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Mediterranea presenta il rapporto sulla Masafer Yatta: «Contro i palestinesi circa 7 violazioni dei diritti umani ogni giorno»

Mediterranea presenta il rapporto sulla Masafer Yatta: «Contro i palestinesi circa 7 violazioni dei diritti umani ogni giorno»

ROMA-ADISTA. L’ong Mediterranea Saving Humans, presente in Cisgiordania dal 2024 con il progetto Mediterranea with Palestine, ha pubblicato oggi il suo Rapporto, frutto di 129 giorni di monitoraggio continuativo sul campo nei villaggi palestinesi della regione di Masafer Yatta, tra gennaio e maggio 2025.

Nonostante l’attenzione mediatica su Masafer Yatta seguita all’uscita del documentario No Other Land, vincitore dell’Oscar, le violazioni contro la popolazione palestinese non si sono fermate, confermando la natura sistemica e quotidiana dell’oppressione nei territori occupati.

Il rapporto documenta 838 violazioni dei diritti umani avvenute in 27 villaggi palestinesi dell’Area C da parte delle forze di occupazione israeliane e dei coloni. Questi dati, raccolti attraverso la presenza costante e l’interposizione nonviolenta degli attivisti di Mediterranea, mostrano un chiaro disegno sistemico: una strategia centralizzata e deliberata di pulizia etnica, attuata attraverso la cooperazione tra esercito, polizia e coloni israeliani.

«Ognuno di questi atti di violenza è rivolto contro civili inermi, che esercitano il diritto di vivere e coltivare le proprie terre. Pertanto i dati contenuti in questo report non sono uno strumento di documentazione, ma un atto d’accusa che impone obblighi e responsabilità giuridiche chiare: siamo complici di violazioni del diritto internazionale - afferma Damiano Censi, tra i coordinatori del progetto Mediterranea with Palestine -. L’Unione Europea è il primo partner commerciale di Israele, l’Italia solo a dicembre 2023, nel pieno dei bombardamenti da parte dell’esercito israeliano sulla Striscia di Gaza, ha esportato armi e munizioni verso Israele per un valore pari a 1,3 milioni di euro, facendo segnare così il picco del periodo. Serve che tutta la società civile, ciascuna di noi, trovi la dignità di prendersi carico delle proprie responsabilità».

Le aree maggiormente colpite sono i villaggi di Susiya, Tuwani, Umm Dhorit e Khallet Athaba, che da soli concentrano il 49% delle violazioni registrate. Si tratta di località strategiche per l’espansione coloniale israeliana, spesso situate all’interno della Firing Zone 918 o lungo assi viari di collegamento tra comunità palestinesi.

L’invasione delle proprietà palestinesi a scopo intimidatorio da parte dei coloni rappresenta la violazione più frequente, con 409 episodi documentati, spesso accompagnati da aggressioni, arresti arbitrari, danneggiamenti e presenza delle forze di polizia israeliane, che in nessun caso hanno sanzionato gli aggressori. Al contrario, in numerosi episodi, le stesse forze dell’ordine si sono rese direttamente o indirettamente responsabili di violenza contro la popolazione civile.

Nel periodo di monitoraggio sono stati arrestati 80 palestinesi e 30 attivisti internazionali, a conferma del clima di repressione sistematica nei confronti sia della popolazione locale che della solidarietà internazionale.

Altri segnali dell’avanzamento del progetto coloniale sono la creazione di nuovi avamposti illegali e l’imposizione di blocchi stradali, strumenti che limitano ulteriormente la libertà di movimento e consolidano un sistema di apartheid.

Il rapporto presenta anche quattro casi emblematici di violazioni sistematiche: a Tuba, la violenza dei coloni si è accompagnata alla targettizzazione degli attivisti internazionali per eliminare testimoni scomodi; a Khallet Athaba sono stati demoliti 31 edifici lasciando solo 2 case integre; ad Ar Rakeez, le violenze contro i civili da parte dei coloni hanno visto l’uso di armi da guerra come i proiettili a grappolo; a Jinba, si è documentato il coordinamento diretto tra coloni ed esercito per cancellare il villaggio, prima i coloni hanno aggredito con spranghe e bastoni la popolazione civile, successivamente l’esercito, dopo aver arrestato gran parte degli uomini del villaggio, ha completato la distruzione all’interno delle case, colpendo provviste, elettrodomestici e suppellettili.

In un contesto di crescente violenza, la resistenza quotidiana delle comunità locali diventa l’unica forma possibile di sopravvivenza. Come nel caso di Ali, 86 anni, abitante di Khallet Athaba, che ogni giorno si siede di fronte alle macerie della sua casa demolita: «Sono nato qui prima che Israele esistesse. La mia famiglia possiede questa terra da generazioni. Ora come possono cercare di cacciarmi, dicendomi che non è più mia?».

Mediterranea with Palestine conferma il proprio impegno al fianco delle comunità palestinesi di Masafer Yatta, denunciando l’illegalità dell’occupazione e documentando, giorno dopo giorno, la resistenza nonviolenta di un popolo che continua a lottare per il diritto a vivere sulla propria terra.

Il rapporto è stato presentato in Senato, in sala caduti di Nassyria, questa mattina, con la presenza dei parlamentari Giuseppe De Cristofaro (Avs), Arturo Scotto (Pd), Rachele Scarpa (Pd), Dario Carotenuto (M5S) e del giurista Luigi Daniele, che ha curato la nota giuridica al rapporto.

«Il nostro rapporto raccoglie dati statistici e testimonianze fondamentali che documentano l’oppressione esercitata da Israele sulla popolazione palestinese in un’area che da decenni è teatro di attacchi quotidiani, volti esplicitamente a eliminare la presenza palestinese in area C. Mostra come leggi e politiche siano state sistematicamente concepite per sottrarre ai palestinesi ogni diritto, in ogni aspetto della loro vita, dal più evidente al più quotidiano - sottolinea Denny Castiglione, tra i coordinatori del progetto Mediterranea with Palestine -. Questo report nasce per raccontare e denunciare un sistema di apartheid messo in atto contro i palestinesi, documentando con dati e testimonianze le politiche israeliane di cancellazione e oppressione. Serve a lasciare una traccia scritta e indelebile di una comunità che resiste con la non violenza, e vogliamo portarlo in Senato, al Parlamento europeo e ovunque possibile, affinché nessuno possa dire di non sapere».

 

Khallet Athaba, 5 maggio. Le forze di Occupazione demoliscono le case del villaggio (foto Mediterranea Saving Humans))

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