
Sterminio dei palestinesi: a Bruxelles va in scena l’Europa dei Diritti (negati)
Un’occasione persa, ancora una volta, per dimostrare che nell’Unione Europea i diritti dei popoli e il diritto internazionale sono ancora di casa. Il 15 luglio, nel corso del Consiglio Affari Esteri di Bruxelles, l’Alta rappresentante UE per la politica estera, Kaja Kallas, ha lanciato una serie di proposte in risposta alle crisi in Ucraina e in Palestina.
Per lanciare un segnale unitario di opposizione allo sterminio dei palestinesi condotto da Benjamin Netanyahu e del governo di Tel Aviv – soprattutto dopo l’insopportabile notizia degli oltre 800 civili (tra cui molti bambini) uccisi mentre cercavano di procacciarsi cibo e acqua – l’Alta rappresentante ha messo su tavolo 10 proposte sanzionatorie, un ventaglio di misure più o meno dure tra le quali i ministri degli Esteri dei Paesi membri avrebbero potuto scegliere per mandare un segnale di non complicità a Israele: tra le proposte di Kallas figuravano, per esempio, l’embargo delle armi, le sanzioni dirette, la sospensione dei rapporti commerciali, ecc. E c’era anche la proposta – che aveva generato maggiori attese nelle opinioni pubbliche europee – di sospensione dell’Accordo di Associazione Euro-Mediterraneo tra l'Unione Europea e Israele entrato in vigore il 1° giugno 2000, il quale all’Articolo 2 recita: «Le relazioni tra le parti, così come tutte le disposizioni dell’accordo stesso, si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, che guidano la loro politica interna e internazionale e costituiscono un elemento essenziale del presente accordo». Proprio questo articolo – la cui violazione è stata ampiamente appurata dalla diplomazia europea – è stato agitato più volte, anche in passato, per chiedere alle istituzioni europee di non chiudere gli occhi di fronte alle reiterate violenze e violazioni dei diritti ai danni dei palestinesi di Gaza e dei territori occupati in Cisgiordania.
La delusione, cocente, è arrivata insieme alla notizia che i ministri convocati in Consiglio Affari Esteri a Bruxelles non hanno trovato l’unanimità necessaria su nessuna delle proposte sul tavolo. Nulla di deciso, tutto rimandato, a causa della ferma opposizione a sanzionare Israele avanzata da Paesi come la Germania e, purtroppo, l’Italia.
Tanta delusione e poche speranze
Il buco nell’acqua del Consiglio Affari Esteri, in particolare la mancata sospensione dell'Accordo di Associazione, ha generato forti reazioni e critiche da parte delle forze politiche, delle associazioni e delle realtà della società civile impegnate nella tutela dei diritti dei palestinesi.
L’eurodeputata piddina Cecilia Strada (già presidente di Emergency) ha puntato il dito contro il quello che definisce un ennesimo atto di complicità con i crimini del governo Netanyahu: «La posizione delle istituzioni europee, e dei governi che frenano le iniziative in questo senso del Consiglio, a partire dal governo Meloni, è andata molto oltre l’indifferenza, ormai è evidente che si tratti di complicità» (il Fatto Quotidiano, 16/7). Anche Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, ha dichiarato che la posizione del governo italiano rappresenta «un altro atto che copre di vergogna il nostro Paese e l’intera Unione Europea».
A margine del summit europeo, il responsabile policy di Oxfam nei Territori Palestinesi Occupati e a Gaza Bushra Khalidi, ha dichiarato: «Ogni giorno che passa senza che l’Europa intraprenda un’azione concreta, implica sempre più morte e distruzione». E ancora: «L’Unione europea non può continuare a mantenere intatte le relazioni con il Governo israeliano, di cui riconosce le potenziali violazioni dei diritti umani, contrarie ai principi europei. Non può con una mano offrire (pochi) aiuti umanitari, con l’altra garantire l’impunità di Israele». Secondo il rappresentante Oxfam «è necessario che l’Europa assuma una leadership reale e intraprenda un’azione decisa. Basta scaricare la responsabilità sugli altri. Basta ritardi. Basta spargimenti di sangue». Oxfam è poi tornata a chiedere la sospensione dell’Accordo di Associazione, il cessate il fuoco permanente, un reale accordo per l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza in sicurezza e senza limitazioni, la fine dell’occupazione illegale israeliana, l’embargototale di armi a Israele.
In seguito alla nefasta decisione dei ministri degli Esteri UE, anche Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, ha preso una posizione netta: «Il rifiuto dell’Unione europea di sospendere il suo accordo con Israele è un tradimento crudele e illegale della visione e del progetto europei, fondati sul rispetto del diritto internazionale e sulla lotta contro le pratiche autoritarie, delle stesse regole dell’Unione europea e dei diritti umani dei palestinesi».
Il summit di Bruxelles sarà ricordato in futuro «come uno dei momenti più vergognosi nella storia dell’Unione europea. I suoi leader avevano l’opportunità di prendere una posizione di principio contro i crimini commessi da Israele», ma hanno preferito conservare le buone relazioni commerciali, dando di fatto «via libera alla continuazione del genocidio nella Striscia di Gaza, dell’occupazione illegale dell’intero Territorio palestinese occupato e del sistema di apartheid contro le persone palestinesi».
L’accusa è senza appello: «Qui siamo oltre la codardia politica. Ogni volta che l’Unione europea non agisce, il rischio di complicità nelle azioni di Israele cresce. Si invia così un messaggio estremamente pericoloso agli autori di crimini atroci: non solo resteranno impuniti, ma verranno premiati».
Anche Amnesty chiede iniziative europee credibili, tra le quali la sospensione unilaterale della cooperazione con Israele, l’embargo totale di armi e materiali militari, il boicottaggio di commerci e investimenti con gli insediamenti illegali.
* Immagine generata con AI
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