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Senza che la Chiesa se ne accorga

Senza che la Chiesa se ne accorga

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 35 del 14/10/2017

Il presidente del Senato, in relazione al femminicidio disumano della sedicenne Noemi Durini, ha dichiarato: «A nome di tutti gli uomini ti chiedo scusa. Finché tutto questo verrà considerato un problema delle donne, non c’è speranza. Scusateci tutte, è colpa nostra, è colpa degli uomini, non abbiamo ancora imparato che siamo noi uomini a dover evitare questo problema, a dover sempre rispettarvi, a dover sradicare quel diffuso sentire che vi costringe a stare attente a come vestite, a non poter tornare a casa da sole la sera. È un problema che parte dagli uomini e solo noi uomini possiamo porvi rimedio». Le donne temono sempre l'uomo che piange oggi sapendo che non memorizza il suo, pur sincero, impegno; tuttavia, queste sono parole pronunciate da una tribuna istituzionale e simbolicamente hanno il loro peso.

Dispiace, invece, che la Chiesa cattolica, nonostante l'attenzione di Avvenire e dell'Osservatore Romano ai fatti ormai quotidiani di spesso efferata violenza contro le donne, non percepisca necessaria una propria autocritica. Nemmeno papa Francesco che spende molte parole per riconoscere la dignità delle donne e dei loro diritti, si ferma mai a riflettere sulle responsabilità dottrinali sessuofobiche che non assolvono uomini celibi e “casti” senza rigoroso esame di coscienza e senza confessione dei peccati storici. La voce del vescovo di Roma si alza autorevole quando entra nel contesto dei problemi ambientali, lavorativi, dell'emigrazione e, in particolare, quando denuncia le colpe dei pedofili appartenenti al clero; ma il suo rigore argomentativo sorvola sul “genere”.

Le donne se ne dispiacciono perché la sua parola può essere determinante non solo all'interno della comunità cristiana. Non tocca a noi donne farci carico della liberazione dei maschi, tanto meno se chierici, ma sarebbe gradito che l'altro genere si analizzasse, magari per capire che le donne non sono migliori ontologicamente, ma nell'evoluzione hanno sempre proposto un modello di società che, bloccato nella domesticità, non ha potuto contribuire a guidare la storia né dei loro Paesi né delle loro Chiese. I danni derivati dalla presunzione di superiorità del ruolo maschile e di inferiorità femminile pesano tuttora quando viene proposto il modello unico dentro il quale essere “come un uomo”, un mas occasionatus come diceva la patristica.

Il peso delle religioni è perfino sconcertante: tutte patriarcali, tutte escludenti, tutte richiedenti subalternità, tutte sessuofobiche. Per una loro concezione della natura che condanna l'impurità delle mestruazioni: perfino gli animisti si sono inventati le capanne separate per relegarvi le donne mestruate ed evitare malanni e carestie. Non è possibile avere paura del sangue che dà la vita e ritenere glorioso il sangue degli eroi. Eppure per questa impurità Maria assunta in cielo e, vergine e madre, resa idolo dall'immaginario virile, dopo aver partorito il Salvatore, stette anche lei per quaranta giorni fuori dal tempio. E nel Medioevo i teologi si interrogavano se mai avesse avuto le mestruazioni, preoccupati dell'ombra di tale sudiceria. Se il patriarcato non è invenzione delle Chiese, il pregiudizio clericale lo ha autenticato imprimendovi il segno del sacro e vietando l'altare. Quindi, se oggi la continuità sotterranea del dominio proprietario continua a voler controllare le donne fino a far loro del male, è o no un problema di cui i cattolici maschi, tanto più se “consacrati”, dall'ultimo parroco al sommo pontefice, dovrebbero sentire la responsabilità e convertirsi?

Nemmeno dopo il Concilio, nemmeno dopo l'arrivo di Francesco venuto dalla fine del mondo, la Chiesa ha preso atto fino in fondo di quel “segno dei tempi” (che per la Chiesa indica il compiersi dell'ora messianica) indicato da Giovanni XXIII nella dignità paritaria: «Nella donna, infatti, diviene sempre più chiara e operante la coscienza della propria dignità. Sa di non poter permettere di essere considerata e trattata come strumento; esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita pubblica», anche nella Chiesa. Invece, continuano le parole gratificanti del Papa “paladino delle donne”, si è formata una commissione di studio per il diaconato, l'Amoris Laetitia prevede la parità in famiglia, ma la parola “femminismo” resta censurata, la questione del “gender” fornisce materia di attacco al papa da parte dei tradizionalisti, la responsabilità del partner nell'aborto è da sempre silenziata e ovviamente la condanna dei femminicidi e della violenza resta inadeguata. Come dice Cristina Simonelli «rimanendo nel plesso violenza/maschilità, appare chiaramente la seguente questione: dal momento che diaconi/preti/vescovi sono uomini, sta a loro, esattamente come agli altri uomini italiani, imparare a partire da sé, a dire “sono solo questo uomo qui”». Non si poteva dire meglio: le donne che non hanno ancora abbandonato possono aiutare a salvare la Chiesa, soprattutto se dice di essere la chiesa della tenerezza e della pace.

* Giancarla Codrignani è saggista, già parlamentare della Sinistra Indipendente

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