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L'arresto di Puigdemont fra politica e legalità

L'arresto di Puigdemont fra politica e legalità

ROMA-ADISTA. Tranne il governo spagnolo guidato dal popolare Mariano Rajoy che ha spiccato il mandato di cattura (internazionale) europeo per il reato di «ribellione», l’arresto in Germania il 25 marzo dell’ex presidente catalano Carles Puigdemont ha messo nell’imbarazzo un po’ tutti i soggetti istituzionali coinvolti: l’Unione Europea, il governo tedesco, l’opposizione spagnola e perfino la Chiesa. Risultato, finora un assordante silenzio, segno comunque di una forte e giustificata preoccupazione. Classica situazione da piedi di piombo. Nient’affatto silenziosi i cittadini catalani favorevoli all’indipendentismo: subito in tantissimi in piazza, con qualche lancio di uova e molotov di troppo, botte prese e botte date, un cinquantina di feriti e qualche fermo di polizia.

La Chiesa spagnola non sta dando segni di vita, ma la cosa non sorprende, in dei conti rientra nel quadro dei tempi ecclesiali. In compenso qualche vescovo catalano si è lasciato andare a qualche tweet. Quello del vescovo di Tarragona, Jaume Pujol, che è anche presidente dei vescovi catalani, è stato ritweettato dalla Conferenza episcopale tarragonese. Diceva: «Ci addolora molto la situazione degli arresti: rendono più difficile un futuro di convivenza. Preghiamo per la pace e la riconciliazione». Il messaggio del cardinale Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona, è stato: «Chiedo che il senno di tutti permetta il dialogo, la convivenza e la fraternità del nostro popolo», mentre per il suo predecessore, card. Lluís Martínez Sistach, «i dolorosi arresti preventivi riaffermano che il problema delle relazioni fra Catalogna e Spagna è politico ed è necessario e urgente risolverlo con il dialogo politico». Non parla di arresti il vescovo di Terrassa, José Ángel Saiz Meneses, che comunque preoccupato ha scritto: «In questi momenti tanto difficili e di tanta complessità preghiamo e lavoriamo per la giustizia, la verità, il bene comune e la pace sociale».

A ridosso dell’arresto di Puigdemont, e poiché ormai da mesi altri rappresentanti del governo di allora sono in carcere, l’abate dell’Abbazia di Montserrat, appena fuori Barcellona, Josep M. Soler, in un comunicato del 24 marzo aveva lanciato l’allarme: «La situazione che si vive in Catalogna è molto preoccupante e molto dolorosa. Gli arresti preventivi, incomprensibili per molta gente, stanno creando una notevole inquietudine. Inoltre rendono più difficile la possibilità di una distensione che faciliti l’avvio di soluzioni al problema politico che riguarda noi tutti e che non vorremmo si complicassero. Perciò è importante mantenere la capacità di affrontare il momento presente a partire dalla riflessione dal dialogo; un dialogo senza umiliazioni che molti da tempo chiedono».

Anche la suora domenicana Lucía Caram, che non ha mai nascosto le sue simpatie indipendentiste, ha postato in un tweet la sua riflessione a caldo: «Voglio fare un appello alla calma e alla responsabilità. Tutte le risposte devono essere pacifiche, democratiche, civili  e trasversali come abbiamo sempre fatto».

Anche i partiti spagnoli non hanno ancora reagito. Dai banchi dell’opposizione, il Psoe non ha espresso né approvazione né condanna dell’arresto del leader catalano. Eppure aveva approvato l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione (in base al quale è stata commissariata la regione autonoma catalana) e il 25 gennaio scorso, dopo le elezioni catalane di fine dicembre vinte dagli indipendentisti, aveva affermato, proprio riferendosi a Puigdemont, che «non può essere presidente una persona che non rispetta l’ordine costituzionale e che inoltre fugge dalla giustizia».

In Germania dovranno sbrogliarsi la matassa. In queste ore il giudice davanti al quale sta per comparire il leader catalano dovrà decidere sull’estradizione in Spagna, ma non sarà così automatico concederla. «In Germania», ha detto uno dei vicepresidenti del Parlamento federale, Wolfgang Kubicki, «non esiste il delitto di “ribellione”, come in Spagna, pertanto scarto un’estradizione alle autorità spagnole per questo motivo».

Nella stessa direzione, il principale partito della sinistra alternativa nelle lande germaniche, Die Linke, che ha affermato: «la ribellione non è un delitto dell’ordinamento giudiziario Europeo e non è uno dei 32 delitti per i quali l’ordine di arresto della UE prevede la richiesta di estradizione. La Spagna è l’unico Paese europeo che contempla tale delitto penale, predemocratico. L’accusa ha ovviamente motivi politici».

Gira voce, comunque, che Puigdemont chiederà asilo politico alla Germania.

*Foto di Convergència Democràtica de Catalunya tratta da Wikimedia Commons immagine originale e licenza

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