD), Maria Bonafede (pastora valdometodista a Torino e già moderatora della Tavola valdese), Sergio Tanzarella (docente di Storia della Chiesa alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale).

Sui temi del convegno, e più in generale sull’attualità politica ed ecclesiale, Adista ha posto alcune domande a Sergio Tanzarella. 

A tre anni dall'elezione di papa Francesco molti, anche tra i suoi più entusiasti sostenitori all'interno della Chiesa di base, manifestano oggi qualche perplessità rispetto alla portata "rivoluzionaria" del suo pontificato. Quali elementi ancora sostanzialmente progressivi individui nella sua azione e quali invece i limiti?

Diversi dei sostenitori di Francesco sono dei veri irresponsabili. Cioè scaricano sul papa tutte le responsabilità del cambiamento che lui propone, e di conseguenza poi lo ritengono colpevole di tutte le difficoltà che le trasformazioni che ha avviato inevitabilmente incontrano. Guardo a Francesco senza illudermi che egli abbia un potere assoluto in grado di smontare in tre anni il modello costantiniano maschilista, ma come il promotore di un percorso e di un movimento di rinnovamento che egli sa bene di avviare ma che poi è affidato alla nostra capacità e al nostro coraggio di parlare, di scrivere, di agire. Consapevoli che le opposizioni sono tanto tenaci quanto legate alla sacralizzazione del cristianesimo e ad una mentalità che dopo aver cercato per secoli le prove dell’esistenza di Dio ha finito per confonderle con quelle della necessità del riconoscimento da parte del potere. Forse crederanno che Dio esiste, ma si sono scordate che l’unica prova è l’amore. La condanna dei produttori e dei commercianti di armi, la lotta alla tratta degli esseri umani, i diritti dei migranti sono temi sui quali Francesco ha detto parole e compiuto gesti dirimenti. Ma ora spetta alle comunità di cristiani trarre le conseguenze. Certo se si permette a un certo Magdi Cristiano Allam di girare riverito per parrocchie e associazioni cattoliche a presentare il suo libro, con il quale vuol convincere che siamo in quanto cristiani in guerra con l’islam, la strada da fare appare molto in salita, e non certo per colpa del papa. 

Forse solo sulla presenza della donna nella Chiesa mi aspetto ancora parole e gesti che aiutino a capire che con questa esclusione siamo molto lontani dall’aver capito il Vangelo. Le recenti richieste delle Orsoline di Caserta sull’assenza di fatto della donna meritano maggiore ascolto e concrete risposte. Confido che Francesco, nonostante il perdurante diffuso maschilismo, saprà darle.    

Le Comunità Cristiane di Base si stanno da tempo interrogando sul senso della loro azione ecclesiale e politica, in un contesto radicalmente mutato rispetto ai primi decenni della loro vita. In quali aspetti ritieni che la loro presenza nella dimensione civile ed in quella ecclesiale possa ancora essere significativa ed originale?

Le Comunità di Base dovrebbero continuare ad occupare le frontiere della società. E siccome sono in continuo movimento dovrebbero rinunciare all’essere allettate dal divenire “stanziali” e rimanere sempre collocate nella terra di nessuno, dove vagano i senza diritti e i senza futuro. Siamo sempre circondati da forme – pur generose, quando non interessate – di assistenzialismo e beneficenza. Per anni abbiamo tutti assistito ai proclami del Terzo settore e ai benefici che avrebbe portato alla società. Basti pensare a quell’associazionismo che gestisce l’accoglienza ai migranti traendone benefici economici notevoli, quando non coinvolto in ruberie e maltrattamenti. Il risultato è che di condivisione e di giustizia sono rimasti in pochi a farne davvero, e anche solo a parlarne. Il futuro è lì, nel mantenere l’impegno per renderci degni e credibili di vivere accanto ai poveri come poveri, di continuare a rinunciare a riconoscimenti, garanzie, benefici. La terra di nessuno della società è così inospitale e abbandonata che non c’è paura che qualcuno venga a toglierci il posto.   

Raniero La Valle assieme ad altri intellettuali ed esponenti del mondo cattolico e credente ha recentemente lanciato il cartello dei "Cattolici del No" al referendum, riproponendo – attualizzata – l'esperienza del 1974. La sua iniziativa ha creato un intenso dibattito dentro il mondo conciliare e nel cattolicesimo democratico e progressista. Secondo te ha senso, da cattolici e cristiani, intervenire su un tema come la Costituzione?

Abbiamo certo alle spalle, e forse non ancora localmente del tutto superata, la lunga stagione del collateralismo (prima la DC e poi Forza Italia e i vari CCD, CDU) che tanti disastri ha procurato all’Italia e alla Chiesa italiana in nome della pretesa unità dei cattolici affermata quasi come un dogma. Posso quindi comprendere talune perplessità, tuttavia la Costituzione non è una legge qualsiasi, cambiarla a colpi di maggioranze e con la richiesta di fiducia per il governo è una aberrazione, una violenza e un furto dell’autonomia delle istituzioni. Il Parlamento è in questi anni di fatto espropriato e il governo da esecutivo si è trasformato in impositivo con parlamentari di maggioranza ridotti a silenziosi alza-paletta. Chi si stracciava le vesti nei torbidi tempi di Berlusconi ha fatto in fretta a ricucirle. Mi sembra legittimo che un gruppo di cristiani non si sottragga al prendere la parola e ad unirsi, anche in quanto cristiani, su una questione dirimente come la Costituzione. Soprattutto quando una riforma prevede non di distribuire potere e responsabilità alla maggiore quantità di persone, ma di ridurne sempre di più il numero, che è esattamente l’opposto della democrazia. 

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