
Inditex, il lato oscuro del fast fashion: emissioni record di gas serra e tensioni sindacali. La denuncia di Banca Etica
FIRENZE-ADISTA. Fondazione Finanza Etica porta il suo intervento e un voto contrario all’odierna assemblea annuale di Inditex, il colosso spagnolo dell’abbigliamento e della moda “fast fashion” proprietario di brand internazionalmente riconosciuti come Zara, Bershka, Pull&Bear e Massimo Dutti. La fondazione culturale del Gruppo Banca Etica, nell’ambito della propria attività di azionariato critico, contesta le contraddizioni tra il marketing di Inditex e le pratiche effettive del suo modello di business, l’uno improntato rappresentare un’immagine di sostenibilità sociale e ambientale dell’azienda, l’altro che alimenta l’emergenza climatica e mette sotto pressione i diritti dei lavoratori.
Fondazione Finanza Etica ha dunque annunciato il voto contrario alla Relazione Consolidata di Sostenibilità 2024-2025. Insieme a Fondazione Finanza Etica, anche Mandarine Gestion, società di gestione finanziaria francese specializzata in investimenti responsabili (5 miliardi di euro di capitale gestito), ha annunciato che non approverà la Relazione.
Le due organizzazioni detengono complessivamente oltre 56.000 azioni di Inditex e sono tra le realtà fondatrici di SfC-Shareholders for Change, una rete europea di investitori istituzionali impegnata a promuovere la due diligence sociale, ambientale e sui diritti umani attraverso l’azionariato attivo e il dialogo con le impres. SfC, fondata nel 2017, rappresenta oltre 45 miliardi di euro di asset in gestione e, nel complesso, riunisce investitori che detengono più di 110 mila azioni Inditex, a conferma che le preoccupazioni su clima e diritti non riguardano solo il mondo della finanza etica, ma coinvolgono anche investitori istituzionali responsabili, attenti a integrare criteri ambientali e sociali nelle proprie decisioni.
«Nel 2024, le emissioni di gas serra da trasporto e distribuzione di Inditex hanno superato 2,6 milioni di tonnellate di CO₂, quasi pari al 20% dell’impronta climatica complessiva del Gruppo Inditex», osserva Mauro Meggiolaro, analista di Fondazione Finanza Etica, intervenuto in assemblea. «È un dato che evidenzia la contraddizione tra l’impegno dichiarato sul clima e l’aumento costante del ricorso ai voli per alimentare il fast fashion. Altri competitor, come H&M, mantengono la quota delle proprie emissioni di gas serra derivanti dal trasporto aereo al di sotto dell’1% del totale delle proprie emissioni da trasporto e hanno ridotto del 32,5% le emissioni di CO₂ legate alla logistica tra il 2019 e il 2024. Lo scorso anno avevamo già sollevato queste preoccupazioni, ma non abbiamo ricevuto risposte concrete».
Gli investitori hanno chiesto al Consiglio di amministrazione di pubblicare un piano dettagliato per ridurre ed eliminare gradualmente il trasporto aereo, con obiettivi annuali chiari; fornire dati trasparenti su emissioni, modalità di trasporto e uso di carburanti sostenibili; integrare questi indicatori nei criteri di remunerazione ESG del management.
Oltre alla questione climatica, Fondazione Finanza Etica ha sottolineato il permanere di tensioni sindacali ancora aperte in Bangladesh, dove quasi 3 mila persone lavoratrici della filiera Inditex rischiano procedimenti penali legati alle proteste per il salario minimo del 2023. «Si tratta di un clima di tensione che non può essere ignorato», prosegue Meggiolaro. «Inditex ha la responsabilità di chiedere ai propri fornitori il ritiro di queste accuse e di garantire la libertà sindacale».
L’intervento degli azionisti si affianca alle mobilitazioni pacifiche promosse oggi in diverse città europee, tra cui Milano e Barcellona, da Fair e Setem, organizzazioni aderenti alla rete della Clean Clothes Campaign in Italia e in Spagna, che chiedono maggiore coerenza tra gli impegni ambientali e sociali e le pratiche effettive della multinazionale.
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