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45mila euro al minuto: le spese militari italiane nel Rapporto di MIL€X

45mila euro al minuto: le spese militari italiane nel Rapporto di MIL€X

Tratto da: Adista Notizie n° 42 del 03/12/2016

38769 ROMA-ADISTA. Forse bisognerebbe chiamarlo Ministero dello sviluppo bellico piuttosto che Ministero dello sviluppo economico considerato che, dei circa 4 miliardi di euro messi a bilancio ogni anno per competitività e sviluppo delle imprese, più o meno il 75% va a beneficiare le aziende italiane del comparto Difesa, Finmeccanica (oggi Leonardo), Fiat-Iveco e Fincantieri in testa. Un trend confermato anche per il prossimo anno, quando le aziende del settore incasseranno 300 milioni in più, passando dai 3 miliardi del 2016 ai 3 miliardi e 300 milioni del 2017.

Ma fossero solo queste le spese militari italiane, saremmo a cavallo e invece le uscite del Ministero dello sviluppo economico non sono che una – e ovviamente non la più cospicua – delle voci che compongono il quadro globale, come hanno spiegato Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Italiana per il Disarmo, ed Enrico Piovesana, giornalista esperto di difesa e spese militari, anticipando, a Roma, il 23 novembre scorso, alcuni contenuti del primo Rapporto annuale di MIL€X-Osservatorio sulle spese militari italiane, in uscita a gennaio (per informazioni sul progetto MIL€X v. Adista nn. 26 e 37/16).

«La scelta metodologica di base – spiegano i promotori – è stata quella di considerare le risorse destinate dallo Stato, in varie forme, alla spesa militare e non la spesa effettivamente sostenuta, quindi il budget assegnato, non la sua gestione di cassa. Questo perché si è scelto di dare risalto alla scelta politica piuttosto che alla dinamica contabile, nella quale per altro entrano in ballo meccanismi che rendono difficile soppesare le spese effettivamente ascrivibili all’anno considerato».

Il primo dato da considerare è il bilancio previsionale del Ministero della Difesa per il 2017 allegato al Disegno di Legge di Bilancio presentato in Parlamento il 29 ottobre scorso: il dato, suscettibile di variazioni, diverrà definitivo solo a fine anno ed è al momento di 19 miliardi e 776 milioni di euro, al netto dell'aumento legato all'accorpamento della Forestale ai Carabinieri. In dieci anni, dal 2006 al 2017, si è registrato quindi un aumento dell'11,2% a valori correnti, che diventa un decremento del 4% a valori costanti (il valore corrente è la valutazione di un bene eseguita al prezzo di mercato e si differenzia dal valore costante che non tiene conto della variazione dei prezzi).

Ma dal ricalcolo effettuato da Vignarca e Piovesana emerge un quadro diverso. Al bilancio del Ministero della Difesa – depurato dal costo relativo alle funzioni di polizia svolte dall'arma dei Carabinieri – vanno infatti aggiunte le spese militari in carico su altri ministeri: oltre ai 3 miliardi e rotti che abbiamo già visto del Ministero dello sviluppo economico; ci sono poi le spese militari per i finanziamenti alle missioni militari all'estero, totalmente a carico del Ministero dell'Economia e delle Finanze (1 miliardo e 300 milioni), così come l'operazione “Strade sicure” con l'impiego di 4.800 militari e centinaia di mezzi blindati dell'Esercito (120 milioni); e infine il costo del personale militare a riposo che, dopo i primi cinque anni di pensione provvisoria in ausiliaria a carico del Ministero della Difesa, pesa per tutto il restante esborso pensionistico sull’INPS. E qui vale la pena aprire una parentesi: si tratta infatti, spiegano i promotori, di «un trattamento pensionistico molto privilegiato e oneroso per la fiscalità generale non solo perché prevalentemente basato sul sistema retributivo, ma anche perché i militari percepiscono pensioni notevolmente maggiori rispetto alla media dei dipendenti pubblici e maturano il diritto alla pensione prima degli altri»; «Maturano la pensione di vecchiaia a 61 anni rispetto ai 64 degli stati civili e la pensione di anzianità a 57 anni – anche prima per chi aveva indennità di servizio – rispetto ai 60 degli altri lavoratori dipendenti e ai 61 degli autonomi».

Insomma, secondo i calcoli di MIL€X, per l’anno 2017 l’Italia stanzia oltre 23 miliardi e 377 milioni di euro per le spese militari, pari a oltre 64 milioni di euro al giorno, 2,7 milioni di euro all’ora, 45mila euro al minuto: rispetto al 2006 si registra un aumento del 20,8% a valori correnti (che si traduce in un aumento del 4,3% a valori costanti). «L’andamento storico – rilevano gli analisti – evidenzia una netta crescita fino alla recessione del 2009 con i governi Berlusconi III e Prodi II, un calo costante negli anni post-crisi del quarto governo Berlusconi, una nuova forte crescita nel 2013 con il governo Monti, una flessione con Letta e il primo anno del governo Renzi e un nuovo aumento negli ultimi due anni».

