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I fascismi e i suoi anticorpi

I fascismi e i suoi anticorpi

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 6 del 17/02/2018

Di fronte a quella che una volta avremmo definito la pagina bianca (ora, forse, il file vuoto), c’è talvolta una indecisione iniziale; si rimane fedeli alla propria idealità, tessuta di ricerca del pensiero che apra alla speranza, di tutela della resistenza alla rassegnazione e al cinismo: o si persegue fino in fondo l’onestà intellettuale della propria razionalità, che comprende anche l’impietosa analisi del dubbio sulla possibilità del futuro, della sfiducia sull’umano che si radica in molta cronaca?

Vi dirò che molto spesso così mi sento, sospeso tra queste due componenti della stessa identità personale: e ciò si traduce nella difficoltà nello scelta del taglio giusto per questo articolo. Scrivo nelle ore seguenti all’attentato “terroristico” di Macerata, in cui un militante fascista della Lega Nord ha ferito sei persone, scelte perché “di colore” e trovo in questa coordinata l’elemento per chiarirmi le idee. Proprio perché è evidente il livello di ferocia cui siamo arrivati, non è il caso di cedere alla rassegnazione e al sentimento di frustrazione che impedisce uno sguardo limpido sulle cose. La scissione tra speranza e intelligenza è pericolosa; la speranza non nega la razionalità, la proietta in altra dimensione. Necessaria. Quindi, se lo sgomento nell’assistere a molti, troppi, fatti di intolleranza e pregiudizio, non solo nelle cronache, ma nell’ordinario della vita corrente, indurrebbe a pensare che le campagne mediatiche hanno il potere di falsare le percezioni di una parte rilevante (maggioritaria) della collettività, facendo rinnegare la realtà oggettiva dei fenomeni, occorre rimanere ancorati alla convinzione che le cose come sono si affermano per rigor di logica, dato che quest’ultima non si lascia del tutto cancellare dall’uso strumentale di molta menzogna. L’anniversario della promulgazione delle leggi razziali (con gli echi avvilenti nelle campagne elettorali di chi si propone di difendere “la razza bianca”) ci ribadisce la pericolosità di un sistema ideologico che avevamo dato per liquidato, senza capire chi annotava sulla sua efficacia proprio perché elementare e poco articolato nel rispondere ad un disagio sociale che vorrebbe ben altre risorse per essere gestito. Attenzione: non è la solita riflessione dettata dallo snobismo intellettuale a scapito di un pensiero rozzo, ma è la convinzione che si deve agire proprio sul piano culturale, con un controllo delle fonti mediatiche, riportando i dati alla realtà oggettiva. Assai meno fosca di quanto non ci viene raccontato, senza assolutamente negare i fattori negativi della povertà diffusa, le carenze del progetto di accoglienza, la scarsa disponibilità a investire sul serio le risorse necessarie per un progetto di nuova socialità, con fattori culturali diversi. Purtroppo oltre a una manifesta intenzionalità nel sostenere un pensiero che ha la propria convenienza, anche economica, per le destre e la borghesia italiane, ci sono gli elementi del controllo politico. Non penso sia possibile riportare a miti consigli coloro che stanno scatenando una tempesta social-culturale che potrebbero trovarsi a dover gestire, qualora si affermassero alla prossima tornata elettorale. Non sarebbe facile neanche con il controllo del sistema di informazione… La risposta potrebbe essere il tornare a convertire l’azione politica in azione sociale, dove si affrontano le questioni nella logica della mediazione, creando spazi condivisi in cui garantire il bene comune. Questo c’è chi sa dirlo meglio di me: dove si realizzano delle coalizioni sociali inclusive, si ammassano anticorpi ai totalitarismi e ai nuovi fondamentalismi nazionalisti e di stigmatizzazione delle diversità.

Non c’è da aver paura, comunque. O averla con intelligenza. I fattori sono simili ma non del tutto assimilabili a quelli del ’900 che portarono alla tragedia della Seconda Guerra mondiale: un ruolo ed una posizione nuovi delle Chiese, per esempio. Quella cattolica a riguardo sta avendo una mutazione interessante, che proprio su questo piano la distingue nel magistero ordinario e scritto dai fascismi come prima forse mai. Almeno qui in Italia.

Poi, la storia ha le sue logiche, non solo quelle negative dei cattivi ricorsi. Un amico, quando un quotidiano diffuse il libro di Hitler, il famigerato Mein Kampf, senza alcun apparato critico a supporto, commentò postando sui social una foto famosa, quella del soldato che innalza sulle rovine del parlamento tedesco, il Reichstag, la bandiera dell’Armata Rossa, scrivendo «leggete pure quel libro, tanto è così che va a finire». Se è vero che da lì si aprono altre pagine controverse, è pur sempre vero che un male sconfitto resta tale. Come ci siamo riusciti una volta, lo faremo di nuovo, se necessario.  

* Andrea Bigalli è parroco a Sant’Andrea in Percussina (Fi) e referente di Libera per la Toscana

 

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