Dato per dato

Analizzando la composizione delle spese militari così ricalcolate, il primo dato che salta all’occhio è il costo del personale di Esercito, Marina e Aeronautica: pari al 41% del totale nel 2017. «Questo perché, nonostante la graduale contrazione generale del personale stia proseguendo come previsto dalla Riforma Di Paola del 2012 (che stabiliva una riduzione da 178mila a 150mila uomini entro il 2024) il riequilibrio interno delle categorie a vantaggio della truppa e a svantaggio di ufficiali, anch’esso previsto dalla Riforma, sta invece procedendo con lentezza. Le forze armate italiane rimangono, infatti, ancora caratterizzate dalla distorsione che vede un numero maggiore di “comandanti” (ufficiali e sottufficiali) rispetto ai “comandati” (graduati e truppa). Date le notevoli differenze retributive tra le categorie, l’attuale quadro del personale risulta ancora estremamente oneroso se confrontato con quello prefigurabile con un modello di forze armate a 150 mila uomini e giusto equilibrio interno delle categorie: la differenza è di oltre 1,2 miliardi di euro l’anno».

Una voce che cresce notevolmente rispetto al 2016 è quella per «il trasporto aereo di Stato (i cosiddetti “aerei blu”) che sale a 25,9 milioni, con un incremento di quasi il 50% rispetto ai 17,4 milioni del 2016. La quasi totalità di questa cifra, 23.503.075 euro, è il costo del nuovo Airbus A340 della Presidenza del Consiglio in forza al 31° stormo dell’Aeronautica Militare (utilizzato solo una volta in un anno per una missione di imprenditori italiani a Cuba), il cui costo totale per otto anni (2016-2023) risulta essere di 168,2 milioni (noleggio e assicurazione) più 55 milioni di carburante, per un totale di 223,2 milioni (27,9 milioni in media all’anno)».

Per quanto riguarda infine la spesa in armamenti, nel 2017 c'è un aumento rispetto all'anno in corso sia dello stanziamento previsionale a bilancio Difesa per i programmi di acquisizione e ammodernamento di armamenti (+11%), sia, come abbiamo visto, dei contributi che il Ministero dello Sviluppo Economico destina allo stesso scopo (+8,9%). «Sommando le due voci, la spesa annua complessiva in armamenti nel 2017 supera i 5,6 miliardi (pari a oltre 15 milioni di euro al giorno), con un aumento di quasi il 10% sul 2016, arrivando a rappresentare quasi un quarto della spesa militare complessiva».

Un sistema d'arma sproporzionato

«Conseguenza di questo meccanismo di incentivi pubblici strutturali alle industrie del comparto Difesa è un procurement distorto da logiche industrial-commerciali che poco hanno a che vedere con le reali esigenze strategico-operative dello strumento militare», spiegano Piovesana e Vignarca. «Lo Stato si pone al servizio dell’industria, prima assumendosi il rischio d’impresa tramite il finanziamento di tutta la fase di progettazione, sviluppo e realizzazione di prototipi pre-serie, poi garantendo tramite grosse commesse il finanziamento della fase di industrializzazione e produzione su vasta scala, infine agendo come procuratore di commesse estere nello spirito della legge 808/85 che poneva tra gli obiettivi “il miglioramento della bilancia commerciale”». «Se la Difesa ordina alle aziende una quantità di mezzi e sistemi d’arma che risponde a necessità industriali e commerciali private, non a necessità politico strategiche pubbliche, il risultato sono programmi di acquisizione sovradimensionati (e dai costi molto elevati) non solo rispetto alle reali necessità di difesa nazionale ma anche alle capacità economiche di gestione e manutenzione di questi mezzi».

Un sovradimensionamento dei programmi d’acquisizione di nuovi sistemi d’arma che non riguarda solo l’Esercito ma si verifica regolarmente. Basti pensare al caso dei cacciabombardieri americani Joint Strike Fighter F-35 prodotti da Lockheed Martin. «Il requisito iniziale di 131 aerei (al costo di 16 miliardi), successivamente ridimensionato a 90 velivoli nel 2012 (al costo di 13 miliardi), è stato ed è tutt’ora giustificato dalla necessità di rimpiazzare 253 aerei da attacco tra Tornado (100), Amx (136) e Harrier (18). Nel 2009 i velivoli da attacco in servizio da rimpiazzare erano in realtà 162 (72 Tornado, 73 Amx e 17 Harrier) senza contare che tra il 2004 e il 2009 l’Aeronautica aveva già ordinato (al costo di quasi 15 miliardi) 68 Eurofighter Typhoon T3/T3 “swing role” (cioè sia caccia da difesa che bombardieri da attacco), considerati dagli esperti un’alternativa validissima, se non superiore, agli F-35, tanto che la Germania li ha preferiti al velivolo americano scegliendo di acquistarne 110 esemplari (tra T2 e T3) e di non comprare F-35. In un rapporto riservato inviato al Parlamento nel 2014 da ex alti ufficiali dell’Aeronautica ed ex dipendenti di Alenia (Finmeccanica), la flotta aerea da attacco italiana è giudicata più che sufficiente rispetto alle esigenze operative e strategiche del nostro Paese e il programma F-35 assolutamente “sproporzionato”». «Ciononostante – denunciano in conclusione i promotori di MIL€X – e nonostante il Parlamento nel 2014 abbia votato una mozione di maggioranza che impegnava formalmente il governo a “dimezzare” il budget originario del programma F-35, il requisito della Difesa non ha subito alcuna modifica, se non una dilazione delle acquisizioni, e il budget è anzi aumentato da 13 a 13,5 miliardi». 

* Foto di US Air Force-Ministerie van Defensie*. Immagine originale e licenza.

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